Saperi

Ho realizzato il mio sogno

Adriana Zeriul è impegnata insieme con il marito Fior Rosso nell’azienda agricola di famiglia. Proprio un grande amore per l’olivo. Gli alberi svettano orgogliosi, l’olio che si ricava onora un lavoro condito di gioie e sacrifici. I tratti migliori della sua personalità? “Alzarmi presto al mattino e fare il meglio che posso”

L. C.

Ho realizzato il mio sogno

Ci crede così tanto nel proprio lavoro, Adriana, da essersi meritato nel 2011 il Premio Fedeltà al Lavoro per l’imprenditoria femminile. Un bel traguardo.

Lei è nata a Trieste da un’antica famiglia di agricoltori, dediti, già nel diciannovesimo secolo, all’olivicoltura. Non è storia recente, la passione affonda in tempi lontani. “Dagli atti dell’Archivio di Stato di Trieste si può desumere che il mio bisnonno, Antonio Zeriul, già nel lontano 1823 produceva olio d’oliva”.

Lei, invece, dopo aver assolto l’obbligo scolastico ha intrapreso il lavoro come apprendista parrucchiera. Dopo aver cambiato ripetutamente lavoro, nel corso degli anni, si è inserita in qualità di lavoratrice dipendente in unazienda agricola di San Dorligo della Valle – Dolina.

E’ nel 1975 che ha conosciuto Gioacchino Fior Rosso, con il quale ha convolato a nozze nel 1979. Si sistemarono nella casa di sua proprietà a Prebenico, alla quale sono annessi anche due appezzamenti di terreno, e così cominciarono a coltivare per passione la terra: è stato un grande amore. Proprio così: amore. Non che il lavoro nei campi sia una passeggiata, ma quando subentra la passione, ogni sacrificio si apre alla gioia.

“Eravamo – e siamo tuttora – entrambi figli della terra”. Adriana ne è fiera: “Sul terreno crescono anche dieci olivi secolari sopravissuti all’ultima, terribile gelata del 1956”.

Io intervistai molti anni addietro, forse negli anni Novanta, il marito Gioacchino Fior Rosso per il mensile “Olivo & Olio”. Per questo ne ho sempre scritto un po’ ovunque, perché mi colpisce la fierezza e la costanza, e anche la moglie Adriana vive le stesse emozioni del marito.

“Nel 1980 – ci confida – mettemmo a dimora altre 50 piante di ulivo, varietà Bianchera”. Non è stato facile: “il grande freddo del gennaio 1985 ce ne distrusse 40, ma non ci perdemmo d’animo. Nella stessa primavera ripiantammo altre 50 piante, che crescono tuttora, riglogliose. Queste dopo pochi anni cominciarono a dare i primi frutti. Riuscimmo così a produrre olio sufficiente al fabbisogno familiare”.

Chi ha avuto il piacere di leggere la mia intervista a Fior Rosso ricorderà le emozioni del racconto, e quando leggo oggi le parole che la moglie Adriana ha pronunciato il giorno in cui ha ritirato il premio quelle emozioni si rivivono sulla pelle. Da far venire la pelle d’oca. Chi compra l’olio non sa cosa ci sia dietro: la fatica. La fatica del produrre anche se crea stati di gioia si nutre di grande dolore. “Purtroppo – ci riferisce Adriana – il freddo ci ha perseguitati”. Non è un caso che l’olivicoltura giuliana, sia una vera sfida e chi coltiva gli olivi è consapevole di cosa lo attenda, prima o poi. Si spera mai, ma il rischio è sempre incombente.

“L’anno 1995 ce lo ricordiamo molto bene”, dice. “Fece morire altre 15 piante”. Mai iconiugi Fior Rosso non sono tipi che cedono, finché hanno energie non demordono. “Noi sostituimmo prontamente quelle piante con altre, sempre Bianchera”.

Chi la dura la vince? Si dice così, è vero. “L’olivicoltura per noi è una cosa seria. Mio marito non esitò a insistere. Nel 2000 partecipòe al primo corso per assaggiatori di olio extra vergine di oliva e da allora la nostra vita ha ssunto una piega ancora più netta: passione pura e contagiosa. Tutta, ma proprio tutta la famiglia”.
“Gli insegnanti del corso dissero che a Trieste con la Bianchera si può fare un olio di gran pregio. Noi ci credemmo senza esitare. Pensammo ad ingrandire l’uliveto, anche se non è stato semplice. I terreni di una certa ampiezza scarseggiano o non ce ne erano affatto. Cercando con determinazione trovammo nel comprensorio di Montedoro un terreno di 13 ettari e mezzo, proprietà dell’Ezit. Inoltrai la domanda, ma l’Ente manifestò dubbi sul fatto che un terreno di tale vastità di superficie potesse essere adeguatamente gestito da un solo affittuario.

L’allora sindaco del Comune di S. Dorligo-Dolina, Boris Pangerc, egli stesso olivicoltore e promotore di varie iniziative riguardanti il comparto olivicolo nella rovincia di Trieste, ci venne incontro. Si associò alla mia iniziativa, esprimendo il desiderio di affittare anch’egli due ettari della stessa particella. E così, grazie anche alle garanzie del Sindaco, la mia domanda venne accolta. Nel 2001 ebbi in affitto per vent’anni nove ettari di terreno, quello necessario per mettere a dimora un uliveto specializzato”.

La storia è ricca di particolari, non si dimentica nulla. “Il 18 settembre del 2001 – prosegue Adriana – iniziai la pulizia del campo. E’ stato un salto nel buio. Mi resi conto della situazione in cui si trovava il campo. Coperti dalla vegetazione, su tutta la superficie, si nascondevano rifiuti di ogni specie: lavatrici, cucine abbandonate, scaldabagni, lavandini, tubi di tutte le dimensioni, pezzi di muri e muretti abusivi, baracche per attrezzi adibite a vere e proprie mini abitazioni (naturalmente divelte e abbandonate), filo spinato, reti metalliche, mobili, contenitori di vario genere, divani e poltrone marci e fracassati… E anche rifiuti più voluminosi. Fui presa da uno sconforto. E’ stata un’esperienza indescrivibile, tanto da meditare l’abbandono dell’idea”.

E’ incredibile, vero? Uno si ritrova tra le mani una bottiglia d’olio ma ne ignora la storia. Quando si sceglie un olio quella storia non va persa, occorre rispettare il lavoro di chi coltiva e produce. Per Simone Weil l’agricoltore è come un sacerdote che offre in sacrificio il proprio duro lavoro. la gioia viene dopo, ma intanto la fatica non è una fatica come tante altre. Occorre portare rispetto, l’agricoltore è come fosse il nostro padre spirituale.

Il racconto prosegue: “rinunciare a quel che ormai reputavo una mia missione avrebbe comportato un significativo passo indietro nella mia vita. Non potevo. Quel passo indietro equivaleva al conseguente ritorno al lavoro da dipendente. Mi feci coraggio e, con il supporto della mia famiglia, superai l’attimo di grande scoramento e misi mano a quella vergogna”.

Sì, una vergogna. Voi non immaginate come vengano ridotte le campagne. Il mio dolore è grande, ora vivo a Milano e il mio lavoro mi tiene lontano dalla terra, anche se la racconto e la sostenbgo, ma la “grande vergogna” per l’oltraggio delle campagnbe lo vivo come un ricordo indelebile. Quante volte sento l’amarezza di mio padre o mio fratello, che la campagna invece la vivono, lavorandoci. In tantio profanano le campagne e le istituzioni non fanno nulla. Anzi, capita che magari a pagare sia l’agricoltore, ritenuto responsabile di atti vandalici di terze persone. C’è da soffermarsi su quest aspetto di inciviltà.

Torniamo a noi, però. Ci stiamo un po’ dilungando. L’intervista per la rubrica “Ritratti a olio” non è ancora iniziata. “Non avrei mai immaginato – prosegue Adriana – che la gente potesse venire in mezzo a una natura meravigliosa e piena di risorse come la terra di Montedoro. Diedi le dimissioni dall’azienda agricola in cui ero impiegata, mi iscrissi alla Camera di Commercio aprendo la relativa partita IVA e proseguì nella pulizia del terreno. Non senza difficoltà, certo, ma proseguì. La pulizia fu avviata: è stata una pulizia in tutti i sensi, sia di materiali dalla campagna, sia di risorse economiche, dal momento che non percepivo alcun contributo pubblico per ciò che feci”.

Se la passione è passione non ci si ferma. “Dopo aver anche ottemperato a tutte le pratiche burocratiche, per la conversione del terreno da superficie boschiva a coltivabile e, dopo mesi di faticoso e meticoloso lavoro di adeguamento del terreno, finalmente il 6 giugno 2002 riuscì a mettere a dimora il primo albero di ulivo di varietà Bianchera-Belica. Nel 2006 completai la piantagione, con 2200 piante di cui 2000 della varietà Bianchera, 100 della varietà Leccino e 100 della varietà Maurino”. La soddisfazione è stata grande: “Finalmente vedevo realizzato il mio sogno e mi pareva di aver realizzato il più bell’uliveto nella provincia di Trieste; e certamente, con i suoi nove ettari, è oggi la superficie coltivata ad uliveto più ampia del territorio”.

Adriana, quali sono i tratti migliori della sua personalità?
Alzarsi presto alla mattina e fare il meglio che posso.

E le virtù che coltiva abitualmente?
Svolgere il mio lavoro con passione e amore anche nei giorni difficili.

Quali sono invece i suoi limiti, le pecche maggiori, gli impulsi più incontrollati del carattere?
Parlerei di pazienza, nella vita capitano giornate decisamente negative: aspettare che passa il tempo. Le pecche maggiori? La mia testardaggine. Il mio carattere è dolce ma nello stesso tempo duro. Per fortuna c’è mio marito con i miei figli vicini e il mio umore cambia.

I vizi invece ai quali non intende rinunciare per niente al mondo o, pur volendo, non riesce a rinunciare?
Il mio vizio è di alzarsi presto e lavorare duramente nei miei campi, e a tavola non rinunciare al cibo di qualità che sono poi i profumi della mia terra.

Un ricordo della sua infanzia che ancora le torna in mente?
Quello di portare la merenda a mio papà tra i vigneti e uliveti, il raccolto dell’uva e il profumo del mosto sono sempre vivi.

Ora si passa al lavoro. Da quanto, e perché, si occupa di olio?
Prima si faceva olio per uso familiare , ma poi ho conosciuto nel 1975 mio marito Gioacchino Fior Rosso, anche lui “figlio della terra” , così, coltivando le stesse passioni e amori per l’olivicoltura, la mia vita è cambiata.

Crede davvero nel suo lavoro? C’è ancora in lei un senso di sano senso di entusiasmo e passione a motivarla? O qualcosa la turba e la impensierisce?
Se ancora oggi lavoro nel mio oliveto con entusiasmo è perché ci credo. L’olivicoltura sarà il punto di forza dell’agricoltura italiana. Mi turbano gli scandali e truffe sull’olio extra vergine. Come è possibile che un prodotto di primaria importanza costi così poco?

Se il comparto olio di oliva non naviga in buon acque, come è ormai evidente (avendo perso valore l’olio extra vergine di oliva, e diventando di fatto, a parte le eccezioni, un prodotto commodity), lei cosa si sente di fare per reagire allo stato di immobilismo e incertezza attuali? Ha soluzioni per cambiare il corso degli eventi?
E’ difficile rispondere a questa domanda, ma posso dire che finchè ci sono tanti disonesti che speculano sul cibo e sulla salute della gente, il settore olio sarà sempre in difficoltà. Spero nei controlli mirati e che il marcio dell’olio venga fuori, in modo da dare il giusto valore all’olio di qualità. Penso che l’olio extra vergine di qualità debba illuminare il cibo delle tavole italiane e di tutto il mondo.

A proposito di olio extra vergine di oliva, cosa mette al primo posto: la qualità o l’origine?
Certamente l’origine della varietà Bianchera/Belica, autoctona di Trieste, ma nello piano la qualità, entrambi vanno “abbraccio”.

L’olio da olive è un prodotto agricolo. Se tuttavia l’agricoltura è confinata in un ambito di marginalità, intravede una possibile occasione di riscatto per tale prodotto?
Con l’aumento della popolazione a livello globale, penso che il settore dell’olio e l’agricoltura di qualità in futuro assumerà un ruolo importante. Nel mondo ci sono miliardi di persone vegetariani e l’olio extra vergine di qualità ha un ruolo importante nella salute.

Se ci crede nei sogni, qual è allora quello che non ha ancora realizzato e che con ostinazione e instancabile coraggio insiste nel coltivare?
Nei miei sogni c’è una bella struttura fatta in pietra e legno al centro dell’oliveto, una bella cantina, con frantoio, una grande sala didattica per i turisti.

In tutta confidenza: crede sia possibile realizzare il suo sogno, o è una pura utopia che va comunque coltivata pur di sopravvivere alle proprie aspirazioni?
Non è utopia, credo in me e nella mia famiglia, e questo è importante per realizzare i sogni che diventano reali.

Ciascuno di noi ha uno o più miti ai quali si affida per un proprio personale punto di riferimento. Qual è o quali sono i suoi?
Con i tempi che corrono ci sono troppi falsi miti, con mio marito la pensiamo nello stesso modo, “all’antica”: credere in noi.

I libri (o, nel caso, il libro) che ritiene siano stati fondamentali nella sua formazione?
Penso che il libro di Paolo Parmegiani mi abbia dato un’ottima formazione, La coltivazione dell’olivo in Friuli Venezia Giulia.

Ancora una domanda, e si chiude: si può salvare l’Italia? C’è ancora spazio per la speranza?
L’Italia è il mio paese. Voglio tanto bene all’Italia e credo ci sia lo spazio per salvarla. La speranza? Se i nostri politici la pensassero nello stesso modo, se tutti svolgessero il proprio lavoro con passione e amore, come un contadino e una paga di mille euro al mese senza creare danni né dar luogo a ruberie, l’Italia, sì, diventerebbe Paese leader d’Europa.

L’intervista finisce qui. Nella foto, il ritratto di famiglia.

L’intervista l’ho anche evidenziata, in modo che non si confonda con la storia di una vita, intessuta da tanti ricordi; e così proseguo, perché so che ci sono lettori che hanno piacere di leggere: “Sono molto orgogliosa – prosegue Adriana – per aver riqualificato un’area di grande pregio ambientale fino ad allora degradata e abbandonata, e ora trasformata in un vero e proprio giardino di Montedoro”.

“In tutti questi anni ho seguito vari corsi di olivicoltura, cercando di approfondire le mie conoscenze agronomiche, nell’intento di migliorare la qualità dell’olio. I risultati non si sono fatti attendere e, grazie alla qualità del prodotto, sono arrivati anche i premi ed i riconoscimenti”.
Solo nel 2011, tanto per rendere l’idea, l’olio di Adriana e del marito Gioacchino, è stato premiato per ben cinque volte, e precisamente: il Primo premio al concorso del Comune di S. Dorligo-Dolina per la Majenca di Dolina (Trieste); il Primo premio al concorso della Provincia di Trieste; il Primo premio al concorso “Oleis e Dintorni–Olio dell’Abate” a Manzano (Udine), il Primo premio come migliore produttore di olio extra vergine di oliva del Friuli Venezia Giulia; il Quarto premio con Menzione di Merito al 2°concorso “Oro d’Italia” – Senigallia (Ancona); la Medaglia d’Oro al 6° concorso dell’extra vergine Ulika – Medulin (Croazia). Insomma, qualcosa di buona è stato fatto. Che ne dite?

Mi fermo qui, altrimenti sembra di esagerare, ma serve per capire come dietro la passione ci sia sostanza, non sempre parole, ma fatti. C’è solo da alzarsi presto al mattino e lavorare, lavorare, lavorare.

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