Saperi

Informati ma idioti

Le tecnologie digitali non sono interessate all'antefatto ma ci schiacciano esclusivamente sul presente, sull'immediato. Non sono in grado di riconoscere il sottile processo in base al quale il passato ridiventa esperienza presente

Alfonso Pascale

Informati ma idioti

Specie tra le nuove generazioni, oggi l’emotività sembra prevalere sul ragionamento. E questa inversione di senso rovescia del tutto il nostro pensiero e lo stesso nostro modo di vivere. Da cosa dipende questa rivoluzione interiore?

Pensare e pensiero: una premessa etimologica

Nelle lingue neolatine pensare si lega, etimologicamente, al rafforzativo del verbo latino medioevale pesare, vale a dire apprezzare, calcolare, misurare. Il verbo pensare, penser, pensar, e il sostantivo pensiero, pensée, o pensata, pensamiento rimanda alla valutazione fattuale d’una realtà empirica misurabile, concettualmente dominabile e comprensibile, ossia, nel linguaggio comune, afferrabile.
Pensiero e pensare, per gli anglofoni thought e thinking, in tedesco denken, sembrano invece legarsi, retrospettivamente, ad un atteggiamento che è insieme un atto di rammemorazione e di ringraziamento.

L’atto di pensare e quello di ricordare hanno molto in comune

L’operazione della memoria consiste essenzialmente nel ritrovare mediante la riflessione ciò che Hegel chiamava la “rammemorazione interiore” e che Ernst Bloch ha messo magistralmente in luce, “un insieme sistematico di ricordi ben legati”.
La semplice verità è che non siamo nulla in senso assoluto. Siamo solo ciò che siamo stati. Più precisamente: ciò che ricordiamo di essere stati. E il ricordo è nello stesso tempo nostalgia (pàthos) e ripresentificazione del passato.

L’atto del pensare e quello di ricordare è oggi letteralmente sconvolto dal computer

Le tecnologie digitali non sono interessate all’antefatto ma ci schiacciano esclusivamente sul presente, sull’immediato. Non sono in grado di riconoscere il sottile processo in base al quale il passato ridiventa esperienza presente. Lo riducono a reperto archeologico, privo di valore emotivo. Lo impoveriscono tanto da ridurlo a un fantasma o simulacro, svuotato di ogni consistenza psicologica e di ogni valenza conoscitiva.

Franco Ferrarotti sostiene che, con la diffusione delle tecnologie digitali nelle scuole materne ed elementari come sussidi didattici, sia in atto un vero e proprio genocidio culturale: staremmo formando un popolo di informatissimi, frenetici idioti, che sanno tutto e non capiscono niente, informati e nello stesso tempo fagocitati da dati eterogenei e torrentizi che ne soffocano la capacità di organizzare una loro personale tavola delle priorità, teoriche e operative, e quindi di dar corso a una selettività criticamente fondata.

Fermare il genocidio culturale

Se non si affronta per tempo questo problema, modificando in qualche modo il rapporto tra tecnologie digitali e primi anni della formazione, secondo il decano della sociologia italiana trionferà inevitabilmente il disordine teoretico, miscellaneo e gratuito, premessa del confusionarismo pratico e della caduta di ogni vincolo logico, dal principio di non contraddizione allla consecutio temporum. Non si tratta di plagio o brain washing, ma di bulimia informativa, di opaca obesità mentale e psicologica.
Eppure il computer, insieme con Internet, Youtube, Facebook, Twitter, ci vengono presentati e propagandati come un arricchimento della memoria, ma in realtà contribuiscono efficacemente alla sua distruzione, la sgretolano dall’interno dichiarandola obsoleta, non più necessaria, fatica inutile, anacronistica.

Si ritiene inutile imparare a memoria la tavola pitagorica, le poesie, gli avvenimenti del passato perché tanto c’è il computer a fare questa operazione per noi, a renderci tutto lo scibile disponibile istantaneamente.

Ma in questo modo disabituiamo la nostra mente a ricordare. La macchina ricorda per noi. Ma è un’illusione. E’ in questa illusione il rovesciamento dialettico dell’effetto di padronanza tra la macchina e l’uomo. La macchina, già servo e manufatto umano, prevale sull’uomo, asservendolo.

La memoria non è solo ricordo nostalgico

Contiene anche un impeto utopico, il progetto come un “pro-iettarsi”, che in qualche misterioso modo anticipa l’avvenire e lo vive ancor prima che sia presente e tragicamente irreversibile.
Oggi siamo portati a rifiutare questa operazione, a dimenticare lo scopo del nostro viaggio, a trasformare i valori strumentali in valori finali. Eppure basterebbe riflettere sul modo come utilizziamo le tecnologie soprattutto come supporti educativi.

La foto di apertura è di Luigi Caricato e riprende un particolare di un’opera esposta al MoMa di New York

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