Saperi

L’emozione di chi assaggia

Cosa significa apprendere l’arte della valutazione sensoriale degli oli da olive? Cosa accade dopo aver frequentato un corso di assaggio e aver scoperto le infinite potenzialità che si celano dietro una materia prima che tanti consumano ma senza conoscerne appieno l’identità e le tante potenzialità espressive? Il fatto è che si acquista un olio immaginando che sia eccellente per partito preso, solo perché lo si è prodotto; eppure le sorprese non mancano. La testimonianza di Marco Tribuzio, vice presidente di Confcooperative Bari-Bat

L. C.

L’emozione di chi assaggia

La grande gioia è palpabile. “Con ogni probabilità sarò un assaggiatore ufficiale di olio”, ci confida Marco Tribuzio da Bitonto, storica città olearia, tra le più celebri al mondo. “Sto imparando tante cose ed è duro ammettere che ne sappiamo pochissimo, anche noi che viviamo circondati dagli ulivi. Noi che dell’olio dovremmo essere difensori e promotori. Noi che potevamo vivere bene con la fortuna che abbiamo nelle mani, che ci è stata tramandata da millenni. Noi non siamo stati capaci a valorizzare il nostro bene più prezioso. Speriamo si possano cambiare le cose. Ne va del futuro dei nostri figli”.

E ora sì che si possono assaggiare gli oli da un altro punto di vista. Che percezione hai avuto dopo aver frequentato il corso?
Sono stato davvero contento di aver frequentato il corso per assaggiatori. Credevo di conoscere l’olio da olive, ma quello che avevo in testa mi sono reso conto essere solo frutto delle convinzioni popolari e della tradizione tramandata di generazione in generazione (sintetizzerei: del luogo comune). Non ritengo ancora di aver acquisito un bagaglio di competenze tale da dare giudizi su questo o quell’altro olio, ma so adesso verso quale direzione andare. Mi rendo conto che dell’olio se ne sa pochissimo ma tutti si sentono autorizzati a parlarne, senza avere un’adeguata preparazione.

Questa scoperta che si vive ogni giorno tra gli ulivi, in una regione così ricca di storia come la Puglia, per poii scoprire che si conosce così poco l’olio, ti ha stupito, posso ben comprendere, ma in che maniera? E’ uno stupore solo su un piano strettamente intellettuale oppure è stata una scoperta inattesa da tutti i punti di vista, anche sul piano sensoriale, nel senso che hai degustato oli mai conosciuti?
È disorientante il fatto che ci sia circondati da ulivi e si conosca con superficialità il prodotto di quelle piante. È come essere nati agli Uffizi e non saper leggere un’opera o distinguere un Raffaello da un Michelangelo. Dal punto di vista sensoriale ti rendi conto che la bellezza dell’olio è nella sua molteplicità di profumi, sapori, sensazioni. Un olio prodotto dalle stesse olive può dare diversi esiti finali a seconda del modo con cui ci si approccia alla materia. E questo è estremamente affascinante perché ti rendi conto che la capacità dell’uomo è fondamentale per dare un qualcosa di speciale al prodotto. Durante il corso ho avuto la possibilità di assaggiare oli prodotti da altre cultivar, diverse dalle nostrane ogliarola o coratina. Altri profumi, altre sensazioni, altri sentori mai conosciuti e altrettanto piacevoli. Un’oliva lavorata bene da’ un buon olio in tutto il mondo.

Si parte da una riflessione alquanto amara. Dici: “noi che potevamo vivere bene con la fortuna che abbiamo nelle mani”. Ecco, si tratta di una pubblica ammissione che si è stati effettivamente fallimentari anche su un piano collettivo in Puglia?
Guarda per diverse ragioni ho lambito il mondo dell’olivicoltura negli anni passati. Ho sempre sentito dire “il nostro olio è il migliore del mondo”, un’affermazione che ci riempie il petto d’orgoglio, patriottica direi, ma sono stato sempre convinto che quando si assolutizza la propria capacità si perde di vista quello che accade intorno. Per anni siamo stati convinti che potevamo vivere di rendita e invece il mondo è andato avanti e noi siamo rimasti indietro. Innovazione e approccio sistemico non sono stati fatti proprio dal comparto e quelle rare eccezioni rappresentano una nicchia. Un approccio all’olio come economia non residuale avrebbe fatto in modo che la Puglia potesse essere leader nell’olio e oggi non lo è. Frammentazione del comparto e scarsa conoscenza dei nuovi mercati credo siano le zavorre del sistema. Del resto se leggo che le quotazioni del nostro olio non si discostano molto da quello extra comunitario, qualche ragione ci sarà.

Infine, per chiudere, sempre a proposito di olio assaggiato. È possibile che ci possa essere una piena consapevolezza della materia prima con cui si ha tanta familiarità senza nemmeno conoscerla? L’assaggio dell’olio, in un’ottica diversa, professionale ci fa capire ciò che prima non comprendevamo di un olio?
Beh, l’assaggio guidato ti aiuta a costruire una nuova memoria sensoriale e a slegarsi da quella sedimentata. È incredibile quanto poco si investa su questo, tanto che solo pochi sanno riconoscere un buon olio da un cattivo olio. Si acquista un olio immaginando che sia un eccellente prodotto per partito preso, e invece se si avesse una minima capacità di discernimento si potrebbe essere effettivamente convinti che ciò che stiamo consumando sia un prodotto eccellente. Comunque, credo che ci siano grandi spazi per migliorare, ma occorre capire che possiamo fare grandi passi solo se abbandoniamo vecchie logiche e vecchie abitudini.

La foto di apertura è di Luigi Caricato

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