Saperi

La mia passione unta

Oggi – sostiene il giornalista e apicultore Fausto Delegà – negli oli vado a cercare il racconto, le fioriture che hanno fatto compagnia agli ulivi, il loro dialogo silenzioso nella comunità verde che si chiama oliveto. Cosa cerca negli extra vergini? L’armonia. Poi, però, ci sono anche oli evo con più swing

L. C.

La mia passione unta

Quale idea di olio lei si è fatta nel corso dell’infanzia? L’olio di quegli anni è stato quello ricavato dalle olive o un olio di semi?
Bella domanda. Una premessa necessaria. Avendo oggi circa sessant’anni ed essendo nato in una terra dove era la cultura del burro e dei grassi animali a prevalere, – Mantova terra di allevamenti vaccini e suinicoli – io credo, mi pare di ricordare, una nonna paterna che certo usava olio di oliva. Dico oliva senza la specifica “extra vergine” perché allora mi pare non fosse ancora in uso o comunque non entrava in casa nostra a quei tempi olio extra vergine. Ricordo operazioni di mescolamenti tra oli, tra olio di oliva e olio di semi ad esempio. Si aveva una strana concezione dell’olio da olive come olio “pesante”, troppo intenso, condimento o alimento lontanissimo dagli attuali principi salutisti: polifenolici, squalenici, antiossidanti ecc.
Certamente una certa influenza aveva il vicino bacino del Garda e i suoi oli delicati e profumati. Ricordo che il mio primo olio evo lo acquistai da ragazzo. Avevo 18/20 anni e già mi interessavo di cibo. Fu un evo casalingo, produzione limitatissima, di un contadino di Marciaga, frazione di Garda. Lo ricordo non filtrato, profumato. Mi piacque molto e da allora la mia passione “unta” prese piede e forza.

Una curiosità: i sapori e i profumi dell’olio della sua infanzia coincidono con quelli che invece percepisce e apprezza oggi?
No, direi proprio di no. Ho avuto la fortuna di avvicinarmi sempre più nel tempo ad una idea di evo completamente diversa da quella primigenia. Ho usato molti dei miei viaggi in Italia e all’estero, in terroir oliandoli ed olivicoli, per studiare, imparare e cercare di capire prima gli ulivi e poi i loro oli. Oggi negli oli vado a cercare il racconto, le fioriture che hanno fatto compagnia agli ulivi, il loro dialogo silenzioso nella comunità verde che si chiama oliveto, i loro “pastori unti” coloro che conducono come un gregge strano queste comunità di ulivi-organismi vegetali: gli oliandoli. Cerco sempre di conoscere direttamente la persona che fa, poi cosa e come fa. Devo sentire e capire i suoi ragionamenti, le sue emozioni per cercare di arrivare ad amare l’olio che mi propone. Poi certo nel tempo si colgono le gradazioni degli amari, dei piccanti, le sottigliezze degli aromi che arrivano subito netti e di quelli più timidi che in certe varietà arrivano dopo, con calma, in sordina. Ci si affina o per lo meno ci si mette impegno e tempo per cercare di imparare i “dialetti” delle olive che vengono scritti negli oli evo. L’importante credo comunque sia abbandonare la presunzione, ritenersi sempre un allievo in fase di studio abbracciando l’umiltà regale dell’evo per rimanerne più amanti appassionati che esperti.

Cosa apprezza di più di un olio extra vergine di oliva?
Beh, certamente un evo mi emoziona e mi piace quando il suo amaro e il suo piccante, nelle varie gradazioni legate alle varietà, sanno dialogare bene tra loro, armonizzarsi. Amando la musica, classica in particolare, abbino sempre mentalmente gli amari degli evo ai bassi e i piccanti agli strumenti più fini, acuti. Violini, flauti. Ecco direi… cerco armonia. Poi, però, ci sono anche oli evo con più swing, oli dove Beethoven lascia spazio al ritmo di Thelonius Monk, ah ah!
Scherzi a parte, direi che cerco sempre di trovare negli evo il dialogo che c’ê stato tra l’oliandolo e le sue olive, i suoi uliveti, i terroir che hanno creato quel racconto vegetale. La stessa cosa cerco di fare con i miei mieli territoriali, con le mie api che me li regalano ogni anno. Mieli che hanno le stesse esigenze di far ascoltare il loro racconto.

Quanto sarebbe disposto a spendere per una bottiglia di extra vergine?
Sarebbe facile rispondere semplicemente: il giusto. Ma, ovviamente, a seguire nascerebbe subito la domanda su quale sia il famoso “ok, il prezzo è giusto”. Almeno per me. Credo perciò che un olio dovrebbe avere sempre il prezzo che meritano un insieme di fattori che messi assieme ne costruiscono il valore. Aspetti che vanno dalle qualità umane di chi quell’olio ha deciso e curato sin dalla impollinazione dei mille fiori degli ulivi, alla sua capacità di lasciare esprimere i suoi oliveti, alla non secondaria eleganza e austerità che devono accompagnare sempre questo alimento nelle confezioni che lo devono portare sulle nostre tavole alla unicità o meno dei luoghi in cui le comunità degli ulivi vivono. Non secondario poi il tipo e la qualità del lavoro che per quell’olio sia stato richiesto. Un olio evo anche se perfetto vale poco per me se dietro di lui ci sono mani che si sono tagliate e schiene che si sono spezzate per salari da fame e regimi di scarso rispetto per il lavoro delle persone. Anche questo crea il valore di un evo che deve, per me, nascere dalla bellezza di gesti felici e soddisfatti di chi mette mano tra le foglie. Comunque direi che per quanto mi riguarda non comprerei mai un olio evo da mangiare esclusivamente a crudo nei condimenti desiderati che vada sotto i 14/ 16 euro litro e se ritengo vi siano le condizioni e le qualità necessarie posso arrivare tranquillamente a raddoppiare questa cifra. Diverso il caso di oli che uso a cotto o nelle fritture. Li credo che si potrebbe usare anche un buon olio di oliva non extra vergine per i fritti, ad esempio, senza sprecare degli extra vergini, e ad onesti extra vergini da 10/12 euro litro per cotture di altro tipo.

A tal proposito, per lei la bottiglia che frequentemente acquista di quant’è? Da 250, 500, 750 ml o da litro?
A questa domanda devo rispondere con una premessa. Una premessa che ho in più di una occasione reso pubblica sia sui social che nei miei articoli. Io amo tenere sempre in casa una possibilità discreta di scelta di cio che amo leggere o ascoltare. Lo faccio con i libri, con i miei cd, con i mieli, con i vini e a maggior ragione amo tenere sempre aggiornata la mia “biblioteca vegetale” come spesso l’ho chiamata. Questa biblioteca vegetale non contiene libri, ma oli evo e mieli. Per i vini mi affido spesso a biblioteche esterne che qualcuno chiama Enoteche, ma solo per questioni di mancanza dello spazio necessario qui a Vienna dove avere una cantina in centro, dove io e mia moglie abitiamo, sarebbe veramente un grosso problema. Ma tornando alla mia biblioteca vegetale questa è situata in casa, in una dispensa non riscaldata e buia, dove sempre sono presenti almeno una quarantina di mieli, italiani, internazionali, più tutti quelli da me prodotti e una ventina di tipologie di evo tra otaliani in purezza, da nord a sud, e mediterranei in genere. Meglio se da isole. In prevalenza amo i mono-varietali pur riconoscendo altissime qualità spesso presenti anche nei blend. Ora ad esempio sto usando un blend abruzzese bio e un mono varietale San Felice umbro. Bottiglie quasi sempre da 500 ml, massimo 750, che una volta aperte terminano in breve tempo e senza perdite in potenza e aromi.

In tutta sincerità, senza alcuna senso di colpa o imbarazzo, qual è il suo condimento preferito tra tutti i grassi alimentari?
Anche questa è una bella domanda, ma che a voler essere esaustivi richiederebbe una pagina che non depone a favore di una intervista snella. Direi senza dubbio al primo posto l’olio da olive nelle sue molteplici varietà e caratteristiche come condimenti a crudo. Nei fritti certamente olio da olive per alcuni piatti e in rari casi, tipo fritture di verdure, evo delicati. Ma in alcuni fritti lo strutto risulta imbattibile. Viene poi il burro, esclusivamente da centrifuga e non da affioramento, il più delle volte a crudo con mieli o confetture. Un posto d’onore lo riservo anche agli oli di semi esclusivamente da estrazione meccanica e da semi bio come l’olio di semi di zucca, pistacchio, faggio, canapa, semi di pomodoro, di peperoncino o di semi di albicocca. Potrei proseguire, ma mi fermo perché sarei fuori luogo in una intervista.

Basta olio. Veniamo al suo lavoro. A cosa sta lavorando?
Oggi il mio lavoro qui a Vienna, oltre a quello di giornalista che scrive di cibo, è fare l’api-cultore nomade o il pastore scrivente delle api. Ho fondato qui a Vienna insieme ad altri tre amici apicoltori come me una associazione che abbiamo chiamato Landschaftshonig. Progettiamo mieli. Io oggi lavoro con la mia socia, esperta botanica e apicoltrice raffinata a diversi progetti di mieli. Un miele progettato in piena città di Vienna nella zona dei vigneti e che abbiamo chiamato “Il Miele del Cielo”, dal nome della strada che conduce alle zone di bottinatura. Tre mieli prendono vita da una speciale zona che anticamente era il rift oceanico pannonico dove speciali fioriture danno vita al secondo nostro progetto chiamato “I Mieli delle Pietre di mare”. Per il prossimo anno abbiamo in programma un miele dedicato ad Elisabetta di Bavaria più conosciuta come Sissi , miele ottenuto dalle api nella riserva totale del Lainzer, dove Sissi trascorreva gran parte della sua vita a Vienna. In previsione un miele dedicato a Beethoven ma…questo… è ancor un progetto segreto e tale per ora deve rimanere.

La foto ritrae Fausto Delegà in compagnia, a sinistra, della blogger Cinzia Tosini, e, a destra, della chef Antonella Varese. Lo scenario: Olio Officina Food Festival 2013. Si ringrazia per la foto Cinzia Tosini.

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