Le Marche e l’olio
Una presenza antica degli antenati degi olivi in una regione molto vocata, in un tempo in cui ancora erano olivastri, poi, progressivamente, l’addomesticazione della pianta e l’espansione della coltivazione. Ludovico Muratori ci dice che nel 1228 l’olio delle Marche, che attraversando il Po raggiungeva Ferrara, Milano e Venezia, quotava i prezzi maggiori per aroma e sapore
Gli olivastri nelle Marche esistevano già venti mila anni fa come confermano le foglie fossili trovate nel travertino sul colle San marco che domina Ascoli; ma quelle bacche amare erano immangiabili e dovranno trascorrere cinque secoli prima che si comunicasse a ricavrane olio.
Furono i greci a diffondere nel mediterraneo la coltura dell’olivo, coltura incentivata poi dai romani. Fu durante la Repubblica che venne fatta la prima classificazione degli oli. I più famosi erano quelli di Venafro, dell’Istria e della Croazia e dell’Andalusia.
Marziale vanta le olive del Piceno che figuravano nei prnazi di Trimalcione. Plinio le celebra se trattate con sale o con la sapa. Si trattava ovviamente dell’oliva ascolana.
La coltura dell’olivo è confermata dagli attrezzi per l’olivicoltura che si sono scoperti nelle ville rustiche sparse in tutte le Marche tanto che l’olio marchigiano arrivava anche a Roma.
Le invasioni barbariche distrussero questa coltura e furono i benedettini a ripristinare gli oliveti. Ludovico Muratori ci dice che nel 1228 l’olio delle Marche che attraversando il Po raggiungeva Ferrara, Milano e Venezia quotava i prezzi maggiori per aroma e sapore.
Nel 1404 Recanati definisce il suo olio “la maggior ricchezza della comunità e dei cittadini”. Apiro e Jesi nel 1388 infliggono pene severissime a chi danneggia gli olivi. Per ogni ramo o frutti danneggiati si infliggevano 100 scudi di multa. Per gli animali che danneggiavano un olivo era prevista l’uccisione.
Dopo la crisi del 6-700 il papa Pio VIII, Francesco Saverio Castiglioni di Cingoli, nel 1829-30 diede un compenso di un paolo per ogni olivo piantato.
Fra le due guerre mondiali c’è una ripresa della coltivazione che ebbe però un deterioramento con la fine della mezzadria. Ora l’olivo è presente in 26 mila aziende con 160-170 frantoi e 200-230 etichette concentrate nelle province di Ascoli e Macerata.
L’extra vergine nasce soprattutto da olivaggi delle cultivar Frantoio e Leccino. Oggi comunque si impongono i monovarietali. Nel maceratese le varietà più diffuse sono la Coroncina, la Mignola, l’Orbetana, il Piantone di Mogliano e la Raggia.
La foto di apertura è di Frantoio Gabrielloni
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