Saperi

Nell’ultimo libro di Salvatore Natoli si tratteggia la lotta dell’uomo per la sua sopravvivenza

Libri per l'estate 2023. L’uomo sa che non può vincere la morte e si è, dunque, attrezzato per differirla. Il timore di questa ha generato sapere: la necessità di dover comprendere, contrastare, prevedere. Ciò ha spinto a una sempre più forte manipolazione dei processi naturali spontanei per guidarli, orientarli al miglioramento delle condizioni di vita sulla terra. Ne Il posto dell’uomo nel mondo l’autore s’incentra proprio sull’etica della virtù, che non significa rinuncia, ma dare una forma armoniosa alla propria esistenza

Alfonso Pascale

Nell’ultimo libro di Salvatore Natoli si tratteggia la lotta dell’uomo per la sua sopravvivenza

Consiglio la lettura dell’ultimo libro di Salvatore Natoli Il posto dell’uomo nel mondo (Feltrinelli 2023). Una lunga tradizione ha concepito l’uomo come culmine della creazione e, a seguire, un microcosmo posto al centro di un macrocosmo che tutto rispecchia in sé. Ma sappiamo che si tratta di una centralità presunta e che la sua apparizione stessa è casuale.

Nel libro, l’autore tratteggia la lotta che l’uomo ha condotto per la sua sopravvivenza: una lotta che nasce perché, a quanto pare, l’uomo detiene in modo più alto che gli altri viventi un particolare sapere, quello della morte.

L’uomo sa che non può vincere la morte e si è dunque, attrezzato per differirla. Il timore della morte – in tutte le sue diverse forme – ha generato sapere: la necessità di dover comprendere, contrastare, prevedere. Ciò ha spinto a una sempre più forte manipolazione dei cosiddetti processi naturali spontanei per amministrarli, guidarli, orientarli al miglioramento delle condizioni di vita dell’uomo sulla terra.

La tecnica ha consentito all’uomo di realizzare cose prima impensabili, ma proprio un tale balzo in avanti va generando anche controfinalità. L’impronta dell’essere umano sul pianeta è stata così profonda da giungere a mettere a repentaglio l’esistenza stessa della nostra specie. In questo senso si può parlare di fine dell’Antropocene: l’uomo ha perso il centro per un verso perché la natura ha imposto il suo alt, per un altro verso perché è oltrepassato dai suoi stessi prodotti. Di qui un salto evolutivo ove la specie che verrà, certo figlia dell’Antropocene, sarà diversa dal Sapiens che ne è stato il protagonista. Oltre l’Antropocene, dunque, ma non senza l’Antropocene e queste pagine cercano, a larghe linee, di disegnare il tracciato di tale evoluzione.

Natoli cita E. Padoa-Schioppa, E. Damasio, E. Boncinelli, R. Cingolani, G. Metta, J. Lovelock, S. Allievi. Ma non si avventura in scenari fantascientifici. Preferisce ragionare a breve e sulla misura delle generazioni, anche perché quello che bisogna fare, va fatto adesso, a partire da un nuovo modo di produrre e di consumare.

Tutto ciò chiama in causa direttamente le condotte umane per trovare, la bussola da tenere come guida mentre ci addentriamo nel futuro, un nuovo equilibrio, quel giusto mezzo tra autotutela e tutela del mondo, un modo di stare nel mondo. Questo saggio s’incentra proprio sull’etica della virtù.

Che non significa autolimitazione, rinuncia, mortificazione, castrazione, imposizione dall’esterno, come una letteratura screditante ha teso a dipingerla.

Ma significa dare una forma armoniosa alla propria vita divenendo soggetti, titolari delle proprie azioni senza cadere in balìa delle spinte incontrollate, di impulsi e desideri, questi sì, ben sfruttati dall’esterno per asservire.

Natoli riprende e sviluppa saggi precedenti per analizzare le virtù del carattere, come le chiama Aristotele; le virtù civili, come il coraggio della verità; e il gioco che si crea tra virtù e interessi per trovare una misura e un equilibrio anche tra le diverse convenienze.

Le generazioni che verranno beneficiano già del meglio che l’Antropocene ha prodotto, ne sono gli eredi, a noi tocca porre al più presto riparo ai danni che lo stesso Antropocene ha provocato e consegnare alle generazioni venture una terra il più possibile risanata.

C’è un ethos della terra da riprendere dalla cultura contadina millenaria.

Un ethos volto certo alla salvaguardia della terra, ma soprattutto a renderla una dimora il più a lungo possibile abitabile e sempre più amabile per il nostro transitare e per quello degli uomini che verranno.

Etica della virtù ed ethos della terra, come condizioni per ripensare l’ordine mondiale e costruire la democrazia oltre lo Stato.

In apertura, foto di Alfonso Pascale

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