Quanta bellezza al Salone del Libro
Giunto alla sua trentaquattresima edizione, si conferma uno spazio non solo fatto su misura per gli amanti dei libri, ma per tutti coloro che hanno bisogno di una nuova realtà, più limpida, più genuina. E per costruirla serve cultura, consapevolezza, confronti e dialoghi continui. Così, fino a lunedì 23 maggio, a Torino, il Salone accoglie chi ha bisogno di rifugiarsi in queste parole, che sfociano in tanto, tanto altro
Non me lo so spiegare, come ogni volta al Salone del Libro sembri sempre la prima.
Eppure, dall’ultima edizione non è passato neanche un anno.
Infatti, a causa della situazione pandemica, la più grande fiera italiana dedicata all’editoria ha ospitato le sue migliaia di visitatori a ottobre 2021, appena sette mesi fa.
Ma le persone hanno fame di cultura e cose belle, soprattutto in un periodo difficile come questo, così hanno risposto con code infinite, sale piene e un entusiasmo dilagante.
Cuori selvaggi, il tema di quest’anno, rende alla perfezione la voglia, ma in modo particolare il bisogno, di reagire. A cosa?
A tutto quello che ci si presenta davanti, alle sfide che ogni giorno il singolo, e poi la comunità intera, si trova ad affrontare.
Siamo in un momento storico non facile, dove sono troppe le ingiustizie che dettano le notizie e la nostra quotidianità, ma serve un forte coraggio, insieme a una buona dose di presa di coscienza, per costruire un futuro migliore.
Perché questo passo è insostenibile, per noi come esseri umani e per il pianeta che ci ospita.
Il Salone ci chiede questo, ci chiede di guardare al domani con la consapevolezza che tutto questo si può, e si deve, cambiare.
E lo fa con i tantissimi talk e convegni, con le voci di persone che hanno portato testimonianze e riflessioni su quello che è il nostro mondo oggi, e cosa bisogna fare per renderlo più piacevole, anche per le generazioni che lo abiteranno.
A tal proposito, uno dei convegni a cui ho partecipato nella giornata di sabato, dal titolo Empatia, una parola da proteggere nel mondo attuale, di Laura Boella, docente di filosofia morale, era articolato come un viaggio per comprendere il profondo significato di alcune parole che utilizziamo quando ci avviciniamo al tema della protezione.
Curare, preservare. Penso siano verbi densi di sentimento, perché implicano il benessere di una persona che non siamo noi, di una pianta, di un animale: mai come adesso si percepisce questo forte bisogno di accudire ciò che abbiamo al nostro fianco.
Sempre di fortissima attualità, le discriminazioni.
L’evento curato da Ora, Osservatorio regionale antidiscriminazioni, ha fatto luce sulle pari opportunità e sulle tante situazioni in cui, ancora oggi, queste non vengano contemplate.
Purtroppo, non ho potuto dedicarmi a tutti gli incontri di mio interesse, perché un’altra cosa bellissima del Salone – oltre ai racconti e ai volti che ogni volta lo rendono indimenticabile – è scoprire i piccoli editori.
Forse perché lavorando a Olio Officina, che tra la miriade di cose di cui si occupa, pubblica volumi che vanno da tutto quello che è il mondo dell’olio fino a incontrare la filosofia o la chimica, so quanto impegno ci sia dietro a edizioni che non hanno altri supporti, e che devono contare solo sulla passione e la forza di pochi.
Ho avuto modo di scambiare qualche parola con il proprietario della casa editrice CartaBook, e il suo lavoro è soprattutto una missione.
Si occupa, infatti, di andare a cercare le prime traduzioni di alcune opere straniere, ricopiandole e mettendole su carta per poter poi essere pubblicate.
Lo stesso meticoloso lavoro avviene anche con le edizioni di testi in italiano, andando alla ricerca delle prime pubblicazioni per poi restituirle ai lettori.
Ero sinceramente incantata dalle sue parole, dalla cura dei suoi libri e da tutto quello che precede la loro realizzazione.
Queste realtà sono dei rari gioielli, perché non sono mosse dal guadagno come unico fine: mi è stato detto chiaramente che fosse solo quello il motivo, probabilmente avrebbe lasciato perdere.
C’è, quindi, un infinito amore per la cultura che è sufficiente per far sì che queste attività vengano portate avanti costantemente, e con una fortissima dedizione.
Il Salone è proprio un mosaico di storie, di idee, di coraggio, come ci insegna in modo particolare questa trentaquattresima edizione.
E mentre sei lì che spulci tra i titoli, tra un silent book e un romanzo di narrativa, sei circondato da un vociare che era mancato davvero troppo, in questi due anni dove ci hanno chiesto di stare distanti, dai commenti e dai consigli che si scambiano tra di loro anche gli sconosciuti.
Ma quanto può essere bello, tutto questo?
I libri chiamano queste cose, come si accennava all’inizio.
Le parole, scritte o dette, sono un modo per salvarci e per provare a fare qualcosa di migliore.
In apertura, foto di Olio Officina©
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