Saperi

Ritorno a Palermo, con la bellezza dell’acqua

La strada principale, il lungomare, scomparsa sotto l’acqua che tracimava dalle fognature, il taxi si ferma e percorro circa un chilometro, a piedi, verso l’albergo che sta sulla fine della strada nella punta di Mondello. Mi affaccio al terrazzo che è a picco sulla costiera di roccia e si apre uno scenario incredibile per la bellezza e la violenza del mare

Massimo Cocchi

Ritorno a Palermo, con la bellezza dell’acqua

Oggi è il 14 ottobre del 2021, dopo un lungo, troppo lungo periodo di tempo, sono tornato a Palermo.

Sono atterrato in una Palermo che non avevo mai visto, dal caldo torrido dell’estate, al tiepido inverno cui ero abituato, l’aereo, sferzato dal vento ha costretto il pilota a girare per quasi un’ora sul cielo della città, sotto, il mare minaccioso.

Arrivo a Mondello verso il buio della sera.

La strada principale, il lungomare, scomparsa sotto l’acqua che tracimava dalle fognature, il taxi si ferma e percorro circa un chilometro, a piedi, verso l’albergo che sta sulla fine della strada nella punta di Mondello.

Mi affaccio al terrazzo che è a picco sulla costiera di roccia e si apre uno scenario incredibile per la bellezza e la violenza del mare.

La riva di scoglio fa un angolo acuto con la riva di sabbia del lungomare che si illumina, nella sera, dei chioschi, dei ristoranti, da Calogero, il Gabbiano e tanti altri, racchiudendo uno spicchio di mare nell’autunno deserto.

Sono lontano, questa volta, dai chiassosi e affascinanti colori dei mercati, Ballarò, la Vucciria, il Capo, alzo lo sguardo che si interrompe incrociando il Monte Pellegrino, imponente e che sembra ergersi a protezione di questo lembo di terra e mare che si stacca dalla città per vivere di sé.

Il mare è “incazzato”, le onde con violenza si abbattono e si innalzano sulla riva di scoglio in colonne spumeggianti e si susseguono, ripetendosi incessantemente.

Questa violenza d’onda sembra lanciare un monito ai “terreni”, come a dire che vuole rivendicare la sua libertà, si scagliano queste onde con la schiuma rabbiosa quasi a fare pensare che vogliano riprendersi le cose costruite in quello che era il loro “posto” a riprendersi il loro spazio, che vogliano cancellare le terrene miserie di gente che ancora non riesce a capire, a comprendere, a riflettere sulla natura d’umani.

Anche questa gente, spesso accade, che appaia come una grande onda, ma non con la forza e la bellezza dell’acqua che irrompe, ma dell’arroganza che omaggia la meschinità.

Continuo a guardare, rapito, lo spettacolo di quest’onda d’acqua e mi chiedo, se mi tuffassi, dove mi porterebbe.

Forse mi farebbe conoscere un mondo diverso fatto di colori, di trasparenze e di silenzio, fra esseri che non conoscono l’ipocrisia perché, nella creazione, non sono diventati “umani”, ma sono capaci di coscienza perché sanno difendersi e soffrire, lontani dalla meschinità.

Se il mare dovesse prendermi, non vorrei mai che quell’impeto d’onda mi riportasse sulla terra, ma vorrei che mi aprisse a una lunga, eterna vacanza nella pace e nel silenzio dell’acqua.

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