Saperi

Tutta la vita tra ulivi e frantoio

La pecca che mi sento di avere – ammette il ligure Rino Pellegrino – è la mancanza di tolleranza per la generale carenza di rispetto per la natura che ci circonda. Sento anche il mio limite, nel non riuscire ad arginare l'abbandono della coltivazione, della cura e dell'amore per le nostre terre

Olio Officina

Tutta la vita tra ulivi e frantoio

Nazarino Pellegrino, detto “Rino”, nasce in una famiglia di agricoltori della quale – seguendo una breve ma intensa ricerca, negli archivi parrocchiali e comunali, da parte dello stesso “Rino” – si hanno tracce scritte della presenza in Ville San Sebastiano di Borgomaro (IM) già dal XV secolo. Ma la “stanzialità” della famiglia Pellegrino su queste montagne dell’entroterra imperiese risale a qualche secolo ancor più indietro nel tempo. Famiglia di viticoltori e olivicoltori, per tradizione e necessità.

Come per ogni famiglia rurale il papà e la mamma di Rino, Pierino e Alba, erano costantemente impegnati nella faticosa quotidianità del lavoro in campagna: è dal loro esempio che il giovane figlio impara i ritmi della natura, i tempi della terra.
Questo apprendimento, unito ai preziosissimi insegnamenti del nonno Lorenzo, lo accompagna attraverso un cammino di vita fatto di amore per le piante, per la natura nel suo insieme più vasto e per la vita agreste; cioè amore per la dura ma ineguagliabile vita del contadino, della quale Rino si fa orgoglioso e saggio interprete.

Dopo un brevissimo periodo giovanile, trascorso come operaio nelle allora nascenti piccole industrie della riviera, Rino, sentendo forte il richiamo delle sue terre dalle quali si era separato, ritorna alla casa paterna e dei suoi avi. Da questa, fino ad oggi, non si è mai più allontanato.

Quali sono i tratti migliori della sua personalità?
L’onestà, qualità tramandatami quasi come obbligo dai miei predecessori, che ora più che mai, sono tanto fiero di possedere.

E le virtù che coltiva abitualmente?
La vita parca della campagna mi consente lunghi periodi di riflessione nonostante l’incessante mole di lavoro. E’ uno dei mille miracoli della natura: ti fa sentire parte di essa accogliendoti, non ti risparmia nulla in termini di fatica ma, a fronte di tutto questo, è generosa in modo ineguagliabile.

Quali sono invece i suoi limiti, le pecche maggiori, gli impulsi più incontrollati del carattere?
La pecca che mi sento di avere è la mancanza di tolleranza per la generale carenza di rispetto per la natura che ci circonda. Sento anche il mio limite nel non riuscire ad arginare l’abbandono della coltivazione, della cura e dell’amore per le nostre terre.

I vizi invece ai quali non intende rinunciare per niente al mondo o, pur volendo, non riesce a rinunciare?
Non so se possiamo davvero parlare di vizi, ma non rinuncerei mai alle cene in compagnia che, come da tradizione, vengono spesso allietate da orchestre per il ballo. Questo intrattenimento fa da sempre parte della nostra tradizione rurale ed è un momento di distensione e di comunione tra i membri della nostra comunità.

Un ricordo della sua infanzia che ancora le torna in mente?
La sensazione della festa della Domenica che oggi letteralmente non si sente più.

Ora si passa al lavoro. Da quanto, e perché, si occupa di olio?
Ho trascorso tutta la vita nel frantoio e tra gli ulivi, ed essendo figlio e nipote di olivicoltori, ho voluto fortemente portare avanti la tradizione della mia famiglia. Ovviamente, senza nostalgici rimpianti, sono da sempre mosso dai valori del passato ma con uno sguardo rivolto al futuro.

Crede davvero nel suo lavoro? C’è ancora in lei un senso di sano senso di entusiasmo e passione a motivarla? O qualcosa la turba e la impensierisce?
Mi turba ed impensierisce il distacco dei giovani dalla natura. Ciò non toglie motivazione ed entusiasmo al mio lavoro di olivicoltore/frantoiano; la speranza che qualcosa cambi, anche grazie al mio esempio, mi dà forza e determinazione quando queste, per il divenire di determinati eventi, vengono meno.

Se il comparto olio di oliva non naviga in buon acque, come è ormai evidente (avendo perso valore l’olio extra vergine di oliva, e diventando di fatto, a parte le eccezioni, un prodotto commodity), lei cosa si sente di fare per reagire allo stato di immobilismo e incertezza attuali? Ha soluzioni per cambiare il corso degli eventi?
La strada a mio avviso è quella di far conoscere il prodotto di qualità ai consumatori, per far loro prendere coscienza delle differenze tra le varie produzioni.

A proposito di olio extra vergine di oliva, cosa mette al primo posto: la qualità o l’origine?
Sempre e solo la qualità! Nei miei ricordi di bambino, nella mia famiglia si è sempre parlato di bontà dell’olio, ovvero siamo sempre stati attenti a quella che oggi viene chiamata qualità, anche in momenti in cui la differenza significava “rimetterci”, in termini economici. Oggigiorno, per certi versi, mi sembra di rivivere delle situazioni già vissute in gioventù.

L’olio da olive è un prodotto agricolo. Se tuttavia l’agricoltura è confinata in un ambito di marginalità, intravede una possibile occasione di riscatto per tale prodotto?
Certo, il riscatto del nostro settore passa attraverso la coesione di noi piccoli produttori; in questo senso il lavoro che con TreeDream stiamo compiendo tutti assieme, volge in questa direzione.

Se ci crede nei sogni, qual è allora quello che non ha ancora realizzato e che con ostinazione e instancabile coraggio insiste nel coltivare?
Rivedere il giardino che ho vissuto in gioventù sulle terre alte degli ulivi.

In tutta confidenza: crede sia possibile realizzare il suo sogno, o è una pura utopia che va comunque coltivata pur di sopravvivere alle proprie aspirazioni?
E’ possibile realizzarlo questo sogno; non è più solo un’utopia relegata ai confini della passione.

Ciascuno di noi ha uno o più miti ai quali si affida per un proprio personale punto di riferimento. Qual è o quali sono i suoi?
I miei miti li trovo tutti dentro la mia famiglia di origine, mio Papà, mia Mamma, mio Nonno, tutti fonte della mia ispirazione dai quali ho ricevuto insegnamenti e professione, ma soprattutto un ineguagliabile senso di amore per il creato.

I libri (o, nel caso, il libro) che ritiene siano stati fondamentali nella sua formazione?
Le mie letture principali sono quasi tutte relative agli avvenimenti della prima e della seconda guerra mondiale, questo perché parecchi zii, parenti ed amici di famiglia, avendo fatto l’una o l’altra guerra, solevano trascorrere le serate raccontando avvenimenti da loro direttamente vissuti in quei periodi drammatici anche per tutte le popolazioni. Oltre, naturalmente, la lettura della Sacra Bibbia.

Ancora una domanda, e si chiude: si può salvare l’Italia? C’è ancora spazio per la speranza?
Spazio per la speranza ce n’è; sarebbe necessaria una vera presa di coscienza dei nostri governanti, in modo tale che i giovani e tutti noi riprendiamo in mano le redini del nostro destino che, anche se ci ostiniamo a negarlo in tutti modi, è indissolubilmente legato alla natura.

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