Saperi

Tutte le volte che abbiamo detto “cibo”

Libri per l’estate 2023. Quante volte si parla di mangiare, di nutrirsi e, quindi, di cibo anche se spesso si ignora ciò che vi è dietro queste quattro lettere. Il cibo come identità, come mezzo di comunicazione, come elemento essenziale per sopravvivere, viene raccontato ne Il sugo della storia, di cui è autore Massimo Montanari, in un viaggio fatto di storie, pregiudizi, abitudini

Chiara Di Modugno

Tutte le volte che abbiamo detto “cibo”

Massimo Montanari insegna Storia medievale e Storia dell’alimentazione all’Università di Bologna, e prima de Il sugo della storia non avevo ancora avuto il piacere di dedicarmi a un suo volume, lo ammetto, mentre adesso sono qui per consigliarlo ai lettori di Olio Officina.

Protagonista indiscusso è il cibo. Le mode che si sono susseguite e intrecciate nel corso dei secoli, riflessioni e atteggiamenti che ruotano attorno a uno degli elementi più significativi di una cultura e di un popolo intero: “si mangia per comunicare – scrive l’autore – Il cibo è strumento di relazione per eccellenza”.

Il cibo, lo sappiamo, non è solo funzionale al nostro organismo: non sarebbe possibile, per noi esseri umani, concepirlo solo ed esclusivamente come l’insieme di alimenti che entrano in circolo e ci nutrono, ci forniscono le giuste energie, tutelano il nostro sistema immunitario, e ricondurlo quindi a meri significati medico/scientifici ma “il cibo è ben altro di una combinazione di sostanze chimiche”.

L’autore quindi ci invita a riflettere e a prendere maggiore consapevolezza sul fatto che il rapporto con il cibo, un rapporto sano con il cibo, vuol dire non poche cose. Vuol dire reciprocità, attenzione, convivialità e forse già inglobiamo questi aspetti, albergano nella nostra mente e nel nostro inconscio, ma capita spesso che ce ne si dimentichi e si guardi agli alimenti come qualcosa di estremamente superficiale.

Eppure, quanto si parla di cibo, ci pensate mai? Io lo chiedo a voi, ma Montanari ci risponde “Anche troppo. Ma non temiamo (o non illudiamoci) di essere i primi a farlo. Di cibo gli uomini hanno sempre parlato molto. Letteralmente e metaforicamente, da prospettive diverse, per ogni sorta di interessi”.

Oggi lo facciamo solo attraverso più canali, così che tutti sappiano che il nostro interesse rimane non solo costante, ma si adatta a seconda del momento, di quello che più ha catturato l’interesse collettivo.

E ciò che è anche cambiato, spiega Massimo Montanari, è il linguaggio scelto per comunicare con i consumatori, dove i consigli dei dietologi hanno abbonando termini quali carboidrati, lipidi e vitamine, ma si è iniziato ad associare i valori nutrizionali a determinati colori, dove il rosso avrà un certo significato e il verde un altro ancora. Un’ associazione immediata, che fa subito percepire quale scelta sia più sana rispetto ad un altra. Sul piano culturale, si tratta di una e propria svolta, che va necessariamente approfondita.

Ma l’autore fa chiarezza anche su tutti quegli aspetti che entrano in gioco quando si parla di ricette. Tra i vari approfondimenti che troverete, uno mi ha particolarmente incuriosita, quello in merito l’atto di condire l’insalata. Intanto l’insalata è diventata con il anche un pasto completo; ormai le insalatone si sono prese ampio spazio sui menu dei bar e ristoranti e sono perfette per le pause pranzo.

Ma come si condisce? Montanari ha indagato nella sua cerchia di amicizie e ha scoperto che sugli ingredienti base ci si trova tutti d’accordo, quindi la triade, per usare le sue parole, olio-aceto-sale non è in discussione, ma sono ben sei le possibilità che si prospettano sull’ordine in cui utilizzarli.

Se la cosa vi lascerà stupiti almeno quanto me – che non utilizzo un ordine particolare, varia di volta in volta, ma l’olio extra vergine di oliva deve essere buono, e scelto con cura – sappiate anche la discussione su come condire l’insalata è presente in tutta la letteratura storica sull’argomento, in particolare negli scritti fra sedicesimo e diciassettesimo secolo.

Insomma, credo proprio che Il sugo della storia vada letto. Sapere qualcosa di più sulla cultura gastronomica – non solo nostra in quanto italiani, ma come esseri umani – significa sapere qualcosa di più su noi stessi e sulla nostra identità.

 

In apertura, foto di Chiara Di Modugno ©

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