Saperi

Un nuovo linguaggio per l’olio

Quello che manca, è un nuovo stile, un nuovo approccio, e, soprattutto, un nuovo lessico. Per rilanciare gli oli da olive, occorre un atto di coraggio e azzerare tutto. La buona comunicazione è quella che da’ risultati nel lungo periodo, non quella che crea illusioni nel presente

Luigi Caricato

Un nuovo linguaggio per l’olio

Comunicare è fondamentale, ma non basta comunicare. Tutti in fondo comunicano, ma non tutti però comunicano bene. E’ necessario comunicare prendendo coscienza del cambiamento dei tempi.

Oggi che le società si fondano stabilmente sull’intreccio allargato e immediato delle relazioni, tramite i nuovi media che hanno rivoluzionato mettendo seriamente in crisi i tradzionali mezzi di comunicazione, è necessario ripensare e rimodulare il nostro modo di comunicare.

Si vive d’altra parte in una società globale, i ritmi delle comunicazioni sono velocissimi e incalzanti. E’ necessario giocoforza tenere il passo vorticoso dei cambiamenti, ma senza restarne schiacciati.

Se da un lato sono cambiati gli scenari di riferimento, rispetto al passato, ciò non significa che la più alta scolarizzazione abbia contribuito a migliorare la qualità della comunicazione. Nella realtà, è accaduto esattamente il contrario: maggiore scolarizzazione, corrispondente a un minore livello di cultura e in particolare a una polverizzazione delle conoscenze.

Tutti oggi fruiscono dei social, diventando così protagonisti, più di ieri, della scena. In molti casi riuscendo anche a far concentrare su di sé le attenzioni di un numero sempre più elevato di persone. Queste attenzioni può ottenerle chiunque, tutto poggia sulla capacità di usare il mezzo. Internbet è una rivoluzione, nel bene e nel male.

Proprio così: una rivoluzione. Quindi, di fatto, la comunicazione oggi è più amplificata, più rapida e più estesa nel suo raggio d’azione. In passato non era così, i media filtravano, nel bene e nel male, la realtà, tutto quanto accadeva, selezionando quanto c’era da comunicare e individuando una scala di valore rispetto ai dati disponibili e i contenuti o messaggi da trasmettere.

La moltiplicazione vertiginosa dei mezzi di comunicazione, il disporre di tanti mezzi contemporaneamente (pensate solo ai socil, non esiste solo facebook e Twitter…) non equivale ad avere la certezza di comunicare al meglio. E’ un po’ come il bar del paese dove si andava a chiacchierare, o a pettegolare.
I mezzi come tali non producono di per sé la buona comunicazione, quella di qualità, soprattutto se dietro a tali mezzi non vi sono persone capaci di gestire la comunicazione con un progetto solido e credibile.

La grande quantità di informazioni oggi disponibile di fatto annulla, o depotenzia, i contenuti stessi della comunicazione. I messaggi possono essere trasmessi senza che nessuno li colga o li faccia propri, costitiscono un rumore di fondo, ma non lasciano un segno nel tempo. Solo flatus voci. A fare la differenza sono piuttosto i modi e i tempi del comunicare.

La rivoluzione di Internet è stata dunque determinante, ma, si sa, come ogni mezzo, solo chi sa usarlo bene può trarre vantaggi. Usarlo bene, intendo nel senso di realizzare una qualità della comunicazione, non una comunicazione efficace solo nel raggiungere il maggior numero di persone. Se si ricorre a temi caldi – frodi, pettegolezzi, dicerie, calunnie – il successo è assicurato: si ottengono tante attenzioni e like, ma è una soddisfazione solo per il proprio ego, ma non è da considerare qualità della comunicazione l’aver raggiunto tanti consensi.

Prendiamo l’esempio di alcune notizie esagerate che circolano in rete con grande successo di pubblico. Oggi si tende, pur di ottenere le attenzioni del popolo di Internet, a educolare o stravolgere la realtà, con una predilezione a confezionare bufale, pur di ottenere like. Nel caso degli oli da olive, si tende a enfatizzare oltre misura gli aspetti salutistici, illudendosi che più si esalta, più si è credibili. Può andar bene una prima e seconda volta, ma la propaganda si annusa subito. Si può cadere una volta in errore, ma poi anche il lettore meno colto si rende conto prima o poi di una notizia avventata, dai toni troppo trionfalistici.

Internet ha comportato una vera rivoluzione, anche perché ha permesso di superare ogni barriera, mettendo fortemente in crisi anche i Paesi più ostativi nel concedere spazi e momenti di libera espressione ai propri cittadini. Internet, tuttavia, è una giungla. E’ necessario conoscere i meccanismi per non restarne imbrigliati e fallire di conseguenza nel processo comunicativo. Ma, difficoltà a parte, i moderni strumenti oggi a disposizione sono tanti e tali da aver messo ovunque in crisi i tradizionali mezzi di comunicazione. Il pubblico da raggiungere è diventato sempre più esteso ed esigente. Si chiedono contenuti certi e chiari. Si chiede soprattutto un ruolo attivo nel processo comunicativo. Comunicare però non è da tutti.

La comunicazione richiede un’alto grado di professionalità nel gestirla. Chi non possiede gli strumenti per farlo in modo appropriato, è destinato a creare danni anziché a costruire una buona comunicazione, qualitativamente ineccepibile.
Quando negli Stati Uniti si svolgevano già a partire dagli anni Cinquanta corsi di scrittura creativa, di pubbliche relazioni e ufficio stampa, in molti in Italia sorridevano per simili stranezze. E’ stato un grave errore. Oggi paghiamo le conseguenze di un simile ritardo culturale, che allora non avevamo compreso e che oggi non abbiamo ancora colmato. Si comunica, certo, ma con quali risultati?

Lo stato della comunicazione nel mondo dell’olio non è tra i migliori. I mezzi di comunicazione a disposizione sono i più disparati, ma nonostante ciò, i nuovi mezzi di comunicazione non vengono utilizzati nel migliore dei modi. Esiste ancora una forma di radicato pregiudizio, una resistenza di tipo culturale. Il problema di fondo sul quale è la scarsa sensibilità e attenzione da parte del mondo dell’olio nel suo insieme, a partire dalle stesse aziende, fino ad arrivare ai professionisti del settore. Tali realtà non comunicano, oppure comunicano male, o, peggio, comunicano le une contro le altre, in aperta ostilità, come testimonia il conflitto tra i vari attori della filiera, con una separazione ridicola tra buoni e cattivi.

Qualche segnale positivo lo si è registrato nel corso degli ultimi anni, è vero, ma sono stati casi episodici e isolati, non sufficienti per determinare una svolta nel comunicare l’olio. Una buona comunicazione implica un’azione programmata, unitaria e coesa; e, ad oggi, un vero progetto di comunicazione non è stato finora elaborato. Anche perché la comunicazione deve essere svolta da autentici comunicatori, non affidata a prestigiatori che edulcorano la realtà, modificandone i contenuti reali rendendoli fantasiosi per fini puramente propagandistici.

Essere buoni comunicatori non significa semplicemente comunicare, ma farlo bene, con vantaggio per tutti: per l’olio da olive, per la filiera, per l’economia, per la società.
Essere buoni comunicatori, sensibili e attenti alla comunicazione, non significa limitarsi a trasmettere all’esterno qualcosa di sé e del proprio mondo. E’ necessario saper leggere e interpretare piuttosto le istanze e le esigenze della società in modo da rispondere sollecitamente a tali attese. Il ritardo culturale dell’intero mondo agricolo su questo fronte è abissale, quello dell’olio catastrofico, nonostante le grandi opportunità commerciali che altri Paesi produttori hanno saputo cavalcare a proprio vantaggio, ma così è.

I messaggi da trasmettere. Per raggiungere il non facile obiettivo della valorizzazione dell’olio extra vergine di oliva, occorre uscire dagli schemi rigidi fermamente ancorati al passato. I vecchi cliché comunicativi non sono più proponibili; o, per lo meno, non lo sono senza una loro rilettura e riattualizzazione.
Per essere più incisivi, è necessario cambiare il linguaggio, ma anche i contenuti del messaggio, l’approccio con il prodotto e lo stile della comunicazione.

Occorre stare attenti, non si possono compiere passi falsi. La comunicazione implica una serie di attenzioni che devono partire proprio dal linguaggio. L’obiettivo futuro è arrivare in tempi brevi a modernizzare l’immagine e la percezione del prodotto olio extra vergine di oliva presso il consumatore, senza con questo rinunciare, s’intende, ai valori della tradizione, ma la tradizione non è fissità, immutabilità.

Non tutta la filiera dell’olio di oliva è pronta per tale operazione di svecchiamento e di discontinuità rispetto ai canoni di una tradizione fine a se stessa.
Una comunicazione efficace è fatta di capacità inventiva e deve puntare a sedurre e convincere. Visto che ancora resistono una serie di luoghi comuni e di irrisolti pregiudizi intorno agli oli da olive. Occorre fare in modo che si punti a un rovesciamento di rotta, ricorrendo a stili e linguaggi dirompenti, in grado di scardinare le convinzioni comuni, senza tuttavia far percepire tale forzatura a coloro cui si intende trasmettere il messaggio.

La buona comunicazione è quella che da’ risultati nel lungo periodo, non quella che crea illusioni nel presente. Vengono premiati coloro che dimostrano di essere più consapevoli dei linguaggi e più motivati e pronti a cogliere le opportunità senza ricorrere a inganni.

Il comparto olio di oliva, specialmente quello della produzione, spiace dirlo, non è ancora pronto a muoversi con le proprie gambe.

In apertura, un’opera di Vincenzo Bafunno, “Architetteolio”, presentata nell’ambito della mostra “Olio d’Artista”, a cura di Francesco Sannicandro

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