Visioni

A Verona per il Vinitaly, nonostante tutto…

Felice Modica

Dal 14 al 17 aprile si terrà a Verona la 56^ edizione del Vinitaly, come al solito, negli spazi della fiera: oltre 95mila metri quadri, con una media di 150mila presenze per edizione e di 4mila espositori all’anno. Dal 1971, grazie al grande Mario Soldati, la manifestazione, che si chiamava “Vinitaly – Salone delle Attività Vitivinicole”, diventa una vera e propria fiera del vino, ovvero una rassegna mercantile.

Da allora molta acqua è passata sotto i ponti e tante bottiglie sono state stappate…

Alcune costanti sono rimaste. Gli appuntamenti coi buyer conosciuti, la confusione domenicale, il fatto che esserci equivalga, per le piccole aziende, ad una certificazione di esistenza in vita.

Altre cose sono cambiate, in meglio e in peggio, come appare inevitabile per una grande manifestazione che, pur senza perdere lo smalto, presenta luci e ombre.

Il rincaro dei biglietti, ad esempio, e il far sì che la fiera si svolga per lo più in giornate feriali, unitamente al contingentamento degli “omaggi”, ha il lodevole, dichiarato scopo di limitare gli ingressi di perditempo, collezionisti di “gabbiette” di spumante e gente in cerca di una sbornia.

Una politica che, tutto sommato, pare abbia dato i suoi frutti.

S’è vista, anche, nonostante l’affluenza, una Verona ordinata, con forze di polizia locale efficienti e più disponibili che in passato. Questa, almeno, la personale esperienza.

Le note dolenti riguardano l’efficacia della stessa fiera che, pur non avendo certo perduto fascino e importanza, non parrebbe più La Manifestazione irrinunciabile, dove quasi certamente si potranno concludere buoni affari.

Se Verona offre sempre la possibilità (a chi ne ha) di incontrare i principali clienti, consolidando i rapporti al di là dei semplici scambi di mail e telefonate, è per nulla scontato l’incontro con nuovi buyer e la sottoscrizione di nuovi accordi.

Il che, nella generale situazione economica delle aziende, con quel che costa partecipare al Vinitaly, ha condizionato e d’ora in poi condizionerà fortemente le future iscrizioni.

Ove si sommino i disastri causati dal Covid, con gli effetti delle guerre in Ucraina e Medio Oriente e con il sorgere e consolidarsi di altre manifestazioni fieristiche internazionali a ridosso, se non addirittura concomitanti, ecco emergere tutte le ombre e le rughe di questa ancor fascinosa cinquantaseienne scaligera.

Per sovrammercato, la Sicilia, diversamente dagli altri anni, non ha a tutt’oggi versato ai consorzi di scopo cui aderiscono i produttori isolani, le quote derivanti dai bandi europei, che finanziano la partecipazione agli eventi fieristici. Quindi, molte aziende, già in difficoltà, hanno dovuto anticipare somme ingenti non preventivate.

Se a ciò si aggiunge la generale crisi dell’agricoltura, gli ostacoli al il necessario ammodernamento delle imprese (ad esempio, il PNRR prevede la rottamazione di un vecchio trattore solo acquistandone un altro con motore elettrico o a bio-metano: in pratica una presa in giro!), le nuove tassazioni prospettate dal Governo, davvero occorre grande fede per insistere con Verona!

Comunque, l’agricoltore, o è ottimista o non è. Sa di non essere immortale, ma deve comportarsi come se lo fosse.

Vogliamo, ancora una volta, credere che tutto andrà bene. Per questo, a Verona, ci saremo. Veda, però, anche Verona di non deluderci…

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