Visioni

Era una bugia

Alfonso Pascale

Da oggi in Europa le quote latte non ci sono più. Dopo 31 anni si chiude finalmente una vicenda molto controversa per le nostre campagne dall’esito disastroso: sono decine di migliaia le stalle chiuse e diversi miliardi di euro le multe pagate e da pagare.
Si tratta di uno strumento di politica agricola comunitaria che ha imposto agli allevatori europei un prelievo finanziario per ogni chilogrammo di latte prodotto oltre un limite stabilito, chiamato appunto “quota”.

Fu introdotto con un regolamento comunitario del 31 marzo 1984.
La quota per l’Italia fu definita prendendo a riferimento la produzione di latte realizzata nel 1983. Fu il governo a indicarla, fornendo però alla Commissione europea un dato sbagliato per difetto. Quando fu chiaro che era stato commesso un errore madornale, il ministro dell’agricoltura dell’epoca, Filippo Maria Pandolfi, assicurò che le multe non sarebbero mai state applicate all’Italia, un Paese il cui fabbisogno superava di gran lunga la produzione. Arrivò persino a dire che c’era un “accordo tacito” per escludere il nostro Paese dall’applicazione di eventuali sanzioni dissuasive. Era una bugia. Ed era questo il modo con cui la classe dirigente riteneva di far parte delle istituzioni europee. Negli anni successivi il conto arrivò e fu molto salato.

Tra le organizzazioni agricole si distinse solo la Confcoltivatori (in seguito CIA) nel sostenere fin dall’inizio una limpida posizione di netta contrarietà al sistema delle quote latte. L’8 novembre dell’anno precedente avevamo organizzato una “marcialonga” a Bruxelles a cui parteciparono 20 mila agricoltori per scongiurare il varo di tale misura. Eravamo convinti che il sistema delle quote avrebbe portato al dirigismo amministrativo più folle e autoritario da infiacchire lo spirito imprenditoriale dei nostri allevatori. E nello stesso tempo, applicandosi indifferentemente a paesi eccedentari e a paesi deficitari (come il nostro), avrebbe cristallizzato gli squilibri tra le diverse aree territoriali e rinnegato così uno dei principi basilari del Trattato di Roma.

Lo strumento delle quote si è rivelato del tutto inadeguato a ridurre le eccedenze produttive nei Paesi nord-europei. Non a caso è stato mantenuto per oltre tre decenni. Ed è stato deleterio per un Paese come l’Italia, caratterizzato da un insufficiente livello di autoapprovvigionamento di prodotti della zootecnia bovina e lattiero-casearia.
Negli anni successivi continuammo ad insistere per abbattere le eccedenze produttive non già con le quote ma attraverso la modulazione dei prezzi indicativi, di intervento e il superamento della «garanzia» illimitata. Ritenevamo che gli squilibri strutturali andavano rimossi sostenendo la qualità delle produzioni e dei processi, irrobustendo le politiche territoriali di sviluppo e rafforzando i programmi di ricerca, sperimentazione e innovazione tecnologica.

Contro le quote latte facemmo tante iniziative. Il Presidente della CIA, Giuseppe Avolio, si spese molto su questo tema.

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