Visioni

I fondamentalismi di casa nostra

Sante Ambrosi

Cominciamo con il precisare il significato etimologico e storico del termine fondamentalismo. Nel vocabolario della Treccani si spiega che la parola si impose per definire le caratteristiche di un movimento religioso negli Stati uniti, nell’Ottocento, che voleva contrapporsi ad una teologia liberale e quindi si caratterizzava come fedeltà ai fondamenti letterali della bibbia (fundamentalism). Solo che con il tempo, con le scoperte della scienza e con le nuove teorie di interpretazione dei testi sacri, tale movimento dovette mutare atteggiamento rapidamente, perché si affacciò una questione precisa, già presente in Galileo, ma che divenne sempre più pressante: come si poteva continuare ad essere rigorosamente fedeli ad una interpretazione letterale con le nuove teorie che la scienza aveva ormai definitivamente dimostrato, secondo le quali la creazione non poteva essere pensata come i primi capitoli della Genesi descrivono!

Da allora il termine cambiò direzione e assunse nuovi significati e, soprattutto, nuove indicazioni; e così assunse sempre più connotati politici e ideologici, per diventare anche, come dice sempre il vocabolario:
“un atteggiamento di chi persegue un’interpretazione estremamente conservatrice e un’attuazione rigida e intransigente dei principî di una religione, di un pensiero politico; il termine è talora usato come sinonimo di integralismo nella sua accezione generica”.

In conclusione, possiamo dire che il termine fondamentalismo può abbracciare ogni forma di rigidità intellettuale nell’interpretazione di tutti quei valori che reputiamo essere fondamentali per la convivenza pacifica di una società.

Da quanto detto, il fondamentalismo è solo apparentemente un atteggiamento positivo. Esso rappresenta una forma di rigidità nefasta per ogni campo nel quale si applica, da quello scientifico a quello sociale e religioso. Dovremmo fare un elenco lungo dei fondamentalismi presenti nella nostra società e in molti modi di pensare. Ci limitiamo solo ad alcuni esempi particolarmente significativi.

CONCETTO DI POPOLO

Anche recentemente in diversi dibattiti si sente dire che sia necessario rifarsi alla volontà del popolo per risolvere i problemi di democrazia, di giustizia e altro ancora, come se la somma dei pareri del popolo sia la garanzia di assoluta verità. Ma quando mai la volontà del popolo è stata capace di costruire qualcosa di vero e valido in senso universale?

Già Platone si impegnò tutta la vita, e dedicò le sue opere, per convincere che nessuna democrazia, nessuna repubblica, poteva nascere rifacendosi all’opinione del popolo. Egli era convinto che in genere il popolo non possiede la verità, a meno che non sia guidato ed educato.

Il popolo, egli diceva, confonde la verità con la doxa, cioè l’opinione comune. Certo, il popolo non deve essere escluso, ma occorre formarlo attraverso la fatica della riflessione e della filosofia. Del resto, anche il nostro Manzoni quando parla del popolo sappiamo quanto sia titubante, perché esso facilmente si trasforma in massa anonima e Renzo rischiò di finire male per via di un popolo inferocito. Dunque, anche questo riferirsi in modo acritico all’opinione del popolo è un vero fondamentalismo presente continuamente nei nostri dibattiti.

LA DIFESA DELLA CULTURA EUROPEA

Altro esempio di fondamentalismo nostrano. La domanda è d’obbligo: quale cultura e, poi, come si difende una cultura.
Sappiamo che la nostra cultura si è formata attraverso intrecci di diversa provenienza: dalla cultura greca-latina al complesso patrimonio del mondo ebraico-cristiano, su fino a tutti gli influssi dei popoli Germanici e tanti altri.
Ebbene, niente è stato inutile in questo processo di assimilazione. Tutte le varie culture si sono depositate sul nostro terreno culturale e, attraverso una gestazione che è durata secoli, ha potuto produrre quello che siamo noi.

La cultura, come la storia, è un processo mai finito, un fiume che deve scorrere. Arrestare questo processo perenne significa tradire la stessa cultura e votarla ad una prossima fine, o insignificanza. Diventerebbe una statua di sale come la moglie di Lot.

L’unico modo per difendere una cultura, anche la più gloriosa come la nostra, deve mantenere un’apertura ai nuovi influssi che, non vuol dire annullare la nostra identità, bensì permettere che il flusso delle varie esperienze culturali continui a nutrire e a far crescere la vita di un popolo. Ciò, naturalmente non vuol dire ignorare i problemi che nascono quando si attua un vero dialogo tra opinioni diverse sui temi fondamentali. Il confronto è per sua natura sempre carico di difficoltà, ma questo guai se diventa motivo, e giustificazioni, di tante chiusure della convivenza sociale.

LA DIFESA DELLA RELIGIONE

Anche qui si parte dal presupposto che pure in materia di fede dobbiamo essere monolitici e rigorosi. Ma gli stessi concetti di Dio e di salvezza sono concetti che vanno interpretati e compresi. Non sono delle definizioni filosofiche o scientifiche e, soprattutto, devono sempre essere interpretati, e, interpretare, comporta anche rivedere e attualizzare nel tempo.

Nei Vangeli si dice che Pilato, quando si trovò di fronte a Gesù che doveva giudicare e condannare, gli chiese: “che cosa è la verità”. Pilato aveva in mente un concetto di verità che gli veniva dalla sua cultura greco-latina. Gesù, rispose dicendo che era Lui stesso la verità. Con questa risposta voleva dire che la verità non è qualcosa di statico e di dottrinale, ma una vita, la sua vita e la sua testimonianza.
Quindi, la conseguenza è chiara: la verità è una realtà che deve crescere e arricchirsi continuamente come la vita dell’uomo e del cristiano. Pertanto, non sono i muri, più o meno ideologici o religiosi, che potranno proteggere una religione, bensì un dialogo vero e costante, anche con i diversi da noi.

Senza ascolto non c’è crescita, e neppure difesa della religione. E ciò vale non solo per le religioni cristiane, ma anche per tutte le varie religioni presenti nella nostro mondo, cosa che, purtroppo, è ancora lontana da una realizzazione convinta.

Ma quello che manca all’uomo contemporaneo, è proprio l’atteggiamento dell’ascolto. Purtroppo, questa mancanza investe i nostri rapporti non solo con i diversi sul piano culturale e religioso, ma anche, e ciò è ancora più grave, i nostri rapporti con i vicini e con i compagni di vita.

Speriamo che non sia vero quello che alcuni psicoanalisti contemporanei vanno dicendo, che siamo entrati in una “demenza digitale” devastante e forse insanabile, proprio perché non c’è più neppure il desiderio di ascoltarci.

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