Visioni

Il nostro desiderio di futuro

Alfonso Pascale

La Pasqua risponde alle intuizioni, alle speranze di un destino umano aperto al futuro, viene incontro al nostro desiderio che la posa di una pietra tombale non sia l’ultimo atto della nostra esistenza. Ma non semplicemente per rassicurarci che tutto continuerà dopo la fine del tempo. La risurrezione di Gesù evoca il nostro bisogno di futuro, indicandoci qualcosa di concreto che avviene qui e adesso nella indistruttibilità dei gesti che noi compiamo; gesti di pace, di amore, di perdono, di amicizia, di onestà, di libertà responsabile.

Quando noi compiamo gesti di dedizione, non facciamo altro che attuare la Pasqua di risurrezione.

Queste azioni positive le dobbiamo, tuttavia, progettare e svolgere con passione.

Non sembri paradossale questa affermazione. La traduzione greca dei Vangeli ha indicato la sofferenza di Gesù con la parola “pathos”. E tale scelta del traduttore ci condiziona nel tenere insieme il duplice significato di questo termine: sofferenza, ma anche slancio e decisione di non fermarsi.

La pandemia con cui ci stiamo confrontando ci induce, invece, a fare ogni sforzo per connettere la passione, nel suo duplice significato, e la risurrezione.

In questi giorni siamo, infatti, immersi in una immane sofferenza che accompagna, muta e intensa, la perdita di vite umane. Un dolore destinato a protrarsi non sappiamo fino a quando. Una sofferenza che potrebbe unirsi – ci sono tutte le condizioni, se le sappiamo cogliere! – al ripensamento della nostra volontà di potenza, al suo autoridimensionamento e alla ri-consapevolezza della nostra fragilità.

Nel tempo di ora, il nostro bisogno di futuro, che lo spirito della Pasqua evoca, potrà essere ridisegnato solo recuperando la passione, intesa come slancio e interesse.

Per questo, auguro a tutti noi, credenti, non credenti e diversamente credenti, innanzitutto, un’esistenza costellata di riflessioni che riducano l’albagia nel considerarci padroni di noi stessi e, nel contempo, di capacità di pensiero più modesto sul finito. E poi una vita cosparsa di atti positivi, socialmente rasserenanti, di decisioni buone, eticamente rilevanti, di scelte definitive, responsabilmente assunte, che ci permettano di interiorizzare l’eternità e appagare il nostro desiderio di futuro.

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