Contrapporre il biologico al convenzionale è sintomo di una mancanza di laicità. E in questi tempi di nuove “guerre di religione”, l’abbandono di uno spirito critico e laico è diventato un pericolo che sta sempre dietro l’angolo.
Rispondendo alle osservazioni critiche di una agricoltrice biologica (QUI) alle affermazioni di un precedente articolo di Alberto Guidorzi (QUI), rinomato esperto della materia, il direttore di Olio Officina Magazine, Luigi Caricato, ricorda giustamente i meriti dei pionieri del biologico.
Con la loro opera visionaria essi contribuirono, infatti, a ri-creare tra gli anni Settanta e Ottanta una coscienza ambientale, la quale, durante la Rivoluzione verde, si era dispersa a seguito di scelte sbagliate nelle politiche pubbliche. Venne, infatti, sempre più ridotto il sostegno all’istruzione agraria, alle attività di ricerca e sperimentazione e a quelle divulgative.
La gran parte dei tecnici che uscivano dalle scuole e dalle facoltà di agraria venivano assunti in misura maggiore rispetto al passato nelle industrie produttrici di mezzi tecnici per essere adibiti alle attività di assistenza tecnica e di divulgazione agli acquirenti. E così gli agricoltori diventarono destinatari passivi di tecnologie senza potersi giovare di strutture pubbliche capaci di fare da filtro nel rapporto tra questi e le industrie produttrici di mezzi tecnici.
Oggi si è ri-costruita, in forme nuove e diffuse e scientificamente più aggiornate, una coscienza ambientale attenta alla sostenibilità delle risorse. Ma quando le ragioni delle agricolture multi-ideali diventano tutt’uno con le ragioni del marketing si perde di vista l’obiettivo iniziale: concorrere tutti ad una maggiore sostenibilità ambientale, economica e sociale in un quadro di regole condiviso e nel reciproco riconoscimento del pluralismo dei metodi produttivi liberamente adottati.
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