Visioni

L’olio chiede rispetto

Maria Carla Squeo

Credetemi, sono sincera. Io non sono un’esperta conoscitrice della materia prima olio da olive, come lo è il direttore Luigi Caricato. Sono una attenta consumatrice, ma senza mai addentrarmi in aspetti tecnici, relativi al piacere e all’analisi sensoriale in senso stretto.

Il giudizio di tutti, delle persone comuni, d’altra parte è molto semplice e diretto al riguardo: “mi piace, non mi piace”. Tutto qui, non si gira troppo intorno alla questione.

Tutti i comuni mortali si accostano all’olio proprio come fanno gli esperti assaggiatori quando si confrontano con altre materie prime alimentari che non conoscono. Cercano di capire, incuriositi. Solo che l’analista sensoriale ha uno strumento in più. Avendo assunto le tecniche di assaggio, si accosta con le medesime attenzioni che di solito riserva agli extra vergini, anche nei casi in cui si imbatte con prodotti differenti. Ha una capacità riflessiva e percettiva più allenata, ma, nonostante ciò, non è detto che l’approccio che dimostra di avere con l’olio possa vantarlo con la stessa sicurezza anche con altre materie prime alimentari o con bevande.

Da quanto ho compreso, le tecniche di assaggio rispondono sì a una logica comune, ma ogni alimento, o bevanda, si esprime e si delinea seguendo una propria personale logica e codificazione dell’atto dell’assaggio. E’ proprio per questo che non mi sono mai stupita del fatto che alcuni grandi professionisti del vino non riescano a cogliere l’essenza dell’olio. Può capitare, è capitato. Non è un problema.

La padronanza della materia prima è fondamentale. Per questo mi sono spinta a fare queste riflessioni da semplice consumatrice, seppure sia più addentro al prodotto olio extra vergine di oliva di altri. L’averne potuti degustare tanti mi ha facilitato. Proprio per questo sono convinta che tutti coloro che si dicono esperti, e lo sono senza dubbio, sicuramente avranno immagazzinato conoscenze su conoscenze: più degustano, più si allenano, meglio è.

Non è più sufficiente degustare i soliti oli sotto casa, quelli del vicino. L’aver avuto la possibilità di degustarne tanti, apprezzandoli, mi ha fatto capire che occorre avvicinarsi all’olio con la massima serietà. Per questo credo sia meglio essere prudenti, non mostrandosi mai troppo sicuri di sè, se non si conosce lo scenario completo delle produzioni, non solo nazionali.

Io, dunque, mi metto dalla parte del consumatore, e come tale chiedo maggiore chiarezza, meno formalismi, ma soprattutto più semplicità. L’olio, come ho potuto apprendere leggendo Libero Olio in libero Stato, di Luigi Caricato, è un prodotto semplice. Ecco, credo che non si possa perdere di vista questa dimensione di semplicità, e, in particolare, non possiamo perdere la necessaria e doverosa serenità di giudizio quando valutiamo gli oli.

Nell’ultimo periodo ho notato troppa enfasi assegnata alle ombre che attraversano il mondo dell’olio, con una informazione che sta trascurando le luci che attraversano l’olio e che in pochi sembrano invogliati a scorgere e a mettere in giusta evidenza.

C’è qualcosa che non va, mi sembra. Troppi i servizi televisivi e radiofonici che parlano solo di frodi, anzichè di esempi positivi e qualità. Senza poi dimenticare i giornali, anche questi intenti a riportare pensieri negativi, ma non a sforzarsi di scovare liete notizie, storie di agricoltori autentici, di imprenditori virtuosi e imprese modello.

Da consumatrice quale sono, e non da esperta, noto che si riserva ampio spazio al disorientamento, anziché all’orientamento verso la qualità, anche sensoriale. Forse c’è qualche meccanismo che non funziona.

A parer mio, il consumatore si attende certezze, non dubbi o paure. Perché allora non sforzarsi di educarlo al riconoscimento e apprezzamento della qualità?

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