Visioni

Le lobby agricole fingono di strapparsi le vesti

Alfonso Pascale

Alcuni dati per scansare i bluff di questi giorni nella discussione sul bilancio pluriennale dell’Ue. Innanzitutto stiamo parlando di mille miliardi in 7 anni. E la differenza su cui raggiungere un compromesso riguarda qualche decina di miliardi. Ma sentiremo parole grosse, minacce di veti, retoriche muscolari. E non ci sarà nessun conduttore di talk show che avrà imparato a memoria le cifre vere per ridicolizzare i battitori di pugni.

Se dovesse essere accettato il compromesso di Charles Michel, l’Ue costerà a ogni cittadino europeo 0,78 euro al giorno. Per noi italiani il saldo è molto vantaggioso. Spendiamo 0,78 euro al giorno, ma abbiamo un guadagno giornaliero di 4 euro grazie ai benefici derivanti dal mercato interno oltre che dai fondi che l’Italia riceve per l’agricoltura e la coesione.

Il nostro capo del governo tornerà trionfante dal Consiglio europeo. L’Italia infatti vedrà diminuire il suo contributo netto al bilancio Ue. Ma le ragioni del trionfo non vanno attribuite alle capacità negoziali della nostra diplomazia. Se l’Italia ci rimetterà meno degli altri, è perché semplicemente siamo diventati un paese più povero rispetto al resto dell’Ue. Il calcolo è meccanico. La diplomazia e la politica non c’entrano. Mentre le regioni dei paesi dell’est o di Spagna e Portogallo si sono arricchite, le nostre sono più povere. Risultato: il saldo netto annuale negativo per l’Italia dovrebbe ridursi, quando quello degli altri contributori schizzerà verso l’alto a causa del buco di bilancio creato dalla Brexit.

Le lobby agricole fingono di strapparsi le vesti per i tagli ai fondi destinati al settore. Ma non diranno a nessuno che il 73% di quei fondi finanzia la rendita e impedisce l’ingresso dei giovani. Basterebbe proporre che una parte di quei fondi vada a finanziare gli investimenti agricoli per il green new deal e gli agricoltori europeisti si metterebbero alla testa di quelli che vogliono condizionare i contributi destinati ai paesi del gruppo di Visegrad alla tutela dello stato di diritto. Invece combattono una battaglia di retroguardia per difendere lo status quo accanto alle democrazie illiberali. Ricordiamocelo in questi giorni.

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