Visioni

L’infinita, e inutile, diatriba tra quale olio sia il migliore

Chiara Di Modugno

Un ragazzo seduto a un tavolo di un locale, in procinto di consumare la sua cena, chiede alla cameriera dell’olio extra vergine di oliva greco. Il ristorante in cui si consuma la cena, però, si trova a New York e propone cucina italiana, di conseguenza l’Evo richiesto non è disponibile.

La scena che vi abbiamo presentato altro non è che un video, di pochi minuti, che ha raccolto la bellezza di 4,4 milioni di visualizzazioni su uno dei social più amati e diffusi dai giovanissimi, TikTok.

Forse perché sconcertati dalla discussione che è subentrata quando la cameriera ha proposto l’olio italiano al commensale, gli utenti hanno espresso numerosi commenti e considerazioni, e sono stati proprio questi ad aver catturato la mia attenzione.

Insomma, nessun dialogo costruttivo, ma frasi che non solo rivendicano l’olio italiano come il “migliore” (con quali elementi viene decretato così, poi?) ma addirittura si è innescato un confronto inutile in cui molti sostenevano che l’olio pugliese è molto più buono di quello toscano, siciliano, umbro che sia. O viceversa. Poi si leggono anche frasi in difesa dell’olio greco, mentre altri non credono che sia un olio valido, che non consumerebbero mai.

Credo sia davvero inevitabile che questo accada. Perché? Perché non disponiamo ancora di strategie di comunicazione ben strutturate, è evidente.

Riflettendo un solo istante, osservando come l’olio viene raccontato, proposto nei ristoranti, nei programmi culinari, o nelle piattaforme come Instagram, appare chiaro che questo prodotto soffra di poca considerazione, pochissima.

La scoperta dell’extra vergine come alimento, ma anche come marcatore culturale, di conseguenza, non può crescere. Se si rimane confinati a queste convinzioni totalmente infondate, come si può pensare che il consumatore approcci diversamente a tale prodotto?

Ciò di cui c’è bisogno sono gli strumenti giusti per veicolarlo e per far capire che le differenze territoriali non vanno demonizzate, ma accolte. Basti pensare a tutti i ristoranti etnici da cui siamo incuriositi e che non vediamo l’ora di provare, perché dovrebbe essere diverso per l’extra vergine?

Perché si accoglie con più facilità un vino francese o l’jamón ibérico rispetto a un olio proveniente da un altro Paese che non sia l’Italia?

Osservare i commenti – quasi ottomila – scritta da italiani, greci, spagnoli, tunisini mi ha fatto pensare che si potrebbe partire anche da qui, analizzando le lacune e strutturare una comunicazione efficace di risposta, che si apra ai consumatori e parli a loro.

D’altronde, se non a loro, a chi?

Lo sappiamo che non è facile, ed è per questo che Olio Officina si impegna in quanti più modi possibili di fornire i mezzi per conoscere l’extra vergine in tutte le sue forme, per apprezzarlo indipendentemente dall’origine.

A Olio Officina Festival, fin dai suoi esordi, vengono proposte sessioni di assaggio e di comparazione di oli provenienti da tutto il mondo, così come gli stessi interventi mirano a voler creare occasioni di dialogo e confronto, rispondendo a dubbi di varia origine, tutti leciti e accolti dai relatori.

E poi il Milan International Olive Oil Award, il concorso qualità ideato da Olio Officina e aperto a tutte le aziende, nasce con lo scopo di valorizzare le produzioni olearie mondiali.

Certo, il contest si rivolge ai produttori, ma il fine è quello di creare e diffondere consapevolezza tra chi l’olio lo acquista e lo consuma, divulgando non solo i risultati ma contestualizzando il motivo di tutto il lavoro che vi è dietro la sua realizzazione.

Non c’è, alla fine, un olio migliore di un altro. Ci sono prodotti che hanno una qualità migliore di altri, e altri ancora che stanno provando a crescere con l’ausilio di nuove tecnologie e della ricerca continua.

Un percorso lungo non significa che non abbia possibilità di concludersi con degli aspetti positivi, ma serve sicuramente molto, moltissimo lavoro perché questo accada, e osservare dei semplici scambi di commenti può essere davvero utile per capire da dove partire, quale approccio potrebbe rivelarsi più funzionale.

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