Visioni

Molti oli in commercio potranno risultare fuori legge

Adriano Caramia

Questo editoriale a firma di ADRIANO CARAMIA è frutto della collaborazione tra Olio Officina e Fimaa, la Federazione italiana mediatori agenti d’affari. Se interessati alle tematiche del mercato, vi invitiamo a iscrivervi alla newsletter dedicata cliccando QUI

In questi giorni si è diffusa una notizia nel settore degli oli di oliva che ha enormemente preoccupato tutti gli operatori.

Un documento della Commissione Europea (Standing Commitee on Plants, Animals, Foods and Feed – Section Novel Food and Toxicological Safety of the Food Chain 21/04/2022) ha definito i nuovi limiti per la presenza di Mineral Oil Hydrocarbons (MOHs) e Mineral Oil Aromatic Hydrocarbons (MOAH).

La preoccupazione è che i limiti sono ritenuti molto bassi e di fatto escluderebbero dalla commercializzazione molti degli oli oggi sul mercato (segnatamente oli di sansa di oliva, ma senza risparmiare altri oli anche di semi).

La Commissione raccomanda sia in procedura di autocontrollo che in procedura di ispezione degli organi preposti, il ritiro dal commercio dei prodotti irregolari; inoltre ha spiegato che la nuova norma sarà applicabile dal momento della pubblicazione del verbale della riunione del SC PAFF del 21 aprile 2022.

Non vogliamo scendere nelle questioni tecniche di analisi, di indirizzo politico e sanitario della questione. I comitati scientifici e parlamentari avranno senz’altro approfondito gli aspetti salienti della materia e il preminente principio della salvaguardia della salute dei cittadini europei non può essere posto in discussione.

L’aspetto inquietante è che si ha la percezione di vivere in un sistema economico che per produrre inquina e/o contamina. Seppure ci si è dati degli obiettivi a medio e lungo termine per la riconversione di varie fasi di questo sistema produttivo (emissioni di gas inquinanti, abolizione sostanze tossiche nell’agricoltura, proibizione materiali nocivi alla salute, ecc.) il modo più veloce per mostrare delle decise prese di posizione è sanzionare i comparti produttivi e distributivi delle merci.

Ovverosia, la componente, che ha semplicemente il compito di trasformare e proporre agli utenti finali i prodotti, dovrebbe accollarsi tutte le criticità (che semplicemente chiamiamo sequestri, sanzioni, declassamenti se non distruzione di gran parte dei loro prodotti in magazzino) di un sistema che ha sì le tecnologie scientifiche, anche se spesso non coordinate fra i vari Paesi, per accertare le potenziali fonti di alert sanitario, ma che non ha ancora le capacità per produrre in maniera più aderente a quei principi di salvaguardia della salute pubblica che prima citavamo.

Se le raccomandazioni del documento fossero immediatamente esecutive, di punto in bianco migliaia di tonnellate di merci sarebbero fuori legge, con immaginabili conseguenze per tutti gli attori delle varie filiere.

Immediatamente si sono aperti tavoli di confronto, richieste di chiarimenti e ovviamente sono intervenute precisazioni che hanno di fatto (al momento in cui scriviamo) rinviato decisioni a tempi futuri, dopo il compimento di ulteriori step sia tecnici che politici.

Ma la cattiva abitudine di proporre limiti e sanzioni prima che ogni aspetto delle varie questioni venga appurato e reso omogeneo in tutti gli Stati permane.

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