Visioni

Quale olio può rappresentare l’identità pugliese

Massimo Occhinegro

La domanda da porsi è: quale olio può rappresentare l’identità geografica della Puglia.
Per rispondere, sarà necessario raccogliere tutta una serie di informazioni tra cui le caratteristiche organolettiche e chimico-fisiche di un mix di oli provenienti dai territori che vanno dal Gargano fino all’estrema punta del Salento.

Una Igp fondata sui parametri del nord barese non potrà essere rappresentativa della Puglia, sarà difficile riuscire a legarla al territorio e soprattutto potrebbe portare alle seguenti problematiche:

1) escluderebbe importanti produzioni regionali;

2) limiterebbe l’uso di oli provenienti da vaste aree come quelle della provincia bassa del barese ma anche del tarantino e del Salento;

3) non avere buoni riscontri sul fronte dei mercati di sbocco, tanto a livello nazionale che internazionale.

La tendenza attuale è quella di prendere come riferimento l’area più vocata a impianti intensivi e irrigui del nord barese, con l ‘assurda pretesa che quelle aree escluse o limitate possano assurgere all’alta qualità del barese, giudicando come incapaci, i produttori e frantoiani di queste aree.

Ma la realtà è invece quella di avere vaste aree con ulivi secolari con alberi che non possono peraltro essere espiantati per legge regionale e che quindi non possiamo escludere dal territorio pugliese.
Una qualità che potrà in futuro essere migliorata, ma solo in virtù di una affermazione del giusto valore lungo la filiera.
Per poter ottenere tale obiettivo sarà necessario disporre di competenze manageriali che fino ad oggi non sono mai state nè cercate e nè sfruttate.

Se è auspicabile, specialmente con l’arrivo di fondi, la realizzazione di nuovi investimenti in impianti intensivi ma anche superintensivi, non possiamo dimenticare che il territorio pugliese non consente uno sviluppo elevato per limiti territoriali e colturali.

Non dimentichiamo, inoltre, che vaste e diffuse aree, specie nel Salento, sono state oggetto di investimenti spesso di natura speculativa, con la realizzazione di impianti di energia solare.
Pertanto, qualora si perseguisse la strada di parametri molto restrittivi, questi sarebbero più da Dop che non da Igp, sarebbe dunque una denominazione non “democratica” e molto limitata rispetto alle quantità e qualità espressive del territorio.

In ultimo, una qualità eccessivamente elevata porterebbe alla realizzazione di un olio con caratteristiche eccessivamente piccanti e amare adatte ad un consumatore di nicchia.
La Puglia non può e non deve essere equiparata alla Toscana, in questo caso, giacché le quantità, soprattutto, sono molto diverse.

Dobbiamo pertanto realizzare una Igp Puglia che sia espressione dell’intero e variegato territorio, e che abbia dei buoni parametri, sia organolettici, sia chimici, ma che non sia l’eccellenza.

Per il resto, sarà fondamentale investire sul brand, creando una immagine adeguata che possa dare la giusta remunerazione alla filiera.

Un approccio al mercato per tutta la filiera. Ecco cosa occorre.
Alcuni parametri non possono essere presi come riferimento e adottati per tutto l’anno. L’olio ha un suo naturale processo di decadimento, che non può non essere adeguatamente considerato. Occorre dunque essere realistici e concreti.

Non il miglior prodotto dell’eccellenza, che potrà pur essere fatto e adeguatamente promosso a livello individuale, ma un prodotto fruibile per il produttore e per il consumatore mondiale.

Per le eccellenze esistono le Dop che possono essere portate al traino della Igp Puglia, come ulteriore espressione di territori più limitati, e che possono riguadagnare la giusta remunerazione, se adeguatamente supportate da piani di marketing pluriennali sviluppate nell’ambito della Igp.

Competenza e professionalità sono le parole d’ordine della futura Igp Puglia, e questo a partire dalla sua gestazione.

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