Visioni

Serve coesione e perseveranza

Alfonso Pascale

La Russia risulta essere la grande perdente di una guerra da essa stessa voluta, invadendo l’Ucraina. Mentre la Nato – l’obiettivo principale contro cui Putin combatte – ne esce sostanzialmente rafforzata. Vittima del proprio avventurismo, lo “zar” ha finito per ottenere risultati opposti a quelli che si prefiggeva.

L’annessione di fatto dell’Ucraina è miseramente fallita e l’esercito russo ha mostrato tutti i suoi limiti. Invece di indebolirla e tenerla a distanza, l’invasione russa ha fatto sì che la Nato, definita in “stato di morte cerebrale” dal presidente francese Macron nel novembre 2019, rinascesse dalle sue ceneri e si ampliasse a Svezia e Finlandia. Inoltre, i suoi membri hanno annunciato un sostanziale aumento delle spese militari.

Sul piano economico, per la Russia la situazione è addirittura peggiore. Le sanzioni hanno provocato una severa recessione nel Paese, che continuerà anche nei prossimi anni. Si prevede, per il 2023, una contrazione del Pil russo dell’11%.

Più grave ancora, l’embargo sui prodotti ad alta tecnologia e sui pezzi di ricambio, congiuntamente alla partenza delle gran parte delle imprese occidentali e giapponesi e alla fuga di cervelli, produrrà una nuova lunga stagnazione che si aggiungerà a quella già conosciuta dalla Russia tra il 2014 e il 2021.

In particolare, la perdita annua per i produttori di metallo sarà di 5,7 miliardi di dollari. Inoltre, il limitato accesso ai pezzi di ricambio per gli aeroplani prodotti fuori dai confini nazionali (che garantiscono il trasporto del 95% dei passeggeri) potrebbe portare ad una riduzione della flotta aerea. Infine, le persone specializzate del settore IT che potrebbero lasciare la Russia entro il 2025 sono 200 mila.

Una stagnazione protratta nel tempo lascerà al Paese meno risorse disponibili per finanziare la guerra e, nel medio periodo, potrebbe provocare generale malcontento tra la popolazione.

Tutto questo porterà ad un ulteriore declino geopolitico e geo-economico del gigante eurasiatico, che per evitare il collasso dovrà dipendere in misura crescente dalla Cina.

Durante la Guerra fredda, il Cremlino considerava la Cina comunista la sua “cugina più povera”. Oggi la Russia – isolata e indebolita – sta scivolando inesorabilmente nel ruolo di “partner minore” di Pechino. Infatti, il renminbi cinese potrebbe diventare la valuta di riserva de facto per la Russia anche senza essere completamente convertibile. E tale situazione potrebbe aumentare la dipendenza di Mosca dalla Cina. Il mercato russo, rimasto privo di molti prodotti europei, potrebbe negli anni a venire essere invaso ancor più dai beni e dalla tecnologia cinesi.

Serve ora rafforzare ulteriormente la coesione e la perseveranza dei Paesi occidentali. Solo così Putin, già indebolito, ci penserà due volte prima di aprire un altro fronte. E anche la Cina comprenderà che invadere Taiwan avrebbe un costo molto alto.

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