Visioni

Via da un’Italia senza speranza

Felice Modica

Giorni fa sono andato a caccia in alta collina – territorio di Noto ma a circa 600 mt slm – e ho assistito ad una scena crudelmente istruttiva.

Dunque, una vacca aveva appena partorito due vitellini in aperta campagna. Del primo restavano solo la testa e una parte di carcassa: il resto era stato evidentemente divorato dai cani rinselvatichiti. Il secondo se ne stava immobile, a ridosso di un muro a secco, più morto che vivo. Neanche la madre godeva di buona salute. Ancorché, molto comprensibilmente cercasse di incornare il mio pacifico epagneul breton, mostrava gli evidenti segni di un prolasso dell’utero e la conseguente necessità di pronto intervento veterinario (o, forse meglio, dell’abile manipolazione di un indiano o pakistano, con queste cose, assai più in gamba di un medico inesperto…). Ecco, nella brutta scena, sintetizzati alcuni fra i peggiori elementi del vecchio e del nuovo. L’allevamento brado senza controllo né organizzazione, retaggio arcaico di una estinta civiltà contadina; le mute di cani feroci, figlie dell’odierna inciviltà, come l’abbandono delle campagne.

Ebbene, anche il contadino-allevatore che, in queste contrade, parafrasando Sciascia, “strappa avarissimo pane alla terra”, il 26 Gennaio del 2015 dovrà pagare l’IMU. Nonostante si trovi in una zona montana.Questo, in quanto la sede del comune di Noto è al di sotto dei 281 mt slm. A nessuno dovrebbe sfuggire l’assurdità della cosa, tranne che al legislatore. Forse si potrebbe ovviare spostando in un luogo più elevato la sede ufficiale del Comune, oppure innalzando un’altissima colonna sulla quale installare l’ufficio di gabinetto dell’attuale e dei sindaci a venire. Un sindaco stilita non risolverebbe il problema, ma sarebbe una sicura attrattiva turistica…

Scherzi (amari) a parte, Noto ha un territorio di 550 km2, il quarto d’Italia, dopo Roma, Ravenna e Cerignola. Questa patrimoniale (non vedo perché non si debbano chiamare le cose con il loro nome) ne fa un caso nazionale e rischia di assestare un colpo durissimo alle locali attività produttive. Anche il boom turistico conosciuto negli ultimi anni con decine e centinaia di europei e italiani del nord “scesi” qui ad acquistare case e terreni, attratti dal miraggio di un buen retiro mediterraneo, subirà una inevitabile battuta d’arresto. A questo dovrebbe pensare un’Amministrazione comunale, magari al momento ingolosita dalle prospettive di rimpinguare le proprie esauste casse coi proventi dell’IMU dei poveri… Con l’attuale, già intollerabile pressione fiscale, l’IMU sui terreni agricoli di una zona svantaggiata sarà la goccia che farà traboccare il vaso. O se, preferite, il colpo alla nuca per un’economia disastrata. Che il gettito di questa imposta serva al reperimento dei famosi 80 euro renziani è insieme grottesco e tristissimo, come tutte le guerre tra straccioni.

Da registrare che la locale rappresentanza politica e sindacale, di qualsiasi colore (non si capisce perché gli agricoltori debbano per forza essere iscritti a un sindacato per ricevere le quote Agea, ovvero le fleboclisi che si somministrano al malato terminale…) non ha sollevato il problema o, se lo ha fatto, nessuno se n’è accorto. Il che costituisce causa di ulteriori rabbia e amarezza.

Da vecchio liberale, liberista, libertario e, perché no, anche libertino, mai mi sarei sognato di scriverlo, ma adesso lo faccio: accetterei anche una patrimoniale. Giusta, però. Studiata allo scopo di colpire eccezionalmente gli immobili che producono un reddito vero. Se questo servisse veramente a rimetterci in riga e a salvare l’Italia, sarei disposto a mangiare pane e cipolle per alcuni anni (sempre che l’uno e le altre possano ormai considerarsi alimenti a buon mercato…). Il fatto è che, con le attuali classi dirigente e politica, ogni maggior gettito (peraltro tutto da dimostrare) corrisponderà sempre e soltanto all’impoverimento dei contribuenti, non alla riduzione del debito o al rilancio dell’economia.

Siamo amministrati, con poche eccezioni, da incapaci o, peggio, da ladri incapaci e assegnare loro nuove risorse, significa soltanto incentivarne pericolosamente le fantasie dissipatrici. Senza un cambiamento radicale, una “rivoluzione”, che forse potrà esserci solo dopo che avremo tutti toccato il fondo, non c’è futuro. Andrei via dall’Italia, se potessi. Senza rimpianti e senza voltarmi indietro. Ma continuo a lavorare qui, col massimo impegno, anche se il mio cuore è altrove.

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