Economia

Cosa e quanto si produrrà nelle aree olivicole del Mediterraneo?

Le previsioni sono sempre utili, seppure in quanto tali aleatorie, finché il raccolto non è al sicuro. Le stime di produzione in questo periodo diventano come si può immaginare molto importanti, anche perché tracciano i possibili scenari delle disponibilità di qualità e quantità, con i relativi prezzi per gli scambi commerciali. Che olivagione sarà in Spagna, Portogallo, Grecia, Italia, Turchia, Tunisia, Marocco e nei restanti Paesi?

Adriano Caramia

Cosa e quanto si produrrà nelle aree olivicole del Mediterraneo?

La nuova campagna oleicola sta per esordire e, come ogni anno, i vari operatori del settore cercano di indagare e capire l’entità delle produzioni prossime, al fine di poter delineare gli scenari di prezzo e di disponibilità delle qualità e quantità per gli usi commerciali delle proprie aziende. È un rito, questo, che negli ultimi anni sembra avere acquisito un valore di estrema importanza, anche perché il ridondare delle notizie travolge tutti, in una sorta di loop mediatico.

La conca del mediterraneo è ormai un luogo nel quale la produzione dell’olio di oliva ha molti aspetti comuni, che vanno dalle nuove tecnologie alle nuove varietà impiantate, dalle strategie commerciali alle quotazioni di mercato. Il tutto nelle naturali distinzioni di provenienza delle varie qualità. Perciò, è importante considerare le previsioni di raccolta in un ambito (almeno) comunitario, al fine di avere una idea complessiva dei punti di partenza della nuova campagna olearia.

Si parte dalle scorte di raccordo fra la vecchia e la nuova produzione. La Spagna, paese capofila, avrà al 30 settembre una giacenza (fra le merci detenute dagli industriale confezionatori e commercianti, sommate a quelle nelle mani delle cooperative e produttori privati) pari a circa 490 mila tonnellate.

Il prezzo relativamente basso degli oli di oliva per la campagna in via di conclusione ha dato una spinta alle vendite, nonostante le contingenti situazioni di difficoltà economica dovute soprattutto al fenomeno della pandemia in atto.

La produzione spagnola del corrente anno sarebbe dovuta essere eccezionale, anche perché nella ciclica riproposizione dei raccolti, avrebbe fatto seguito ad una annata mediocre (usiamo tale termine ben considerando che un raccolto di 1.120.000 tonnellate circa dell’anno 2019/2020 un ventennio addietro sarebbe stato valutato come eccezionale e invece oggi, alla luce dei nuovi impianti olivicoli posti in essere dagli operatori agricoli spagnoli, passa per una produzione chiaramente scadente nelle quantità).

I presupposti per un raccolto abbondante sono però mano a mano venuti meno, in relazione ad una annata non ricca dal punto di vista delle piovosità.

Siamo tutti nell’attesa di leggere i dato delle previsioni ufficiali della Giunta dell’Andalusia (cosiddetto Aforo); ma è sentire comune del mondo oleario iberico che la produzione avrà un baricentro che ruoterà intorno ad 1.550.000 tonnellate. Una percentuale del 10% in più o in meno sarà in funzione delle tanto agognate precipitazioni di inizio autunno (che per ora, però, continuano a latitare) le quali determineranno le rese in olio delle olive. Sperando che le piogge giungano in tempo e non quando il processo di inolizione sarà già terminato.

È ovvio che gli uliveti non irrigui (secano) risentano maggiormente della mancanza di acqua. A tale proposito, occorre sempre ricordare che, nonostante i terreni irrigui aumentino di anno in anno, la proporzione complessiva dei circa 2.650.000 ettari di uliveto spagnoli (comprendendo sia quelli per olive da tavola che quelli per olive da frangitura, nonché quelli in stato di abbandono) risulta essere poco meno di due terzi non irrigata e il resto irrigata.

Il Portogallo, prossimo alla Spagna sia come localizzazione geografica sia come direttrici di mercato, risente della stessa crisi di piovosità, soprattutto nella zona dell’Alentejo, che è quella di maggiore concentrazione della produzione.

La previsione si attesta sulle 100.000 tonnellate circa, con riporti non eccessivi. È il primo paese a produrre in maniera importante e le sue merci affluiranno nei depositi delle aziende spagnole ed italiane con le rinomate qualità dell’Arbequino ed Arbosana, e daranno la prima indicazione di prezzo dell’annata. In verità, come sempre, il mercato portoghese sul futuro ha già dato indirizzi con una serie di vendite per merci da prodursi, ma quest’anno occorre dire che gli operatori sono stati molto più prudenti nell’esporsi con vendite allo scoperto, con il rischio di dover consegnare merce con un mercato in deciso aumento.

Oggi le vendite per novembre-dicembre (lasciando stare ottobre che rappresenta una specie di torneo al rialzo per l’aggiudicazione dei novelli) propone linee di prezzo intorno a 2,40 – 2,60 euro per chilogrammo franco partenza. Ovviamente più la consegna è anticipata più alto è il prezzo. Non vengono comunicate situazioni di particolare presenza di mosca, né di altri agenti patogeni.

La Tunisia, invece, viene da una annata record per la produzione oleicola. Ha quasi sfiorato le 400.000 tonnellate di produzione. Una seconda parte di periodo di frangitura ha visto un innalzamento delle rese nelle parti centro-sud del paese, specie nel circondario di Sfax. Tutto ciò ha sensibilmente dilatato le stime iniziali, che prevedevano 350.000 tonnellate circa di prodotto.

Questa enorme quantità di oli ha visto una massiccia esportazione (dall’1 novembre 2019 al 31 agosto 2020 si sono esportate circa 320.000 tonnellate, con destino principale Spagna, Stati Uniti ed Italia).

Il consumo interno ed altri tre mesi di esportazione vedrebbero azzerate quasi del tutto le giacenze di olio. Quindi si arriverà alla nuova campagna con magazzini vuoti. Anche qui la ciclicità delle produzioni fa comprendere che la prossima sarà una raccolta molto più piccola della precedente, con una stima di 150.000/180.000 tonnellate.

Ciò nonostante, le piogge del mese di settembre pare abbiano ben irrigato le campagne tunisine. Lo stato vegetativo delle piante è sano, quindi si attendono buone qualità. Possiamo dire che le regioni del Sahel e di Kairouan presentano una buona produzione, a seguire quelle di Sidi Bouzid e Gafsa, quindi Sfax e poi Tunisi. Inizio della produzione verso i primi di novembre.

Il Marocco ha una grande tradizione olearia ed ha una peculiarità: ha un consumo interno molto elevato, anche grazie all’industria conserviera del pesce, cardine dell’economia del paese atlantico. Inoltre è fiorente la filiera delle olive da tavola. Quest’ultime, ove per calibro e condizioni del frutto non fossero idonee a tale scopo, verrebbero dirottate alla frangitura, con aumento delle quantità attese di olio. La produzione sarà media – buona, seppure in talune zone sono necessarie piogge ulteriori.

La stima complessiva sarà di circa 140.000 ton, con qualche decina di migliaia di tonnellate destinate all’esportazione. Sempre che i prezzi lo permettano, considerata la linea delle quotazioni dello scorso anno che hanno visto la origine marocchina svantaggiata rispetto agli altri paesi extra comunitari. A meno che non intervengano origini preferenziali che permettano, verso alcuni paesi, l’esportazione senza dazi.

La Grecia negli ultimi giorni è teatro di precipitazioni molto intense, specie nel Peloponneso e nella parte centrale del paese. Meno nell’isola di Creta. Si parte con stock intorno alle 40/50.000 tonnellate. È una cifra consistente, anche se è molto frammentata fra innumerevoli piccoli produttori proprietari dell’olio. Pertanto non vi è una pesantezza di mercato dovuto a ciò. Le qualità di questi lotti sono per lo più vergini e lampanti, con pochi extra.

Le stime di produzione prevedono un quantitativo che si aggira sulle 240.000 tonnellate, con la solita incognita riguardo alle rese e alle ultime impegnative prove che gli alberi dovranno affrontare (attacchi di mosca, cascole per intensi e ripetuti venti di scirocco). Sono eventi che nelle ultime stagioni hanno purtroppo segnato il destino della produzione cretese, ad esempio.

Quest’anno le cose sembrano andare meglio. Anche qui le piante sono in salute e l’attacco della mosca risulta molto contenuto. Si spera che alle correnti giornate di pioggia non facciano seguito innalzamenti di temperature che possano favorire l’insorgere della famigerata mosca. Buona la quantità e qualità per Creta (80/90.000 tonnellate), pari importo e situazione per il Peloponneso. Grecia centrale e le isole minori non presentano una eccellente produzione.

Sembra che vi sia un anticipo nell’inizio delle operazioni di raccolta di circa due settimane.

La Turchia, entrata a far parte ormai del novero dei principali paesi produttori al mondo, dovrebbe garantire un raccolto di circa 200.000 tonnellate, al quale si sommerebbero poco meno di 50.000 tonnellate di riporti dalla campagna precedente. Si attendono piogge ulteriori per migliorare la situazione complessiva.

Nella regione di Akhisar, ad una ottantina di chilometri da Izmir, campagna eccellente sia per le quantità sia per le qualità, anche se molta parte è destinata ad olive da tavola. Una media produzione ad Izmir, Aydin e Mugla. Parte della produzione siriana, quel poco che il martoriato paese medio orientale potrà raccogliere, verrà esportato attraverso la Turchia. Ciò aumenterebbe, verosimilmente, la quantità disponibile turca di circa 30.000 tonnellate.

Occorrerà aggiungere gli altri paesi (Egitto, Algeria, Cipro, Slovenia, Francia, ecc.) i quali o hanno produzioni non significative o hanno modesta capacità di penetrazione nei mercati europei, per cui non vengono condizionate le dinamiche di mercato.

Per quanto attiene l’Italia, ci rimettiamo alle stime espresse dalla Coldiretti le quali parlano di 287.000 tonnellate, sebbene personalmente riteniamo che debbano essere riviste sensibilmente al ribasso. Ma auspichiamo che possano compiersi.

Il tutto allo stato attuale dei fatti.

La foto di apertura è di Lorenzo Cerretani

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