Economia

I fermi in Dogana mandano in tilt l’import-export degli oli

Non è affatto semplice commercializzare gli oli da olive, in particolare l’olio extra vergine di oliva. Sono infatti troppi, e il più delle volte anche esagerati, i pur legittimi quanto doverosi controlli. Tale attività, quanto mai utile e preziosa, è tuttavia gravata da una esasperante burocrazia, la quale, anziché favorire il commercio degli oli, riesce con grande successo nell’ingrato compito di generare cospicui danni economici e di immagine alle imprese e al prodotto. Non sarebbe forse il caso di snellire le operazioni e rivedere e semplificare le logiche dei controlli?

Luigi Caricato

I fermi in Dogana mandano in tilt l’import-export degli oli

Da tempo gli operatori del settore avvertivano come il peso di una zavorra, o, meglio ancora, di una insostenibile spada di Damocle dall’esito quanto mai incerto.

Cosa accadrà ai nostri oli? – si chiedono. Passeranno, non passeranno? I controllori dal canto loro si sentono padreterni pronti a sentenziare, decidendo, talvolta anche in maniera discutibile, ciò che va da ciò che non va. Basta prendere l’esempio della grande incognita rappresentata dalla valutazione sensoriale: sembra che si precipiti in un abisso senza fondo. In Brasile, per esempio, non sono poche le aziende che hanno dovuto risolvere grossi problemi in dogana. I nasi dei panelisti sembrano cerbottane pronte a sputare giudizi come fossero valutazioni assolute. Ormai il panel test è diventato un’arma contundente, utilizzato con troppa disinvoltura, soprattutto in quei Paesi che si confrontano da poco con il prodotto olio da olive.

Nessuna azienda viene esclusa da quel senso di inquietudine che nasce dall’imponderabile, da una situazione di costante pericolo, indistinto e imprevedibile, che grava in maniera intimidatoria sulle teste di ciascuna impresa proprio come una spada di Damocle. E non è affatto un rischio incombente da poco, considerando che questa terribile minaccia riguarda tutte le imprese importatrici ed esportatrici con esiti talvolta disastrosi, non soltanto per via di controlli macchinosi afflitti da un eccesso di burocrazia, ma anche per una visione distorta nell’esercizio stesso dei controlli.

In alcune Dogane le problematiche sono enormi, con danni economici altrettanto giganteschi. Tra gli addetti ai lavori se ne parla, certo, ma nessuno trova il coraggio di esprimere a voce alta questo diffuso senso di malessere. Di fronte agli organi istituzionali si ha sempre il timore di essere presi di mira, con grave nocumento per l’azienda. I blocchi doganali di interi container disposti a seguito del prelevamento dei campioni da sottoporre ad analisi, unitamente alle lungaggini dei controlli, determinano di fatto un danno mai equamente ripagato. Non sono pochi gli operatori che attendono perfino mesi senza nemmeno la sicurezza di ottenere un adeguato ricovero dei container, onde garantire la stessa stabilità degli oli, anche se in realtà nel frattempo trascorrendo i mesi la qualità degli oli non migliora di certo.

Veniamo all’Italia. Qualcosa si sta cercando di fare, indubbiamente, ma c’è poca fiducia sugli esiti, tanto più che l’attività di controllo subisce una esasperante macchinosità burocratica di non facile interpretazione. A leggere la recente Circolare dell’Agenzia delle Dogane n. 232023 del 17 novembre 2023, si intravede quanto meno la volontà di porre rimedio alle tante anomalie.

Si legge tra l’altro questo passaggio che ci sembra incoraggiante: “si ritiene necessario, al fine di evitare eccessiva discrezionalità da parte del singolo addetto al controllo, che l’elevazione sia soggetta a preventiva autorizzazione, ancorché formalizzata mediante scambio di mail, da parte di un suo superiore gerarchico. Ovviamente, nel formulare tale richiesta, dovrà essere data motivazione facendo riferimento agli elementi scaturiti dal controllo documentale effettuato”.

Sempre nella circolare citata si legge un altro passo importante: “il mancato svincolo delle merci ha un notevole costo economico per gli operatori (magazzinaggio, perdita degli slot prenotati sugli aerei, ritardo nelle consegne e penali contrattuali, ecc.) che, qualora non adeguatamente motivato, rischia di creare danni economici all’Agenzia in conseguenza di eventuali contenziosi per risarcimento”.

Così, “a titolo precauzionale, considerata in ogni caso la responsabilità degli operatori commerciali, in presenza di svincolo ex articolo 194 CDU – in attesa del risultato degli accertamenti tecnici- documentali , si dispone che lo stesso sia corredato da una nota della dogana che renda edotto l’importatore delle responsabilità, anche di natura penale, connesse alla messa in commercio di un prodotto che potrebbe risultare differente rispetto a quanto dichiarato a seguito dei risultati delle analisi di laboratorio”.

Tutto condivisibile, per carità, ma è evidente che resta sempre da considerare la complessa natura del prodotto, soggetto com’è a una difficile interpretazione. Si prenda l’esempio del parametro degli steroli, che tanti problemi sta causando perfino negli oli extra vergini di oliva di alto profilo qualitativo, senza per questo trascurare il fatto che con olivagioni climaticamente così complesse – come quella attuale, o come la precedente – i problemi che emergono dall’esame degli oli in commercio sono davvero numerosi.

A lasciare uno spiraglio di speranza, è che i rappresentanti dell’Agenzia delle Dogane si sono quanto meno impegnati a riconsiderare le modalità dei controlli, anche perché non ha alcun senso evitare di individuare soluzioni adeguate e tempestive, per iniziare a risolvere soprattutto le lungaggini delle operazioni di controllo.

La questione delle Dogane, non solo quelle italiane, resta comunque una mina vagante, anche perché si trascura il fatto che i commerci degli oli da olive sono diventati sempre più ingarbugliati e tortuosi da un lato per l’eccesso legislativo che contraddistingue il prodotto, dall’altro per una materia prima soggetta a continui tentativi di frodi, soprattutto in tempi in cui vi è carenza di prodotto. In tutto ciò resta l’irrisolto nodo critico rappresentato dal panel test, che non pochi problemi e incertezze riserva al settore.

Le responsabilità per questa situazione così estremizzata? Certamente non sono imputabili a una sola parte, a chi effettua i controlli. Per far fronte a questo stato di impasse occorre senza dubbio rivedere a livello internazionale le logiche interpretative degli oli. Utilizzare per esempio il panel test come discriminante merceologica non è stata affatto una buona soluzione, vista anche la precarietà di un corpo vivo qual è l’olio ricavato dalle olive, soggetto per sua natura a perdere le caratteristiche originarie, anche solo per una non idonea gestione da parte degli spedizionieri e della catena distributiva, e vista anche l’evidente contraddittorietà di giudizio espressa dai differenti gruppi panel nei confronti di un medesimo olio.

La questione è difficile da affrontare, è giusto riconoscerlo, ma va affrontata presto e bene, senza penalizzare le imprese e senza gettare ombre funeste sul prodotto, come spesso accade.

In apertura, foto di Olio Officina

TAG:

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui

Commenta la notizia