Il Metodo Berio per l’olio
Il mercato dell’olio da olive in Italia sembra non avere grandi prospettive, si presenta maturo e anche un po’ ingessato, senza grandi slanci. Eppure il Gruppo Salov ha ritenuto opportuno sfidare questa fase negativa e presentarsi con una gamma di quattro oli di fascia alta ma a prezzi accessibili, lanciando uno storico marchio, Filippo Berio, ledaer nel mondo ma sconosciuto in patria
Ci sono imprese storiche come Salov – acronimo di Società anonima lucchese olio e vino – che tutti ormai conoscono, magari non direttamente con il nome dell’impresa, ma con il marchio di riferimento. L’olio Sagra, per esempio, con il celebre olio extra vergine di oliva “Bassa Acidità”, e con le altre referenze.
Succede anche che, nonostante la fama e la significativa presenza sul mercato da parte di Salov, non tutti ne conoscano così a fondo l’azienda, visto che sono in tanti a ignorare, a parte gli addetti al settore, l’esistenza di un altro marchio storico e di grande lustro qual è Filippo Berio.
Ebbene, ora, il Gruppo Salov, tra i più grandi gruppi oleari del mondo, che proprio nel mese di ottobre celebra il proprio centenario, ha deciso di presentare in Italia un marchio che è invece conosciutissimo all’estero: Filippo Berio.
Facciamo un breve percorso a ritroso, per chi ne ignora i passaggi. La società che oggi conosciamo come Salov nacque ufficialmente a Lucca il 14 ottobre del 1919. A dare vita all’impresa fu Dino Fontana, insieme con altri imprenditori lucchesi come lui. Allora valeva il nome per esteso: Società anonima lucchese olio e vino. Salov, appunto.
Tra i fondatori vi era tra l’altro Albertina Berio, figlia e unica erede di Filippo Berio, una figura imprenditoriale che godeva di grande considerazione per aver dedicato con grande successo la propria vita all’olio di oliva. In quell’epoca, tanto per intenderci, non esisteva ancora l’olio extra vergine di oliva.
Filippo Berio creò un approccio nuovo con l’olio. Egli aprì le porte della propria azienda ai mercati internazionali, portando avanti una cultura di prodotto che nel periodo in cui visse non apparteneva ancora a tutti, ma solo a una ristretta élite. Il suo impegno assegnò all’olio ricavato dalle olive un ruolo sempre più di primo piano. Ed ecco dunque il riferimento a quell’illuminato e preveggente imprenditore che portò la città di Lucca a essere conosciuta in tanti paesi proprio per il suo pregiato olio, molto apprezzato per le sue qualità organolettiche, e che ancora oggi, attraverso il marchio “Filippo Berio”, rimane tra i più solidi punti di riferimento.
Cosa è successo però nel frattempo? In Italia – sembra un paradosso, ma è la realtà – sono in pochi a conoscere il marchio Filippo Berio. Semplicemente perché non lo si trova in commercio. Almeno, fino all’altro ieri. Già, perché ora Salov, proprietaria del marchio, intende presentarlo, lanciarlo e promuoverlo sugli scaffali dei punti vendita in Italia. Filippo Berio si affaccia così sul mercato italiano come fosse completamente un marchio nuovo. È una vera sfida, sul piano commerciale. La struttura aziendale è però ben collaudata e le priorità sono incentrate tutte sulla selezione del prodotto. Si punta a livelli alti.
L’ad Fabio Maccari
Intanto dietro a Salov c’è anche una struttura agricola, con ben 75 ettari di oliveto, un frantoio e, soprattutto, l’attenzione alla sostenibilità, come ha osservato di recente Fabio Maccari, il ceo di Salov. Ho infatti partecipato lo scorso 25 settembre all’incontro di presentazione del progetto a Villa Berio, che ha suscitato tra l’altro grande curiosità e interesse da parte della stampa convenuta. Maccari crede fortemente nel progetto, lo si è visto da come ne ha parlato. Per lui è un settore molto conosciuto, visto che ha alle spalle trascorsi importanti nel campo dell’olio, un’esperienza che fa sempre la differenza. Ecco allora l’idea di lanciare il cosiddetto “Metodo Berio”. Prima di capire in costa consiste, vi riporto alcune utili informazioni.
Mauro Tosini, direttore commerciale di Salov, illustra lo scenario in modo molto efficace: “gran parte del fatturato è all’estero, siamo presenti in 75 Paesi, in Usa al secondo posto, e tre anni fa è stata aperta una filiale in Russia e Salov con Filippo Berio è la marca più diffusa”. La vocazione verso il mercato estero è dunque nel Dna dell’azienda, soprattutto con il marchio che in Italia non si conosce: Filippo Berio.
Considerando la forza di un marchio storico così prestigioso all’estero, il gruppo dirigente di Salov ha deciso di riportarlo in Italia, dove è nato. “In Italia Filippo Berio non ha spazio, da qui l’idea di riportarlo in Patria”, ha sostenuto Tosini. “Accanto a Berio, una novità per l’Italia, l’intenzione dell’azienda è di rilanciare anche il marchio Sagra”.
Già, l’olio Sagra. Tosini ha evidenziato anche un aspetto poco conosciuto di Sagra, che è “l’unica marca milanese di olio di oliva”. Infatti risale al 1959 la nascita dell’olio Sagra. La società farmaceutica Carlo Erba, proprietaria del marchio, affidò proprio alla Salov la produzione dell’olio a Sagra per veicolarlo ne circuito delle farmacie. In seguito, nel 1979 Salov rilevò il marchio Sagra proponendosi di ampliare il mercato e potenziando ed estendendo le vendite in altri canali commerciali.
Ora, è tempo per la Salov di rilanciare sia il marchio Sagra, sia in particolare il marchio Filippo Berio.
Tutto sotto il segno di due parole chiave, ha ribadito Tosini: “qualità e sostenibilità. Con quattro gamme di olio extra vergine di oliva: il Classico, per l’uso quotidiano; il Bassa Acidità (non superiore allo 0,3%), il Biologico e il 100% Italiano”; e un olio di oliva. Con una novità da non trascurare: i formati che vanno dalla bottiglia da litro a quelli da 750, 500 e 250 ml, in modo da rispondere alle diverse esigenze. Non solo in Gdo, anche il canale del Food service sarà presidiato.
“Il fatto che Filippo Berio sia forte all’estero non significa che sia facile ottenere il medesimo successo in Italia”, ha precisato Mauro Tosini. “L’Italia – ha proseguito – è un mercato difficile, molto concorrenziale, con un livello competitivo molto spinto. Per farci largo, stiamo puntando a qualcosa di diverso e rilevante per il consumatore”.
Il ceo di Salov Fabio Maccari ha evidenziato il ruolo del “Metodo Berio”. La parola suona bene, ma cosa si intende con ciò lo ha spiegato nel corso dell’incontro con la stampa.
“Il Metodo Berio – ha detto Maccari – è un approccio sincretico che unisce più elementi assieme. Consiste in una serie di singole attività, codificate, controllate e certificate da un ente terzo, attraverso le quali vengono delineate e regolamentate tutte le fasi del ciclo di produzione, dal campo alla bottiglia, il tutto nel pieno e totale rispetto delle procedure che ci si è prefissati. Ovvero: seguire i principi della produzione integrata, garantire la piena sostenibilità ambientale del ciclo di produzione. Sono elementi per noi centrali e importanti, basti considerare – ha affermato Maccari – che nella sede operativa di Massarosa, in provincia di Lucca, dove ha sede il quartier generale di Salov, i controlli sulle materie prime e sul processo produttivo sono rigidi e continui. L’obiettivo – ha tenuto a precisare Maccari – è garantire sempre degli alti livelli qualitativi. Tutto ciò non lo diciamo a parole, ma è sostanziato dai fatti, con i continui controlli effettuati dalla società di certificazione SGS, che, per intenderci, è tra i principali istituti di certificazione a livello mondiale”.
“Non si mette in secondo piano nulla”, ha tenuto a precisare Mauro Tosini. “Anche il packaging che abbiamo adottato è stato sottoposto a ricerche di mercato per misurare se effettivamente il prodotto poteva avere successo. Tutto è stato studiato sin dal minimo particolare”.
Tradizione e modernità. Questa accoppiata di parole è risuonata più volte durante l’incontro del Gruppo Salov con la stampa. “Saremo da ottobre nei punti vendita, in maniera progressiva in tutta Italia, nelle principali catene della Gdo”, ha chiarito il direttore commerciale Mauro Tosini.
Cosa ha riferito al riguardo Emanuele Siena, direttore marketing del Gruppo Salov? È andato diritto sul concreto: “Ci si chiederà: come mai abbiamo atteso 152 anni prima di lanciare Filippo Berio sul mercato italiano?” Già, è vero. È proprio strano: “Ecco, abbiamo cercato di capire se vi è uno spazio per un nuovo player in Italia e ci siamo dati delle risposte. Cresce la fascia più bassa e quella più alta, e abbiamo pensato di puntare su quella alta ma con un prezzo accessibile. Ci siamo mossi studiando il mercato e cercando di capire come muoverci. Ci siamo affidati a Ipsos, per studiare se vi era lo spazio di mercato e abbiamo concluso che gli elementi per fare bene ci sono tutti. Si parte con una campagna business to businessfatta in grande stile fino a dicembre”, ha concluso Emanuele Siena. “Una volta entrati in Gdo – ha aggiunto – cercheremo di far uscire il prodotto dagli scaffali attraverso una qualità oggettiva. Vogliamo puntare a creare una case historypartendo dall’area Nord Ovest, Lombardia e Piemonte, in preparazione di una campagna mass market”.
Le bottiglie? “Avranno tutte un collarino”, ha tenuto a precisare Emanuele Siena, “perché il prodotto è diverso rispetto alla concorrenza”.
Emanuele Siena, Fabio Maccari e Mauro Tosini
Intanto, per chi non ha mai sentito parlare di Filippo Berio, va precisato che questo marchio è presente sul mercato sin dal 1867 e attualmente viene venduto in oltre 75 paesi del mondo, con posizioni di leadership in UK, USA e Russia.
Filippo Berio è una persona realmente esistita. Tutto ebbe inizio a metà del 1800, quando il giovane di origini liguri, commerciante in olio, intuì le grandi potenzialità del fenomeno migratorio quale veicolo di promozione commerciale dei prodotti italiani all’estero. All’epoca si faceva di tutto per avere traccia dell’Italia nei Paesi n cui si migrava. C’era l’esigenza di sentire il richiamo alla propria patria e famiglia e nell’olio, come negli altri prodotti alimentari italiani, si intravedeva il legame con il proprio Paese lontano. All’epoca non era possibile far ritorno di frequente, non c’erano soprattutto le possibilità economiche. Lasciare l’Italia equivaleva a non ritornarvi. Ecco allora l’intuizione di Filippo Berio. Battere palmo a palmo tutti i porti da cui partivano le navi che ospitavano gli emigranti per proporre loro l’acquisto dell’olio. Una intuizione che ha funzionato.
“L’olio Filippo Berio – ci informano dalla Salov – era richiesto da importatori, albergatori, ristoratori e commercianti connazionali all’estero. La qualità di Filippo Berio venne riconosciuta e certificata da numerosi premi internazionali: il primo nel 1872 all’Esposizione Universale di Lione, un altro nel 1878 all’Esposizione di Parigi, e a seguire diversi altri riconoscimenti, tra i quali, nel 1893, quello conseguito alla Fiera Colombiana di Chicago, negli Stati Uniti.
Noi non conosciamo Filippo Berio, chi è stato e anche lo stesso marchio, ma la fama e il successo di questo nome e cognome tramutatosi in marchio venne registrato negli Stati Uniti nel 1896, diventando, di fatto, il primo marchio di olio registrato in quel paese.
Si comprende benissimo quanto sia particolarmente sentito dai vertici dell’azienda questo ritorno in Patria. Oggi, dopo 152 anni di presenza internazionale, il debutto in Italia di Filippo Berio rea un senso di attesa.
“Ci presentiamo oggi sul mercato italiano con una gamma di prodotti premium di altissima qualità e con un posizionamento upper mainstream”, ha chiarito il ceo Fabio Maccari. “Questo lancio a cui teniamo molto sarà valorizzato con il supporto di iniziative dedicate e con una serie di attività di marketing che non deluderanno la scelta della qualità quale motore dei questo lancio in Italia. Tutto rientrerà in una logica che prevede il pieno rispetto delle procedure codificate all’interno del cosiddetto Metodo Berio”.
Noi di Olio Officina, insieme con altri colleghi di testate generaliste e professionali, abbiamo avuto modo di degustare gli oli in purezza, ma anche di sperimentare gli stessi extra vergini con le preparazioni dello chef Giuseppe Mancino, due stelle Michelin, del Ristorante “Il Piccolo Principe”del Grand Hotel Principe di Piemonte a Viareggio, che ha saputo effettivamente valorizzare alla perfezione la materia prima.
Insomma, il grande e atteso ritorno in Italia di Filippo Berio apre un nuovo scenario in un Paese il cui mercato è maturo e anche un po’ immobile. Vedremo presto cosa accadrà, a partire dal grado di accoglienza, dal posizionamento di mercato e dalla capacità di entrare nelle cucine e sulle tavole degli italiani.
In apertura l’intera gamma degli oli Filippo Berio
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