Economia

Quanto contano le donne nel mondo retail?

Sono sette le donne che, mosse dall’esigenza di rimuovere le barriere e gli stereotipi di genere nell’ambiente lavorativo, hanno costituito, poco più di due mesi fa, l’associazione Donne del Retail. Questa giovane realtà si impegna per un cambiamento positivo nel settore in cui si muove, e ad oggi conta già centoventi iscritti che credono nel progetto. Nell’intervista a una delle fondatrici, Rossella Brenna, abbiamo voluto approfondire gli aspetti e le visioni che la caratterizzano

Chiara Di Modugno

Quanto contano le donne nel mondo retail?

Recentemente istituita, l’associazione Donne del Retail è stata fondata nei primi giorni di luglio 2023 da Eleonora Graffione, presidente, da Grazia de Gennaro, vicepresidente, e dalle componenti del consiglio direttivo, ovvero Dominga Fragassi, Alessandra Corsi, Barbara Gabrielli, Cristina Lazzati Rossella Brenna, che ha prestato la sua voce alla seguente intervista.

La presidente Eleonora Graffione

L’obiettivo principale è quello di promuovere la conoscenza del settore retail con una visione al femminile, lavorando per un mondo lavorativo caratterizzato da pari opportunità, solidarietà e attenzione ai diritti.

Quello di cui c’è davvero bisogno è una cultura aziendale inclusiva, che sappia cogliere i problemi maggiormente radicati nella nostra società e agisca per eliminarli.

Vista dall’esterno, l’idea della costituzione di una Associazione Donne del Retail sembra necessitata da un bisogno di spazio più autorevole da assegnare alle donne, quasi a preludere un cambiamento, soprattutto in un contesto così arduo e di forte impronta maschile. È così?

L’Associazione è nata da lunghe riflessioni e condivisioni di pensieri ed esperienze, osservazioni nel quotidiano. Il settore del retail, in particolare della Gdo, ha tutt’oggi una connotazione ancora improntata al maschile. Le donne nel top management si contano sulle dita di una mano. Molto spesso le direzioni marketing, comunicazione ed HR sono quelle dove si trovano anchele donne, molto più rarefatte le presenze su altre direzioni aziendali. Il mondo cambia molto velocemente, ma le aziende faticano a fare altrettanto. Vengono osservate modalità di funzionamento non attuali, modelli che tendono a essere replicati nel tempo anziché adattarsi alle nuove esigenze di velocità, flessibilità, inclusione, apertura mentale e sensibilità sui segnali deboli.

I miglioramenti apportati dalle donne ai vertici delle aziende del retail sono evidenti. A Olio Officina Festival 2023 abbiamo avuto sul palco una buyer della Gdo che ha fatto percepire molto chiaramente al pubblico in sala quanto le donne contribuiscano a una nuova visione nel settore. Tuttavia, non sembra essere ancora sufficiente ed equilibrato il peso delle donne nel retail. È così?

Sì, è assolutamente così. Anche le figure dei buyer donne sono in percentuale molto lontane dalla parità, una delle figure che riteniamo tra le più smarcanti nel cambiamento del modello della distribuzione. Si rivela necessario un cambio di paradigma e di approccio nella funzione che invece sembra, in molte aziende, ancorata al modello degli anni 90 e 2000.

Come vi ponete con la vostra associazione e a quali particolari bisogni volete rispondere?

L’Associazione si pone l’obiettivo, innanzitutto, di promuovere un ambiente di lavoro inclusivo perché questo genera creatività, innovazione, contaminazione. Lo faremo facendo networking tra gli associati, organizzando eventi (il primo sarà a novembre 2023) in cui sarà affrontato il tema dell’empowerment, della formazione, della presa di coscienza di bias che noi tutti abbiamo assorbito e che inconsciamente ci fa agire. Con la condivisione di esperienze personali e professionali, lo sviluppo di role model che siano di ispirazione alle altre, il supporto formativo, possiamo iniziare ad agire e a guardare a cambiamento culturale che deve ovviamente coinvolgere e sensibilizzare anche gli uomini del settore. In un mondo in veloce movimento, un maggiore equilibrio di rappresentazione, di inclusione e di pari opportunità di crescita professionale, è a beneficio del business e di tutti.

Donne del Retail è una realtà appena nata. L’esordio sulla scena è avvenuto nei primi giorni di luglio 2023. Ci volete raccontare come siete giunte a tale decisione e quali passi sono stati mossi prima di concretizzare il sodalizio?

L’idea è nata durante un convegno in cui alcune di noi erano presenti ed è così iniziato il confronto delle opinioni sul perché fosse così scarsa la presenza femminile in alcune funzioni chiave nella Gdo. Questi momenti di condivisione hanno permesso di conoscersi e di apprezzarsi reciprocamente e, allo stesso tempo, di evidenziare come questa situazione fosse proficua a tutte, permettendo di aprire la mente e di percepirsi meglio verso il mondo esterno. Le donne tendono ad essere più esigenti verso loro stesse, spesso sono accompagnate dalla sensazione di non essere mai abbastanza; generalmente, questo le porta a osare meno degli uomini. Se si aggiunge poi che, sempre per fattori culturali tipici del nostro Paese, sia ancora scontato che le care giver debbano essere le donne all’interno del contesto familiare allargato (figli/genitori/malattie) questo diventa un ulteriore limite e freno alle pari opportunità di carriera e crescita.
Così, dopo parecchi mesi in cui si sono definiti gli obiettivi dell’Associazione, il regolamento e lo Statuto, in sette abbiamo dato vita a questa realtà. Ad oggi, Donne del Retail conta già centoventi iscritti, tra cui anche uomini che hanno compreso l’importanza di partecipare attivamente.

Cosa significa muoversi all’interno di un mondo prevalentemente maschile? Quali sono le principali barriere che si presentano alle donne? Attraverso quali interventi le figure maschili potrebbero contribuire a migliorare lo stato attuale della situazione?

Muoversi in un mondo prevalentemente maschile è quello che succede a tutti noi, tutti i giorni, quasi in ogni contesto e situazione. Gli ultimi dati di cronaca purtroppo non fanno che aggravare questa sensazione di inadeguatezza.
Nel mondo del lavoro le donne incontrano forti limiti: molto spesso non hanno accesso alla parità salariale, alle stesse opportunità di crescita professionale, a funzioni ritenute, per bias e preconcetti storici prettamente di dominio maschile. Un esempio nel retail? La direzione tecnica, lo sviluppo immobiliare, la direzione commerciale. Ovviamente esistono delle eccezioni, ma il fatto che siano, per l’appunto, eccezioni spiegano lo stato di fatto attuale.
Il cambio culturale deve avvenire nelle organizzazioni e nei modelli di funzionamento, sia nelle donne che negli uomini: solo così si potrà parlare di un reale mutamento della situazione attuale. Diversamente si sta facendo marketing interno (o esterno) pro bono proprio per darsi un posizionamento che nei fatti non è avvalorato. Quello che già succede da tempo per quanto riguarda il green washing, ora sta avvenendo anche sul tema inclusion/diversity/pari opportunità. Insomma, tra il dire ed il fare non è tutto immediato.
Siamo coscienti che ci sia ancora molto lavoro da fare, e proprio per questo ci siamo attivate e abbiamo fondato l’Associazione. Volevamo dare voce e spinta a un cambio culturale che sia concreto e sensibilizzare tutti, cominciando sicuramente da noi donne, ma non solo.

Nel contesto in cui agite, all’interno del quale si intrecciano più comparti, come si pone in particolare quello dell’olio e dei condimenti davanti a temi quali l’inclusione e la tutela delle pari opportunità? Quale tra i vari settori con cui vi confrontate è da considerare più inclusivo e aperto alle novità?

Per quanto abbiamo potuto osservare le piccole/giovani imprese, le start up sono le più attuali anche nel modello organizzativo e di funzionamento non avendo il “fardello”, possiamo dire, delle aziende storiche. Le multinazionali hanno il vantaggio della cultura cross country e godono di qualche spinta culturale aggiuntiva. I settori più tradizionali, legati all’agricoltura, all’allevamento o alla produzione sembrano quelli più vicini ai modelli storicamente a impronta maschile, ma ricordiamo che esistono le eccezioni del caso ovviamente, dove si possono vedere risultati, peraltro eccellenti, sia in termini di performance che di visione ed innovazione.

In apertura, le sette socie fondatrici dell’associazione Donne del Retail 

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