Quest’olio è un “classico”
L’utilizzo di tale termine è diventato ormai patrimonio comune di molti marchi, eppure nei giorni scorsi si è svolta una riunione presso il Ministero dello Sviluppo economico per valutare la piena conformità alla disciplina in materia di etichettatura, con particolare riferimento agli articoli 7 (sulle pratiche leali di informazione) e 36 del reg. Ue 1169/2011 (sui requisiti applicabili alle informazioni volontarie sugli alimenti)
In passato Luigi Caricato ne aveva scritto sul proprio blog “Olivo Matto”, facendo notare come l’appellativo di “classico” venga ormai impiegato per consuetudine, dalle aziende olearie, in un senso esattamente contrario a quanto invece accade nel mondo letterario e artistico, laddove per “classico” si intende ciò che supera l’ordinario, ovvero quei testi, o comunque quelle opere dell’ingegno, che rimangono nella storia proprio per la loro grandezza e potenza ispirativa. Per intenderci, la Divina Commedia è un classico della letteratura di tutti i tempi, senza distinzione di nazionalità; gli stessi Promessi sposi di Alessandro Manzoni, un classico della letteratura italiana; o come l’Infinito di Leopardi, e via elencando.
Nel caso degli oli, le aziende che utilizzano il vocabolo, lo usano, al contrario, definendo “classico” non il loro prodotto di punta, di massima eccellenza, ma quello base, il più popolare, quello per intenderci sul quale si concentrano i maggiori volumi di vendita, a prezzi democratici, accessibili anche dai meno abbienti. Non c’è da meravigliarsi: le parole espimono in sé una molteplicità di significati – e non a caso si parla di polisemìa del linguaggio.
Quanto al settore oleario, l’utilizzo del termine “classico”, riportato su molte delle etichette degli oli extra vergini di oliva in commercio, è una prassi abituale e ricorrente. Nella riunione che è avvenuta nei giorni scorsi, cui hanno partecipato diversi rappresentanti di categoria, oltre all’Icqrf, si è discusso espressamente sulle modalità dell’utilizzazione del termine “classico”. Incontro che si è reso necessario proprio in ragione di una bulimia legislativa che mette in continua agitazione il settore, rendendolo ogni volta precario.
L’impiego del termine “classico” si riferisce a una gamma che pone in evidenza il prodotto ritenuto più rappresentativo nell’ambito delle tante referenze di un’azienda. E’ un termine che ha fatto storia ed è ormai fortemente radicato.
Nel corso della riunione è emerso pertanto che tale utilizzazione del termine “classico” è da ritenersi conforme alla disciplina applicabile in materia di etichettatura e in particolare in riferimento all’articolo 7 (realtivo alle pratiche leali di informazione) e all’articolo 36, entrambi contenuti nel Regolamento Ue 1169/2011 intorno ai requisiti applicabili alle informazioni volontarie sugli alimenti.
La questione circa la corretta utilizzazione del termine “classico” non si pone per le aziende storiche, quanto piuttosto per i nuovi operatori del settore, i quali dovranno essere in grado di dimostrare la conformità di tale utilizzazione alla normativa. Alla luce di questa riunione, è emerso anche che l’articolo 2 del d. lgs. 109/92 e s.m. e, oggi, gli artt. 7 e 36 del reg. Ue 1169/2011, non obbligano “a un’illustrazione in etichetta del perché della suddetta conformità”.
Contestazioni sul termine “classico” presente sulle etichette delle bottiglie di olio extra vergine di oliva non sono state mai sollevate, al tempo in cui era vigente il decreto legislativo 109/92, e in particolare l’articolo 2. Non sono mai state sollevate contestazioni circa l’utilizzazione del vocabolo in questione.
Al momento si è in una fase interlocutoria, proprio per capire anche quante aziende ricorrano effettivamente a tale termine, ormai comunque entrato nella comunicazione ufficiale. E’ sufficiente andare in un supermercato per rendersene conto. I “classici” sono entrati di fatto nell’uso comune. A dare manforte a tale utilizzazione, vi è sia il fatto che per “classico” si debba intendere espressamente l’olio “ritenuto più rappresentativo nell’ambito della gamma della tradizione aziendale”, sia, inoltre, l’olio ritenuto “più suscettibile di varietà di utilizzazioni (quindi: in cottura, per cucinare; a crudo; eccetera), o, infine l’olio ritenuto “più risalente”.
In ogni caso, che il termine “classico” venga di fatto riferito a un prodotto di largo consumo è ormai assodato, e non ci sono d’altra parte motivi per pensare al contrario. La materia – da quanto è emerso dalla riunione – si ritiene che sia il caso di sottoporla anche all’attenzione della Commissione europea. La questione “classico” va oltretutto esaminata in un senso più esteso, riferendola anche ad altri prodotti alimentari e soprattutto a quelli che, al pari dell’olio extra vergine di oliva, si segnalano per essere, oltre che prodotti di largo consumo, anche connotati da una forte segmentazione delle gamme proposte al consumatore.
Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui
Commenta la notizia
Devi essere connesso per inviare un commento.