Un olio più consapevole
Valorizzare una risorsa importante come la famiglia è un passaggio fondamentale. Per anni, per decenni, tale risorsa è stata trascurata. Mimmo Lavacca ha pensato bene, con l’associazione Terrasud, di compiere un atto di discontinuità, creando il format Olio di famiglia, fortemente voluto perché, come dice lui stesso, le famiglie svolgono un importante ruolo economico, sociale e ambientale. Ed è proprio da qui che scaturisce la volontà di accendere una luce su uno spaccato olivicolo molto interessante e ancora inesplorato
Mimmo Lavacca è un personaggio che non si ferma alle consuetudini. Va oltre, cercando sempre nuove vie e strategie. Non si accontenta di replicare modelli desueti e senza futuro. Per lui la tradizione è sempre un passo avanti, non un passo o dieci passi indietro. Valorizzare la lezione del passato significa renderla attuale ai contemporanei e alle generazioni future. Una tradizione piena di ragnatele, museale non serve a niente. Per questo Lavacca ha creato l’associazione culturale Terrasud, e, nell’ambito di questa realtà associativa, è nata tra le tante idee, l’iniziativa di un concorso, Olio di Famiglia, in grado di mettere in giusto risalto l’olivicoltura dei non professionisti, ovvero quella che costituisce la maggioranza delle realtà olivicole del nostro Paese. Il tutto non poteva che prendere corpo in una terra altamente vocata all’olivicoltura qual è appunto la Puglia. Noi lo abbiamo intervistato, per saperne di più e per scavare nella genesi di questo importante progetto culturale che noi come Olio Officina sosteniamo, insieme con altri partner.
INTERVISTA A MIMMO LAVACCA
Partiamo subito da una domanda secca: da cosa è scaturita l’idea del progetto Olio di famiglia?
L’idea nasce dalla consapevolezza che la produzione olivicola italiana si basa sostanzialmente su piccole produzioni di aziende agricole a conduzione familiare. Tale analisi è confermata dall’ultimo censimento in agricoltura, che infatti conferma tale dato. Accanto alla produzione delle piccole aziende a conduzione familiare, c’è poi un consistente settore di agricoltori dilettanti che per piacere e passione coltivano piante di olivo e producono olio per il consumo personale. La valutazione che ne deriva è che gli agricoltori e le loro famiglie svolgono di fatto un importante ruolo economico, sociale e ambientale. Da qui la volontà di accendere una luce su questo spaccato olivicolo produttivo molto interessante.
Che riscontro ha avuto in tutte queste sei edizioni che si sono succedute in maniera sempre più incisiva?
Il numero dei partecipanti cresce di anno in anno, con uno zoccolo duro di partecipanti che aderiscono al concorso fin dalla prima edizione. Di fatto il concorso ha un doppio stimolo: da un verso il piacere dei partecipanti che ricevono una serie di informazioni utili per migliorare la propria produzione, e dall’altro un riscatto che restituisce valore e dignità al loro lavoro.
Possiamo dire che rispetto al passato l’olio di famiglia è decisamente migliore sul piano qualitativo?
Il miglioramento delle produzioni è un dato di fatto e lo riscontriamo in maniera evidente soprattutto nei produttori che aderiscono al concorso dalle prime edizioni. Il riscontro è certificato dalle analisi chimiche e sensoriali che vengono eseguite sui campioni di olio a concorso. La struttura scientifica oltre a fornire i risultati delle analisi, mette a disposizione dei partecipanti anche informazioni utili a migliorare le produzioni.
Secondo te quest’olio di famiglia che ha caratterizzato per decenni il settore olivicolo italiano, si fonda ancora sull’autoconsumo o viene anche venduto a terze persone?
L’olio extra vergine di oliva prodotto dagli agricoltori familiari rappresenta una forma di autoproduzione a finalità prevalente o esclusiva di autoconsumo. Stiamo comunque notando che alcuni produttori dilettanti hanno maturato il piacere di confezionare, attraverso i frantoi, il loro prodotto creando una personale e creativa etichetta e sviluppando in alcuni casi una piccola rete di vendita che chiamerei “condominiale”.
Quali sono le aree geografiche principali da cui ricevi gli oli in concorso?
Gli oli a concorso arrivano da varie regioni italiane. Il maggior numero di campioni comunque arrivano da residenti nelle regioni a vocazione olivicola come la Sicilia, la Campania la Calabria, la Toscana e, naturalmente, la Puglia. Quest’anno abbiamo anche una chicca, con un campione di olio che arriva dalla Val d’Aosta, da parte di una associazione di olivicoltori dilettanti che coltivano e producono da oliveti abbandonati.
Per chiudere, una domanda su Giorgio Cardone, che nel concorso Olio di famiglia ci ha creduto tantissimo, sostenendo concretamente il progetto sin dall’inizio. Quanto è stato importante e decisiva la professionalità e umanità del fondatore di Chemiservice per il comparto oleario?
Giorgio è stato il mio mentore, mi ha insegnato a guardare l’olivicoltura da varie prospettive: da quella produttiva a quella commerciale, da quella sociale a quella ambientale, cercando una chiave di lettura moderna e globale. La sua idea di olivicoltura comprendeva grande umanità ma anche grande tecnica. Questo era il suo stile, il suo immenso sapere olivicolo. L’Italia e l’Europa olivicola hanno perso un grande saggio.
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