Mondo

Dal Delta del Po alla Tonnara di Solanto

Due mondi distanti con storie di uomini diversi tra loro ma tenuti insieme da un elemento comune: la fatica del mare. Una rappresentazione scenografica in cui i gesti antichi si ripetono sempre uguali, notte dopo notte, con i marinai che trascinano le reti per poi svuotarle nei pescherecci. Due modi di vivere lo stesso tempo nelle sfumature che si offrono in tutta la loro evidenza e verità

Massimo Cocchi

Dal Delta del Po alla Tonnara di Solanto

Due mondi che raccontano storie diverse di uomini accumunati da un solo elemento, la fatica del mare.

Nel nebbioso, invernale silenzio delle valli che si trascinano al mare e che ne mescolano gli umori i pescatori del Delta vivono la fatica con consuetudini diverse rispetto ai loro amici del mare di Sicilia, accompagnati dal sole e da un clima più affabile nei loro confronti.

Per il resto non cambia nulla, desideri, aspettative di reti piene di ricchezza marina a soddisfare il bisogno di cibo per sé e per gli altri.

I volti che si illuminano allo sfavillare argenteo dei pesci nelle reti ricolme dove si disegnano coreografie fatte di balzi che, verosimilmente, sono la ricerca di una libertà finita.

Una rappresentazione scenografica dove la recita poco cambia nei gesti antichi, sempre uguali, che si ripetono notte dopo notte e nelle parole dei marinai che trascinano le reti o le svuotano sui pescherecci.

Ho lasciato quel Delta dove ho vissuto giorni indimenticabili e irripetibili, dove ho capito che nella nebbia può anche spuntare un filo di luce che non sempre viene dal sole ma dal fascino di rapporti che poi scompaiono all’improvviso come le stelle di luce sull’acqua al calare del giorno.

Sono arrivato alla Tonnara di Solanto, una bellissima casa sul mare e dove mi hanno raccontato della vita della Tonnara, della famosa mattanza che, pur d’orrenda idea e visione, significava la ricchezza locale e, immagino, pur nella speculazione dei ricchi possidenti delle Tonnare, significava anche il pane per i più umili, compenso sempre smisuratamente piccolo rispetto alla grande fatica.

Qui spero di non avere stelle di luce sull’acqua e ciò che hanno rappresentato, non ho il silenzio di valle, ma il suono d’onda che incessantemente entra nella Tonnara, non ho la nebbia ma il sole che inonda l’ambiente e che tinge di colore diverso il mare.

Non c’è spazio agli inutili ricordi e non ci sono neppure visioni prospettiche legate al tempo, quel tempo futuro che non esiste.

Si vive del presente e nel presente si concentra tutto, nel giorno che inizia e finisce si srotola il pensiero dell’attimo, prima che diventi futuro e non esista più, dalla casa della Tonnara lo sguardo si interrompe sulle colline che circoscrivono la baia del mare di Solanto, come lo chiamo io, da dove mi arrivano sapori e prelibatezze, di terra e di mare, dove puoi permetterti anche di non pensare, di esercitare la mente a essere libera oppure impegnata solamente in ciò che non crea conflitti ma gratificazione per ciò che il pensiero traduce in scrittura.

Due modi di vivere lo stesso tempo nelle sfumature che si offrono, diversi fra loro, non per la fatica del mare, ma per quello che il contesto ti offre di capire, per quello che cerchi di farti appartenere sia che abiti le terre di valle e di mare sia che abiti il mare di Tonnara, due modi di vivere che trovano il loro valore solamente nella serenità dell’anima, nella libertà del pensiero e della parola, nella visione che non hai, oltre l’orizzonte, della vita che vorresti e che, proprio per questo, ti consente di sognare.

In quel sogno dove, a volte, la sensazione di vero è così forte, dove l’abbraccio alla vita è così concreto che non vorresti svegliarti mai più, né nel mare di valle né nel mare di Tonnara, per non perdere quel tempo senza tempo che libera la mente dalla percezione di ciò che accade o che può accadere.

La foto di apertura è di Olio Officina

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