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La questione cinghiali si fa seria. Aumentano incidenti e danni

Non si tratta più solo di risarcimenti agli agricoltori, ma anche di sicurezza delle persone. Oltre un italiano adulto su quattro ha avuto modo di incontrarne uno. L’invasione degli animali selvatici nell' anno dell'emergenza Covid ha registrato un incidente ogni 48 ore con 16 vittime e 215 feriti. E se per la soluzione del problema si creasse un'attività di business attraverso una “filiera del cinghiale”?

Roberto De Petro

La questione cinghiali si fa seria. Aumentano incidenti e danni

Ennesimo incidente stradale questa volta sulla strada statale 7 nei pressi di Castellaneta in provincia di Taranto. Un morto, un cinghiale di quasi un quintale, ed un ferito, una ragazza alla guida di un’autovettura che dopo l’impatto con l’animale è uscita fuori strada.

Il tragico bilancio nell’anno dell’emergenza Covid dell’invasione di cinghiali e animali selvatici registra un incidente ogni 48 ore con 16 vittime e 215 feriti ed è che non si fermano più davanti a nulla, abbattendo recinzioni, guadando fiumi e attraversando strade e autostrade mettendo a rischio la vita e la sicurezza delle persone.

Negli ultimi dieci anni, secondo la stima Coldiretti su dati Aci Istat, il numero di incidenti gravi con morti e feriti causati da animali selvatici e non è praticamente raddoppiato (+81%) sulle strade provinciali.

Una vera e propria emergenza nazionale che mette a rischio la sicurezza e la salute degli automobilisti sui quasi 850mila chilometri di strade e autostrade italiane con i cinghiali che possono arrivare a un quintale e mezzo di peso, 1,2 metri di altezza e 2 metri di lunghezza.

E se su arterie statali, provinciali e comunali non ci sono quasi mai reti di respingimento contro i selvatici, sui 6.757 chilometri di autostrada esistono protezioni che non sempre sono sufficienti e adeguate a impedire il passaggio di animali di grossa taglia visto che sono state realizzate negli anni ’60-’70, quando la grande fauna selvatica era rarissima e le recinzioni avevano lo scopo esclusivo di evitare l’attraversamento del bestiame.

Un allarme condiviso dall’Autorità per la sicurezza alimentare Europea (EFSA) che ha lanciato un appello agli Stati dell’Unione Europea chiedendo misure straordinarie per evitare l’accesso dei cinghiali al cibo e realizzare una riduzione del numero di capi per limitare il rischio di diffusione di malattie come la peste suina africana (psa).

Il proliferare incontrollato dei cinghiali mette a rischio anche il buon esito del Piano di sorveglianza contro la peste suina africana. In caso di incidente, infatti, sottolinea la Cia, per evitare che vengano contagiati gli allevamenti di suini, devono intervenire i veterinari dell’ASL per asportare la milza dell’animale coinvolto nel sinistro, che poi viene distrutta.

Per Confagricoltura bisogna usare il termine “riduzione” perché l’obiettivo deve portare gli agricoltori, abilitati e formati, ad intervenire direttamente in difesa delle loro colture seriamente compromesse e danneggiate La riduzione dei cinghiali, che stanno provocando gravi danni all’agricoltura, non può essere posta in capo a singole categorie, né all’attività venatoria vera e propria perché è un’operazione gravosa, complessa e con passaggi articolati.

Oltre alla cattura e all’abbattimento c’è il recupero della carcassa e il conferimento al centro elaborazione carni. Sullo sfondo come detto anche l’incubo di una possibile diffusione nel nostro Paese della Peste suina africana. Significherebbe azzerare per due anni tutta la produzione della filiera suinicola. Un disastro per la filiera e per l’economia. I cinghiali, come è noto, sono il principale vettore di questa malattia.

La situazione, alla ribalta già da tempo con numerose proteste di agricoltori, cittadini e istituzioni in tutta Italia, si è aggravata a causa del lungo lockdown che ha svuotato le strade rurali e di città, consentendo una più libera circolazione dei selvatici nelle grandi città come Torino, Genova, Milano, Piacenza, Siena e in numerosi altri centri.

Oltre che negli agricoltori cresce continuamente la preoccupazione dei cittadini, con oltre un italiano adulto su quattro (26%) ha incontrato dal vivo un cinghiale con gli animali selvatici che dalle campagne hanno invaso città e luoghi di villeggiatura, tanto da diventare ormai ospiti fissi del paesaggio urbano.

L’invasione di vie e piazze da parte dei selvatici viene vissuta dai cittadini come una vera e propria emergenza, tanto che oltre otto italiani su 10 (81%) pensano che vada affrontata con il ricorso agli abbattimenti, soprattutto incaricando personale specializzato per ridurne il numero.

Un allarme reale anche in Italia dove i cinghiali sempre più spesso scorrazzano e rovistano tra i cassonetti stracolmi di rifiuti e nei sacchetti abbandonati per giorni nelle piazze e strade delle città al limite dell’emergenza sanitaria.

Secondo l’indagine Coldiretti/Ixè la fauna selvatica rappresenta un problema per la stragrande maggioranza dei cittadini (90%). Nel mirino finisce soprattutto la presenza eccessiva di cinghiali, che il 69% degli italiani ritiene essere troppo numerosi mentre c’è addirittura un 58% che li considera una vera e propria minaccia per la popolazione, oltre che un serio problema per le coltivazioni e per l’equilibrio ambientale come pensa il 75% degli intervistati che si sono formati un’opinione.

Il risultato è che oltre sei italiani su 10 (62%) ne hanno una reale paura e quasi la metà (48%) non prenderebbe addirittura casa in una zona infestata dai cinghiali. Alla domanda su chi debba risolvere il problema, un italiano su 2 (53%) ritiene che spetti alle Regioni, mentre per un 25% è compito del Governo e un 22% tocca ai Comuni.

Le preoccupazioni degli agricoltori, che hanno protestato in numerose città, e dei cittadini sono state fatte proprie da molte Amministrazioni regionali e comunali ma anche dal Parlamento con la Commissione Agricoltura del Senato che ha approvato una risoluzione che impegna il Governo ad affrontare i danni causati all’agricoltura dall’eccessiva presenza della fauna selvatica che si ripercuote su molteplici piani, a cominciare da quello economico-produttivo con un progressivo abbandono delle aree rurali.

Molti chiedono la costituzione di taske force regionali, con l’abbattimento dei capi attraverso un controllo selettivo e la realizzazione di una “filiera del cinghiale”. Hai visto mai che potrebbe essere una iniziativa che potrebbe servire a ridurre sia la presenza di esemplari in circolazione e nello stesso tempo creare attività e business.

La foto di apertura è di Sardegna Foreste

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