La fermentazione guidata come strategia di valorizzazione del pâté di oliva
L’idea è di proporre una crema di olive funzionale: ovvero, un pâté alimentare da sottoprodotto. Dove sta la novità? Molto semplice: attraverso l’utilizzo di starter microbici selezionati, le fermentazioni guidate rappresentano una strategia green di valorizzazione dei sottoprodotti agroalimentari in grado di sostituire le tecniche convenzionali di deamarizzazione. Tutto ciò porta a un miglioramento delle proprietà nutrizionali, sensoriali e di sicurezza microbiologica del prodotto
Paola Foti, Flora Valeria Romeo, Pasquale Consoli, Cinzia Caggia,
Recentemente un crescente interesse è rivolto alla valorizzazione del pâté di oliva, sottoprodotto ottenuto dall’estrazione olearia attraverso l’utilizzo del decanter multifase (DMF, Leopard, Pieralisi). In questa lavorazione multifase, l’estrattore centrifugo è predisposto ad avere tre uscite, producendo olio, sansa e un prodotto intermedio, denominato pâté. Il pâté da DMF, caratterizzato da un’elevata umidità (75-90%), dall’assenza di parti legnose e dalla presenza di composti bioattivi, tra cui acidi triterpenici e fenoli, rappresenta una matrice ideale per la formulazione di un nuovo alimento ad elevato valore nutraceutico.
Uno degli obiettivi del progetto di dottorato industriale “Olive oil by-products as a new functional food and source of nutritional food ingredients”, svolto in collaborazione con l’azienda olearia Consoli, ha previsto la valorizzazione del pâté da DMF attraverso fermentazioni guidate, al fine di proporre una crema di olive funzionale o pâté alimentare da sottoprodotto. Le fermentazioni guidate, attraverso l’utilizzo di starter microbici selezionati, rappresentano una strategia green di valorizzazione dei sottoprodotti agroalimentari in grado di sostituire le tecniche convenzionali di deamarizzazione apportando un miglioramento delle proprietà nutrizionali, sensoriali e di sicurezza microbiologica del prodotto.
Preliminarmente, diversi ceppi microbici (Lactiplantibacillus plantarum, Wickerhamomyces anomalus e Candida boidinii) sono stati impiegati, in micro-fermentazioni, per testarne la capacità di avviare la fermentazione e per valutarne l’impatto sul profilo fenolico e sul microbiota presente. I dati hanno evidenziato che l’oleuropeina, responsabile del sapore amaro, è stata riscontrata solo al tempo zero in tutti i campioni e che il contenuto di fenoli, ed in particolare di idrossitirosolo, è stato riscontrato superiore in tutti i campioni inoculati con i ceppi microbici. Questo risultato ha evidenziato che l’uso di colture microbiche può incrementare il contenuto di molecole bioattive e salutistiche per l’alimentazione umana. Inoltre, le analisi metagenetiche hanno rivelato un basso contenuto di gruppi microbici in tutti i campioni, confermando la sicurezza microbiologica del prodotto. È interessante sottolineare che prima dell’aggiunta delle colture starter selezionate, Gluconobacter oxydans (Acetobacteriaceae) è risultata la specie dominante (7%). Diversi ceppi di questa specie sono da anni impiegati nell’industria biotecnologica per la capacità di ossidare vari composti, come zuccheri, polioli e alcoli, e per la produzione di composti bioattivi, tra cui l’acido L-ascorbico (vitamina C).
In un secondo step, la fermentazione è stata condotta in un bioreattore che ha permesso di monitorare differenti parametri di processo (pH, pressione parziale di ossigeno e temperatura) al fine di controllare il processo e replicarlo su scala industriale. In aggiunta, sono state effettuate analisi chimiche, microbiologiche, molecolari e biologiche.
I risultati hanno dimostrato che in tutti i campioni, il pH raggiunge valori considerati di sicurezza microbiologica. Il valore di pH più basso (4,09) è stato raggiunto dopo 10 giorni nel campione inoculato con C. boidinii. Le analisi microbiologiche e molecolari hanno evidenziato un basso contenuto di batteri rispetto ai lieviti, confermando i risultati del lavoro propedeutico.
Inoltre, gli starter microbici hanno mostrato un impatto positivo sulla componente fenolica ed aromatica del prodotto. Nel presente studio, i risultati sull’attività biologica hanno evidenziato che il pâté fermentato con W. anomalus ha mostrato le migliori prestazioni, mostrando un aumento dell’attività di inibizione su COX-1 e COX-2 (ciclossigenasi, enzimi coinvolti nel processo infiammatorio), un miglioramento della permeabilità cellulare su linee cellulari tumorali e una maggiore attività antiossidante. Tali risultati sono probabilmente attribuiti alla capacità del ceppo W. anomalus di produrre metaboliti o di modificare attivamente il profilo funzionale del pâté.
In conclusione, gli studi condotti hanno evidenziato che la fermentazione microbica rappresenta una strategia rilevante, a basso impatto ambientale, per migliorare il valore nutraceutico e le caratteristiche sensoriali del pâté.
Il progetto è stato cofinanziato con risorse del Programma Operativo Nazionale Ricerca e Innovazione 2014-2020 e ha coinvolto il Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente (Università degli Sudi di Catania), il Centro di Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura (CREA-OFA, Acireale), l’azienda Olearia Consoli Pasquale e Fratelli s.n.c (Adrano, Catania) e l’Istituto Politecnico di Bragança (Portogallo).
In apertura, illustrazione di Doriano Strologo
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