Il tempo dell’insalata
Perché le insalate si chiamano oggi insalate e in passato acetarie? Perché l’olio viene escluso dal lessico? Avete mai letto ciò che riferisce Massimo Montanari a proposito di Costanzo Felici? Avete letto l’opera corale edita da "Coltura & Cultura", o addirittura visto il videoclip dedicato? Conoscete l’insalatologa Jeanne Perego? E cosa dice al riguardo Luigi Caricato?
L’estate io la associo alle insalate. Sarà perché ci si vuol mantenere leggeri e sentire la freschezza di alcune materie prime dell’orto. C’è da dire che tutti pur nutrndoci con piacere di insalate non ne conosciamo il perché del nome. Ovvero, lo possiamo immaginare, ma non comprendiamo il perché si dicano insalate, riferendosi al sale, e in passato, al tempo degli antichi romani, acetarie, facendo riferimento all’aceto, ma trascurando l’olio, l’olio da olive.
Ebbene, nel volume Il riposo della forchetta e altre storie intorno al cibo, edito da Laterza, Massimo Montanari scomoda un illustre botanico. Vi riportiamo un passaggio dal paragrafo dedicato al tema: “Condire l’insalata”. Anche la tenera insalata ha una storia e anch’essa ha avuto i suoi cantori. Uno è il medico e botanico Costanzo Felici da Piobbico, delle Marche, che attorno al 1570 scrisse una lunghissima Lettera sopra l’insalata e piante che in qualunque modo vengono per cibo del’homo. (…) Ma perché, si chiede Felici, le insalate si chiamano così? Risponde: perché non si mangiano senza sale. E neppure senza aceto: i latini infatti le chiamavano acetaria. Stranamente, invece, nessuno le ha mai denominate riferendosi all’olio, terzo condimento indispensabile di una buona insalata, come insegna il proverbio: “insalata ben salata, poco aceto e ben oliata”. Il motivo è forse che (prova a spiegare Felici) il sale e l’aceto sono assolutamente indispensabili “per essiccare l’umidità insipida dell’erba”. Impedirne la putrefazione e renderla più grata al gusto. L’olio si aggiunge non per necessità ma solo per perfezionare la vivanda, per compiacere le esigenze del palato.
Cosa fare per saperne di più? Il nostro spassionato consiglio è di consultare il sito di “Coltura & Cultura”, dove troverete perfino il videoclip “Il tempo dell’insalata” (vedi QUI), oppure potete consultare il ricco volume dal titolo L’insalata (QUI). Ma per chi non intende fermarsi in suerficie, nel sito citato potete trovare moltissimi altri riferimenti, su tutto, proprio tutto, senza trascurare alcun ingrediente.
Non c’è da scherzare, la materia rientra tra i fondamentali di chi ama le verdure e in generale tutto ciò che può far parte di una insalata, senza ovviamente trascurare i condimenti, sia ben chiaro. Esiste persino una insalatologa, operativa con il blog “InsalataMente” (QUI) e autrice sia del volume 365 insalate per tutto l’anno e per tutti i gusti per Mondadori (ne abbiamo scritto QUI), sia del volume fresco di stampa per Tecniche Nuove, Tutto su insalate e condimenti (ne abbiamo parlato con lei nell’ambito di una intervista: QUI).
E poi, che dice, o che scrive, l’oleologo Luigi Caricato, che qui su Olio Officina Magazine gioca in casa? Ha scritto un libro, per Tecniche Nuove: Olio: crudo e cotto, con lo chef Giuseppe Capano (QUI), dove si soferma ampiamente sul tema insalate e condimenti, e anche sul perché del nome.
Ed ecco cosa ci ha riferito Caricato: “Le insalate? Chiamiamole pure con altro nome. Oleate, per esempio. Suona un po’ male, occorre ammetterlo, ma non è un nome così fuori luogo”.
In un suo saggio inedito, Luigi Caricato ha inoltre scritto: L’origine del nome, nel caso delle insalate, non ha premiato l’olio per ragioni concernenti la scarsa disponibilità di prodotto, soprattutto in epoche lontane, oltre che per l’elevato costo della materia prima in sé, disponibile solo per i pochi, ricchi, fortunati che potevano permettersela; e inoltre, va pur detto che è solo di recente che le insalate sono diventate un piatto ricorrente e usuale, perfino alla moda. Tutto, insomma, è lasciato alle circostanze dettate dalla sorte. Non è un caso, d’altronde, che gli antichi romani chiamassero “acetarie” le insalate, proprio per via della presenza, anch’essa ricorrente, dell’aceto nell’atto del condirle; salvo poi scoprire che con il tempo, trascorsi i secoli, le insalate assunsero per tutti il nome, oggi ancora in uso, di “insalate”, per via appunto di un altro condimento, altrettanto determinante ed essenziale nel conferire sapore e nel legare a sé gli ingredienti, che è il sale. L’espressione “insalate”, dunque, viene da insalare, condire con il sale; ma nel linguaggio comune, con il termine “insalata” si intende anche indicare, in senso figurato, una mescolanza, un miscuglio, un’amalgama. Il linguaggio chiarisce ogni dubbio e apre a nuovi significati. Si tratta perciò di entrare nel vivo di tutti i possibili miscugli d’erbe e immaginare di conseguenza tutti i possibili condimenti con i quali diventa di fatto possibile legare le più svariate materie prime alimentari. L’impossibile diventa così, attraverso il segreto codice delle insalate, aperto a ogni libera sperimentazione e creatività, materialmente possibile. Ecco perché le insalate fanno perno tutte sul saggio uso dei condimenti, veri amalgamatori del gusto e sapienti interpreti delle diverse materie prime.
E ora? Non resta che preparare una insalata. Prendete spunto da QUI.
L’immagine di apertura è una foto di Luigi Caricato che riprende un’opera di Serenella Angeloni, di Arte da Mangiare
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