Quando diciamo erbe aromatiche diciamo versatilità, sapore e salute
Protagoniste del primo incontro de I giovedì dell’Archiginnasio. L’Odissea del cibo dal campo alla tavola, a differenza di tante altre colture risultano molto resilienti anche quando i contesti climatici sono caratterizzati da lunghi periodi di siccità. Il loro impiego, e quella delle spezie, ha trovato sempre più terreno fertile nei piatti della tradizione, e non solo, così grazie alla contaminazione di altre culture gastronomiche la nostra cucina racconta nuovi modi per nutrirsi
Giovedì 28 aprile è ufficialmente iniziato il ciclo di conferenze de I giovedì dell’Archiginnasio. L’Odissea del cibo dal campo alla tavola. Le erbe aromatiche e le spezie sono state le protagoniste di questo primo incontro, introdotto e spiegate da relatori provenienti da più ambienti disciplinari.
Ciò a cui si è assisto nel corso dei secoli è stato un progressivo cambiamento della nostra cucina, che per quanto abbia ancora oggi delle forti basi che la caratterizzano, ha accolto numerose pietanze fino a farle diventare proprie.
Il professor Giovanni Ballarini, Presidente Onorario Accademia Italiana Cucina ha spiegato che il loro utilizzo è variato a seconda dei gusti e delle abitudini alimentari che si sono modificate, diventando sempre più aperte a nuovi sapori.
“La presenza di spezie ed erbe aromatiche in cucina è determinata dalle loro caratteristiche biologiche e organolettiche variando secondo i gusti gastronomici delle diverse società nel tempo. Una costante generale è che il loro uso è maggiormente presente nelle cucine dei paesi con clima caldo, molto probabilmente per la loro attività antimicrobica e come conservanti alimentari”.
Proprio alla luce dei cambiamenti che hanno pervaso il nostro modo di cucinare e di accogliere nuove contaminazioni, che oggi quella di provare ad avvicinarsi a questo tipo di colture appare una sfida molto interessante da poter prendere in considerazione. Giovanni Spagnoli, imprenditore agricolo azienda SemiSlevatica, ha affrontato con il folto pubblico la possibilità economica che queste piante possono offrire, in particolar modo ai giovani agricoltori che di prendere in considerazione questo ambiente lavorativo.
“La coltivazione delle erbe aromatiche può tornare utile grazie alla loro resilienza in contesti agricoli dove i problemi di siccità mettono oggi in difficoltà molte colture. Si possono coltivare dalla pianura alle zone montane, l’altura fornisce prodotto migliori, facendo a meno delle irrigazioni e non soffrendo le piante di particolari fitopatologie riescono a adeguarsi bene anche a contesti agricoli ostili” afferma Spagnoli.
In un momento tanto difficile dovuto a una serie di sfide, tra le quali primeggia la crisi climatica, adottare una scelta di questa natura porterebbe a dei vantaggi importanti. Inoltre, non si tratta solo di una questione meramente collegata al profitto.
Spagnoli, infatti, fa luce su un altro aspetto che porta ad altri indiscutibili vantaggi, dato dal fatto che queste colture non vengono apprezzate dagli animali selvatici: “le erbe aromatiche, inoltre, non sono apprezzate dagli animali selvatici, come gli ungulati, che non ne rovinano i raccolti, si rivelano ottime colture per un’agricoltura biologica che rispetti l’ambiente e i suoi ecosistemi, sono ottime amiche delle api e fanno bene alla biodiversità. Grazie al decreto legislativo n.75/2018 che permette agli agricoltori di coltivare e fare le prime trasformazioni in azienda ci siamo lanciati nella coltivazione di queste erbe, in particolar modo di lavanda e timo, sperando di trovare uno spazio economico in un mercato che sicuramente è ancora in fase di costruzione. Queste coltivazioni costituiscono una possibilità economica per giovani agricoltori che credono nel ripopolamento di zone montane e collinari in Italia, dove si produce meno del 30% del fabbisogno nazionale” ha concluso Spagnoli.
All’incontro è intervenuto anche Sauro Biffi, direttore Giardino delle Erbe di Casola Valsenio, raccontando che “Le piante officinali comprendono un gran numero di specie aromatiche spontanee e coltivate. Per lungo tempo sono state considerate infestanti e solo in seguito ad una nuova cultura ed un nuovo interesse del consumatore e degli chef, a partire dagli anni ‘90, hanno trovato una loro valorizzazione”.
Prima di avvicinarci a una cucina più recente, il professor Ballarini ci riporta indietro nel tempo, accompagnandoci nell’antica Roma, dove “il paradigma gastronomico dei ricchi era dominato dal pepe che aveva un costo alto dovendo essere importato, mentre quello dei poveri dall’aglio che veniva coltivato in grandi quantità, nel Medioevo prevale invece l’uso nei monasteri di spezie in maniera salutistica e terapeutica, mentre il Rinascimento apre al consumo edonistico delle spezie. È la cucina borghese di metà Ottocento, che utilizza spezie ed erbe in misura più contenuta, a creare l’utilizzo odierno iniziando a diffondere l’uso gastronomico delle spezie e scoprendo il gusto amaro in aperitivi e digestivi. Differente invece il discorso per i cibi piccanti che hanno limiti di uso diversi nelle diverse ricette e per ogni persona, in quanto guidati dalle abitudini alimentari storiche: in America si usa il peperoncino, in Asia il pepe, in Europa la senape. Il piacere che provocano giustifica la loro presenza, ma la persistenza dipende dal controllo dei limiti di uso ottenuti attraverso tradizioni trasferite nelle ricette delle diverse preparazioni, loro associazioni con altri cibi e rituali d’uso”.
Tornando in tempi più recenti, Biffi racconta del fondatore del Giardino delle Erbe, Augusto Rinaldi Ceroni che, fin dagli anni Quaranta, “ha lavorato per valorizzare e divulgare questo gruppo di piante tanto da proporre, già nel 1949, i primi pranzi con l’impiego delle erbe aromatiche, ma la vera spinta iniziò alla fine degli anni ‘70 quando con la giovane ristoratrice Casolana Katia Fava, iniziarono a studiare i primi menù con l’impiego delle erbe selvatiche. Dalla metà degli anni ‘90 il “Giardino delle Erbe” vede aumentare la presenza di numerosissime scuole alberghiere e scuole universitarie di tutta Italia con corsi legati alla ristorazione ed al turismo. Oggi Casola Valsenio fa parte della “vallata della ristorazione” dove, da Riolo Terme a Brisighella, i ristoranti hanno introdotto nei loro menù erbe e fiori officinali per divulgare un nuovo modo di mangiare valorizzando i sapori e lo stare bene a tavola”.
Come accennato, le erbe aromatiche e le spezie incidono in molto positivo sulla nostra salute. Così la dottoressa Luciana Prete, direttore Uoc Igiene Alimenti e Nutrizione Azienda Usl Bologna consiglia di prestare molta attenzione alla provenienza a non esagerare “Il consumo giornaliero di erbe aromatiche e spezie, nel contesto della dieta mediterranea, offre le migliori condizioni per un’attività antiossidante e per ridurre l’infiammazione cronica che è alla base di numerose patologie della terza età. Queste sostanze sono insostituibili e da consumare ogni giorno per la prevenzione delle malattie metaboliche, cardiovascolari, osteoarticolari, neurodegenerative, tumorali e per la cura di affezioni intestinali e dermatologiche, ma risulta sempre più sicuro consumarle con l’alimentazione che nei medicinali. Evidente – ha proseguito la dottoressa Prete – è il potenziale probiotico di pepe nero, peperoncino, cannella, zenzero, curcuma, origano e rosmarino, ma attenzione perché spezie ed erbe aromatiche possono essere contaminate da microrganismi quando provengono da Paesi con condizioni igieniche precarie. Le spezie intere hanno in genere cariche batteriche inferiori a quelle macinate per la minor manipolazione a cui sono sottoposte, ma uno dei rischi maggiori è la contaminazione da aflatossine, contaminazione da pesticidi e metalli pesanti. Inoltre, se utilizzate come alimenti o come integratori hanno grandi proprietà curative, ma i loro principi attivi possono dare effetti collaterali, causare reazioni allergiche, manifestare attività anticoagulante o provocare interazioni con altri medicinali; vanno perciò sempre consumate all’interno di una dieta sana ed equilibrata”
Si ringrazia per la notizia e per le foto all’interno Lorenzo Bonazzi
In apertura, foto di Olio Officina©
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