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Il futuro dell’agricoltura? Le applicazioni nanotech con finalità green e sostenibile

Una grande svolta per la difesa fitosanitaria. Recenti studi del Dipartimento di Patologia Vegetale (DAFNE) dell'Università della Tuscia hanno dimostrato l'efficacia delle nanotecnologie nella trasformazione degli scarti agricoli (lignina e cellulosa) in nanoagrofarmaci green che potrebbero sostituire o comunque ridurre gli imput chimici nella difesa fitosanitaria. L'applicazione? È già pronta per essere trasferita su scala industriale

Olio Officina

Il futuro dell’agricoltura? Le applicazioni nanotech con finalità green e sostenibile

Uno studio interessantissimo e molto attuale rispetto alle innovazioni tecnologiche in atto in tanti settori. Anche l’agricoltura non disdegna le nanotecnologie. Gli studi dell’Università della Tuscia hanno interessato infatti alcune coltivazioni strategiche per il made in Italy, tra cui l’olivo. Le evidenze scientifiche del gruppo di Patologia vegetale del Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali hanno dimostrato l’efficacia di formulazioni a base di nanocristalli di cellulosa e di nanolignina – ottenuti dagli scarti delle filiere agricole – nella difesa fitosanitaria.

L’obiettivo delle ricerche è di individuare strategie di protezione delle colture innovative ed ecosostenibili, per ridurre l’impiego di prodotti chimici e migliorare la resa produttiva. Ora la metodologia applicata in laboratorio è pronta per essere estesa su scala industriale.

Così, a poco più di trent’anni dalle loro prime applicazioni in ambito medico e scientifico, le nanotecnologie oggi, potrebbero essere decisive anche per il mondo agricolo accelerando la “svolta green”e contribuendo al tempo stesso a migliorare la qualità produttiva, contrastando gli effetti dei cambiamenti climatici.

Gli studi in corso stanno in particolare dimostrando l’efficacia nella difesa fitosanitaria delle formulazioni biopolimeriche a base di nanocristalli di cellulosa e nanoparticelle di lignina, quelle ottenute dalla sintesi degli scarti di differenti filiere agroalimentari (potatura, lavorazione e trasformazione della materia prima).

«I risultati come conferma il professor Giorgio Mariano Balestra, docente di Strategie di difesa ecosostenibile delle coltivazioni agrarie all’Università della Tuscia di Viterbo, che guida il team hanno indicato come le biomasse, ottenute da scarti di differenti coltivazioni erbacee e arboree, risultino un promettente materiale di partenza per la sintesi di nanocarrier ligno-cellulosici, evidenziando allo stesso tempo il potenziale dei nanocristalli di cellulosa e delle nanoparticelle di lignina come strumenti innovativi green per controllare infezioni microbiche a danno delle coltivazioni, senza alcuna interferenza sul fisiologico sviluppo delle piante stesse, riducendo l’incidenza delle malattie in modo equivalente o migliore rispetto a quanto registrato impiegando i sali di rame».

Queste ricerche rappresentano dunque un traguardo importantissimo nella lotta alla salvaguardia ambientale come nella tutela degli insetti impollinatori, che più di altri subiscono l’impatto negativo degli agenti chimici usati nella difesa fitosanitaria.

Agricoltura sempre più green e sostenibile

L’approccio nanotecnologico potrebbe rivelarsi uno strumento efficace non solo per l’ambiente, ma anche per migliorarne la resa produttiva riducendo i costi e le perdite – spesso ingenti – che derivano dagli attacchi degli agenti patogeni, oggi resi ancora più devastanti dal cambiamento climatico.

«È la prima volta –prosegue Giorgio Mariano Balestrache si valuta la possibilità di sfruttare gli scarti di filiere agricole come fonti innovative per ottenere dei biopolimeri da riutilizzare per sviluppare strategie di protezione delle piante. Le materie prime lignocellulosiche proposte e i protocolli di estrazione adottati si sono rivelati un punto di partenza molto promettente, a costi contenuti, per aumentare il valore delle differenti filiere in un contesto di economia circolare. Questi risultati, insieme alla confermata compatibilità fitobiologica, suggeriscono come l’impiego dei nanomateriali saggiati sia particolarmente performante nello sviluppo di nanoagrofarmaci green efficaci rispetto a numerosi patogeni che causano gravi danni e ingenti perdite a carico di differenti coltivazioni».

Grano, pomodoro, vite, actinidia, nocciolo e olivo al centro degli studi

Gli studi condotti si inseriscono nell’ambito di linee di ricerca supportate da progetti regionali e nazionali (Lazio Innova, GRAEEN e MULTIFRU, MUR, SAFEMed e PON Nemesi) per la valorizzazione degli scarti da filiere agroalimentari (come porzioni di pianta, rami di potatura, gusci delle nocciole) e hanno già ottenuto numerose pubblicazioni.

Il team del DAFNE (Drr. Sara Francesconi, Daniele Schiavi, Linda Felici, Prof. Francesco Sestili) si sta focalizzando in particolare sugli scarti delle filiere di grano, pomodoro, vite, actinidia, nocciolo e olivo valutando l’efficacia contro i danni e le perdite causati da microrganismi (batteri e funghi) agenti di gravi malattie alle stesse coltivazioni da cui si recuperano gli scarti.

«Si tratta – precisa il Professor Balestra – di patologie in grado di causare danni e perdite ingenti all’interno di filiere agroalimentari che rappresentano i pilastri del nostro Made in Italy».

L’obiettivo è quello di sviluppare strategie di protezione innovative ed ecosostenibili, su scala nanometrica.

Cellulosa e lignina come base di partenza

I ricercatori hanno scelto di lavorare su cellulosa e lignina in quanto sono i due biopolimeri più abbondanti presenti nel mondo vegetale e negli scarti delle coltivazioni (es.: le piante che a fine raccolto vengo interrate nel suolo, i rami di potatura, o i gusci delle nocciole) ed entrambi biodegradabili. Inoltre, vantano interessanti e numerose proprietà fisico-chimiche, meccaniche e antimicrobiche che le rendono adatte all’applicazione.

«Lavorare su scala nanometrica (1 nanometro = 1 miliardesimo di metro, cioè 10-9 ) – spiega ancora il Professor Balestra – significa riuscire a ricondurre a dimensioni particolarmente ridotte elementi presenti in natura in grado di esprimere attività antimicrobica. Ciò permette di poterli utilizzare in maniera ottimale nei confronti di microrganismi dannosi».

L’azione dei nanocristalli e delle nano particelle

I differenti nanocristalli di cellulosa (NCC) e le nanoparticelle di lignina (NL) ottenuti, hanno mostrato un’azione antimicrobica e biostimolante specifica per ciascuna delle piante. In particolare, quelli ricavati da scarti di piante di pomodoro supportano il rilascio di chitosano, una sostanza di origine naturale che mostra efficacia nel contrastare l’agente della picchiettatura batterica del pomodoro e della fusariosi della spiga del grano. Analogamente i nanocristalli e le nanoparticelle ottenuti da scarti della coltivazione del nocciolo (potatura e gusci delle nocciole) sono in grado di contrastare l’agente della necrosi batterica.

Infine quelli provenienti dagli scarti di potatura dell’olivo, hanno mostrato la loro proprietà protettiva sulla superficie fogliare delle piante di olivo rispetto all’agente causale della rogna, con un’efficacia superiore rispetto a quella dei sali rame.

Dal laboratorio all’industria

Tra le attività di ricerca, sono stati avviati differenti studi per comprendere al meglio i meccanismi biologici alla base delle attività di inibizione microbica dimostrate, offrendo così, ai differenti attori delle filiere produttive, le basi applicative per strategie ecosostenibili per la protezione delle coltivazioni agrarie, alternative ai prodotti chimici ad oggi impiegati. Ci sono pertanto le premesse per uno sviluppo industriale della metodologia.

Per approfondimenti si rimanda alla recente pubblicazione del libro Nanotechnology-Based Sustainable Alternatives for the Management of Plant Diseases (2022).

In apertura, una illustrazione di Angelo Ruta. Si ringrazia per la notizia Silvia Anna Fissore

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