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La produzione locale di energia non è utopia

Si ha tanta fame e sete di energia, oggi; e tutto ciò che serve per produrla diventa quanto mai fondamentale in tempi di emergenza come quelli attuali. L’energia la si può ricavare dai residui delle potature in agricoltura, per esempio. Tale operazione è possibile riducendo perfino le emissioni di gas serra. È il caso del Gal Patavino, nel Veneto, che sta sperimentando l’autoproduzione energetica con i fondi di sviluppo rurale

Marcello Ortenzi

La produzione locale di energia non è utopia

La situazione energetica italiana, in quest’epoca di ricatto dei fossili da parte della Russia, spinge a cercare tutte le possibili opzioni di risparmio energetico e di utilizzo delle forme di produzione energetica interna alternativa a quella importata.

Una delle possibilità è di utilizzare i residui delle potature in agricoltura che possono alimentare la filiera virtuosa “legno – energia” grazie all’impiego di nuove tecnologie che permettano non solo di sfruttare gli scarti come fonte energetica ma anche di ridurre le emissioni di anidride carbonica del processo produttivo.

Un progetto pilota attivato dal Gal Patavino in collaborazione con le organizzazioni agricole Coldiretti Padova, Cia e Confagricoltura e finanziato dalla Regione Veneto con i fondi Leader del Programma di Sviluppo Locale, punta allo sviluppo della filiera legno-energia da residui di potatura con la riduzione delle emissioni di gas serra come volano nello sviluppo delle zone rurali. L’iniziativa, chiamata “Remed”, che sta “Reduction of EMission by bioEnergy as rural areas Development”, ha ottenuto un finanziamento di 145.000 euro dal PNR. L’aspetto innovativo del progetto, insieme alla valorizzazione della filiera legno –energia, è nell’impiego di un fotobioreattore, un sistema di coltivazione di alghe e microorganismi, che permette di abbattere le emissioni di CO2 e di accrescere l’efficienza energetica del progetto che porta all’uso della biomassa di scarti delle potature in agricoltura. Le ramaglie raccolte in vigneti, frutteti e oliveti al termine delle operazioni di potatura, normalmente legno che costituisce per lo più un problema da eliminare ora invece può diventare una risorsa. Il progetto prevede infatti di trasformare questi scarti delle aziende agricole dei Colli Euganei e della Bassa Padovana in cippato per alimentare gli impianti energetici di ultima generazione. L’innovazione riguarda il fotobioreattore per la produzione di alghe da impiegare come fertilizzanti o ammendanti naturali in agricoltura. Le emissioni della caldaia sono convogliate nel fotobioreattore, evitando gli inquinamenti. L’anidride carbonica prodotta dalla combustione del cippato anziché essere dispersa nell’atmosfera è convogliata in questo nuovo impianto per alimentare il processo di accrescimento di bioalghe che potranno essere usate come fertilizzante in agricoltura. Il luogo di sperimentazione e sviluppo è l’Abbazia di Praglia, famoso polo culturale veneto. Quindi si tratta di organizzare un sistema capillare di raccolta degli scarti di potatura direttamente nel fondo agricolo, creare piattaforme di stoccaggio e di cippatura, fino al conferimento alle centrali termiche per la produzione di energia e calore. Raccolta, logistica e riutilizzo hanno l’impatto migliore in termini ambientali ed economici se gestiti localmente con la logica della filiera corta. Non solo, l’impiego delle alghe come fertilizzanti, chiude questo processo virtuoso: la sostanza organica sottratta con le potature viene bilanciata con l’uso delle alghe per fertilizzare il terreno. Il progetto si inquadra nel nuovo programma nazionale di incentivo alle comunità energetiche, nonché nell’innovazione per il rafforzamento delle filiere delle produttive del settore agroforestale, che è una delle possibilità per ridurre la quantità di energia proveniente dall’estero.

In apertura, una cippatrice in azione; foto di Marcello Ortenzi

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