Anche l’olio di sansa
Tutte le categorie merceologiche che rientrano tra gli oli da olive hanno un proprio valore. La stessa ristorazione può trarne vantaggio, per esempio nelle fritture. Eppure viene un po’ considerato come il fratello povero. Nell’ambito della seconda edizione del Forum Olio & Ristorazione è intervenuto Michele Martucci, presidente del Gruppo Olio di sansa di Assitol (Dodicesima puntata. Continua)
Questa che leggete è la puntata numero dodici. Insomma, possiamo sostenere che di parole se ne sono ascoltate tante, e tutti gli interventi sono stati preziosi e arricchenti. Potette cliccare in fondo a questo articolo le varie puntate che si sono succedute, in modo da non perdervi nulla.
Intanto, come avete letto, affrontiamo il tema dell’olio di sansa di oliva, che è poi, nella piramide della qualità, l’olio che sta alla base, quindi non confrontabile assolutamente con gli oli extra vergini di oliva, ma non per questo disdegnabile, perché se confrontato con altri oli vegetali l’olio di sansa di oliva fa la sua bella figura sul piano nutrizionale e salutistico. Anche se non tutti se ne rendono conto.
Michele Martucci, presidente del Gruppo Olio di sansa di Assitol, è intervenuto in collegamento Skype. Il direttore di Olio Officina, Luigi Caricato, premette quello che tutti già hanno avuto modo di sentire nel corso dei vari incontri organizzati anche nell’ambito di Olio Officina Festival, ma ora anche al pubblico di ristoratori e chef convenuti al Forum Olio & Ristorazione dello scorso 27 maggio a Milano.
“Non trascuriamo la base di questa piramide”, ha premesso Caricato. “L’olio di sansa d’oliva non è certamente da considerare un olio adatto per un impiego a crudo, ma è sicuramente tra gli oli più indicato per la frittura. Nelle fritture industriali, per esempio, è un ottimo liquido di frittura; ma è un olio che può essere benissimo utilizzato anche nella preparazione dei piatti pronti. Anziché utilizzare oli di scarsa qualità sul piano nutrizionale – ha precisato Caricato, tanto vale ricorrere all’olio di sansa di oliva. Pur essendo l’elemento che sta alla base della piramide della qualità degli oli da olive resta comunque un prodotto di qualità nutrizionale certa e garantita”.
Michele Martucci, da parte sua, inutile evidenziarlo, riconosce l’importanza di quest’olio, non soltanto perché rappresenta le aziende produttrici, ma perché oggettivamente il valore va assegnato a pieno titolo, pur nel rispetto di una scala gerarchica della qualità. C’è però una difficoltà a far comprendere tale valore. Il motivo secondo Martucci: assolutamente sta nel fatto “che ci troviamo davanti a un settore che per quasi cinquant’anni non è stato considerato, perché si è ritenuto il fratello minore, anzi, per essere più precisi, il fratello brutto dell’olio extra vergine di oliva. Su quest’ultimo si sono concentrate tutte le attenzioni e tutti gli studi. Dare centralità e importanza all’olio extra vergine di oliva è stato fondamentale, ma non è stata una scelta saggia l’aver messo in ombra tutti gli altri oli da olive, dall’olio di oliva vergine all’olio di oliva, fino all’olio di sansa di oliva. Essendo l’olio di sansa quello meno pregiato, il meno diffuso, e anche l’olio disponibile in quantità minore, perché appunto se ne produce meno, è stato per molti versi accantonato e messo da parte”.
Martucci sostiene la “debolezza commerciale” di quest’olio, anche perché “non dobbiamo dimenticare che parliamo di un olio che rappresenta il 7/8% della produzione totale di oli da olive di spremitura, per cui – precisa il presidente Martucci – parliamo veramente di poche quantità di prodotto”. Inoltre, c’è pure un altro aspetto da considerare, il fatto che “storicamente si è sempre visto il sansificio come un’azienda industriale e non una impresa manifatturiera/artigianale intenta a produrre un prodotto di nicchia e di qualità. Sono stati dunque questi fattori – il pensare da un lato al sansificio solo come espressione di qualcosa di industriale, e dall’altro all’oli di sansa come olio di scarsa qualità – a far sì che di fatto si perdesse via via sempre più spazio sul mercato”.
La situazione attuale non è tra le migliori. “Oggi – ha precisato Martucci – in Italia sugli scaffali non si trovano bottiglie di olio di sansa. Lo si trova invece all’estero: negli Stati Uniti, nei mercati orientali, e in ogni caso in quei mercati dove c’è maggiore cultura alimentare e una maggior cultura anche a livello nutrizionale”.
“L’olio di sansa – ha proseguito Michele Martucci – è buono perché ha un contenuto in acidi grassi di alto profilo ed è pertanto un olio molto stabile. I nostri studi sull’olio di sansa sono fermi al passato, si è investito poco e niente. Gli spagnoli invece anche su questo fronte sono molto avanti. Con un progetto a mio avviso bellissimo – ha precisato Martucci – hanno pensato bene di spingere notevolmente questo prodotto. Il progetto si chiama Oriva e già lo stesso nome restituisce valore al prodotto. Noi siamo invece fermi, ancorati a un nome – sansa, appunto – che è un nome bruttissimo che si associa a qualcosa di bassa qualità quando non è assolutamente vero”.
“C’è grande ignoranza, possiamo forse dirlo senza timore di esagerare”, ha incalzato Luigi Caricato. E Martucci a sua volta ha preso la palla al balzo per sostenere che “oggi, tra l’altro, le estrazioni dell’olio dalla sansa vengono ormai curate nei minimi particolari. I sansifici italiani lavorano bene, nel processo di raffinazione, facendo in modo che gli oli raffinati di sansa siano simili agli oli raffinati di oliva. Per cui – ha precisato – nella classificazione merceologica è vero che occorre collocarlo nel punto più basso di tutta la gamma degli oli da olive, ma non ha nulla a che vedere con tutti gli oli estratti del seme. La qualità è oggettiva, perché è un olio che deriva dall’oliva, ovvero dalla buccia e dal seme di oliva. L’olio di sansa di oliva ha una qualità che non ha nulla a che vedere con oli che, per assurdo, oggi valgono molto di più sul mercato, pur con caratteristiche di qualità ben più basse rispetto all’olio di sansa”.
“Cosa ci rimane da fare?”, si è chiesto il presidente del Gruppo Olio di sansa di Assito. “Ci rimane da sperare nella cultura. Una attività di comunicazione come la sua, dottor Caricato, è preziosa. Per la Spagna Oriva – ha proseguito Martucci – è oggi una realtà interprofessionale in cui ci sono tutti i soggetti della filiera, compresi quelli del mondo della ristorazione e del canale Horeca. Si lavora, in Spagna, per evidenziare l’ottimo utilizzo che si può fare con l’olio di sansa di oliva. La cultura e una filiera unita sono le uniche possibilità che ci rimangono. In Italia – – ha ammesso con una punta di amarezza Martucci – dobbiamo purtroppo combattere contro un sistema che non riconosce la giusta scala di valor. Tutto questo non è un buon segnale, perché ormai si sta perendo su più fronti, da quello della produzione di oli di spremitura, dove non siamo autosufficienti, e, di conseguenza, anche sul fronte degli oli di seconda spremitura, quale appunto è l’olio di sansa”.
Luigi Caricato per conto suo è stato soddisfatto per le considerazioni espresse da Martucci: “Io – ha dichiarato Caricato – tutta questa inutile ostilità nei confronti dell’olio di sansa proprio non la comprendo”. E ha concluso con un ragionamento: “si parla tanto di spreco alimentare; quindi, per evitare uno spreco ingiustificabile bisogna valorizzare le risorse di cui disponiamo. Non solo: c’è anche uno spreco di materia prima. Se esiste la sansa, questa occorre pur utilizzarla, se vi è dell’olio residuo. Occorre semplicemente educare a utilizzare l’olio che si estrae dalla sansa per scopi adatti alla materia prima”.
Alla fine è stato proiettato uno dei tanti video realizzati dagli spagnoli di Oriva rivolto non genericamente al pubblico della ristorazione, ma addirittura a quello dell’alta ristorazione. Si possono ottenere degli eccellenti fritti con l’olio di sansa di oliva. Provare per credere.” A Madrid – ha aggounto Caricato – nelle varie edizioni del Wooe, la più importante e autorevole manifestazione fieristica dedicata agli oli imbottigliati, Oriva ha condotto delle prove sul campo con risultati ragguardevoli. Perché allora mantenere questa uggia tutta italiana che sottrae valore a qualcosa che il valore lo ha intrinsecamente?”
Fine dodicesima parte, continua.
LEGGI LA PRIMA PARTE: Cosa è emerso al Forum Olio & Ristorazione
LEGGI LA SECONDA PARTE: L’olio di intrattenimento
LEGGI LA TERZA PARTE: La ristorazione oliocentrica
LEGGI LA QUARTA PARTE: L’olio come oggetto di studio
LEGGI LA QUINTA PARTE: Il Garda Dop al ristorante
LEGGI LA SESTA PARTE: Più valore all’aceto
LEGGI LA SETTIMA PARTE: Non basta dire olio
LEGGI LA OTTAVA PARTE: La questione prezzo degli oli
LEGGI LA NONA PARTE: Non si vende solo olio
LEGGI LA DECIMA PARTE: Tanti oli al ristorante
LEGGI LA UNDICESIMA PARTE: L’olio è un’emozione
La foto di apertura è di Nicola Pantaleo Spa (per gentile concessione), qiella che ritrae Michele Martucci è di Gianfranco Maggio per Olio Officina
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