Festival

Gli oli, i mieli, le api, gli ulivi. Dolci sinergie

Olio Officina

Tra i relatori di Olio Officina Food Festival il giornalista Fausto Delegà. Con lui l’apicoltore Gino Belli. Un bella esperienza di api negli uliveti, tutta da raccontare, sfatando un po’, fin dove in molti non sanno, la reale, ma non così scontata e assoluta autosufficenza anemogama degli ulivi. Poi gli incroci nei dolci tra le centinaia di monovarietali possibili e i più di cinquanta tipi di mieli che le api possono produrre in Italia, in un vasto panorama tutto da scoprire

Non perdete assolutamente l’intervento di Fasuto Delegà. Con lui ci sarà anche un apicoltore molto bravo: Gino Belli. Sarà curioso ascoltarli. Intanto, per voi una anticipazione.

FAUSTO DELEGA’

La vite, l’ulivo, gli esseri vegetali in generale. Da cui i vini, gli oli evo, i mieli. Tre attori ugualmente importanti: il primo, il vino, sovraesposto; gli altri due, spesso dimenticati o sconosciuti, quali lettori di terroir.

I mieli certamente sconosciuti ai più in questo loro ruolo.

Nel vino il racconto finale del prodotto risulta in parte molto soggetto all’azione e al pensiero dell’uomo.

Si può fare molto in vigna e in cantina.

Il vino ha poi un grande alleato: l’alcol, una chiave liquida che da sempre ha aperto i nostri cuori e accarezzato i nostri pensieri.

Gli altri due, gli oli e i mieli, non hanno questo potente alleato chimico che fa da megafono. Hanno voci molto sottili, non fanno ridere di gioia dopo qualche bicchiere, come fa il vino, anzi spesso non si riescono a capire e a sentire i loro racconti.

L’azione dell’uomo da sempre, nel caso di oli e mieli, è molto limitata, se non del tutto assente.

In frantoio si agisce su un po’ di tempi e leggere variazioni di temperatura oggi in maniera decisiva con risultati esaltanti.

Nei mieli l’uomo addirittura interviene nella sola azione meccanica del farli uscire dai favi tal quali, come decisi dalle api, le quali sono nel caso dei mieli come gli oliandoli e i vignaioli in oli e vini, assemblano i mieli, li costruiscono su progetto di fiori e piante.

Olio e miele hanno poi, in comune, una cosa che rimane ai più sconosciuta: sono due prodotti totalmente vegetali, racconti vegetali, progettati da fiori e piante.

Il primo, l’olio evo, espressione magica di un frutto nel quale l’ulivo ripone la sua forza di sopravvivenza.

Il secondo, il miele, voce diretta dei fiori e dei grandi alberi che le api traducono in infinite parole, dolci, commestibili, mettendoci dentro di loro, di animale, una parte talmente minuscola – enzimi – da risultare non misurabile. Perciò, siamo di fronte a due degli innumerevoli magnifici tentativi che gli esseri vegetali fanno per contattarci nei loro modi, dato che non possono avvalersi del movimento e nemmeno della parola, ma arrivano a usare sistemi non certo meno intelligenti per farci vivere in un mondo, un pianeta, che loro dominano, non noi.

Detto questo passerei al secondo aspetto, credo nuovo, o per lo meno non molto conosciuto: la presenza delle api negli uliveti.

Il vento da sempre si afferma essere il miglior alleato nella impollinazione degli ulivi. L’impollinazione nell’olivo è anemofila, ovvero ottenuta grazie al trasporto di polline del vento e non per mezzo di insetti pronubi (impollinazione entomofila). Certo, questo è vero, per questo i fiori degli ulivi sono così tanti e minuscoli, di facile penetrazione da parte del vento.

Gli ulivi, nella loro stagione degli amori, producono una quantità notevole di pollini che vengono affidati alla casualità del vento e alla sua indispensabile presenza. Questo da’ origine però in genere ad una allegagione dei frutti – olive –molto limitata.

Tantissimi fiori, poche olive finali rispetto al numero dei fiori iniziale.

I fiori degli ulivi, poi, sono notoriamente poveri in nettare, direi quasi senza nettare. Ecco perché a pochissimi apicoltori è venuto, e verrebbe in mente, di mettere api in un uliveto, dato che l’apicoltore punta a far produrre alle api discrete quantità di mieli. Ma c’ê un ma. Se noi ci avviciniamo per un attimo alla evoluzione naturale, che sarà il futuro, degli apicoltori in “api-cultori”, entreremo in contatto con chi ama e conosce bene le api e i loro ragionamenti come superorganismo-alveare.

L’api-cultore sa che le api, super specializzate nelle loro bottinature (così si chiama il loro lavoro di raccolta), non si limitano a raccogliere nettare o melate, ma vi sono tra loro api che si dedicano esclusivamente ai… pollini, che sono nella alimentazione dello sciame la parte proteica indispensabile alla vita della famiglia.

Il polline degli ulivi, alle api piace. É per loro speciale ed é molto amato. L’ape, poi, per come è fatta, per come ragiona e per come si comporta con i fiori, si fa riconoscere subito quando vi si posa e opera, e i fiori la premiano.

L’ape porta poi questi pollini da fiore a fiore, da pianta a pianta, facendo un lavoro immenso e, quel che è più importante è che l’ape non cambia mai la tipologia dei fiori che sta visitando, incrocia solo fiori della stessa specie, è fedele. Questo tutte le piante lo sanno, da sempre, specie gli ulivi, che non a caso, ma ragionando, vivono per centinaia se non migliaia di anni in alcuni casi.

L’ape “massaggia” i fiori e si fa riconoscere, questi lo sentono e reagiscono. La pianta decide di aumentare subito la produzione del proprio polline, e forse decide anche qualcosa di cui non siamo ancora a conoscenza.

Sta di fatto che il risultato finale di questi innumerevoli voli di ape da fiore a fiore per raccogliere polline si traduce in una maggiore presenza di frutti, in una maggiore salute dell’uliveto. Come se questo traesse benessere e piacere da questo insetto che lo cura proprio nella sua stagione più “appassionata”. Questo poi ci permetterà infine di creare le nostre “biblioteche vegetali” fatte di libri edibili, che si leggono con la bocca. Biblioteche di casa, fatte di oli e mieli.

 Fausto Delegà

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