Monini in prima linea per ridurre l’effetto serra.
Monini in prima linea per ridurre l’effetto serra. Stamane a Olio Officina Food Festival sono stati presentati i risultati dello studio completo sul ciclo di vita per definire l’impronta carbonica (Carbon Footprint) di due tra i suoi oli extra vergine d’oliva più pregiati: il Bios e l’Umbria dop. Un’analisi sull’intera filiera dell’azienda spoletina, dalla coltivazione delle olive alla distribuzione delle bottiglie di olio, legata alla ISO/TS 14067:2013, norma internazionale di recente emanazione che Monini è tra le prime a livello internazionale e tra le pochissime del proprio settore produttivo a impiegare. “Lo studio ha messo in evidenza le fasi maggiormente impattanti sul riscaldamento globale” ha spiegato Maria Flora Monini. Per il 50-65% è la coltivazione delle olive, per il 20-25% la produzione di materiali d”imballaggio, in particolare la bottiglia di vetro, per il 16% la distribuzione via camion del prodotto finito, per il 5% il confezionamento del prodotto finito legato al consumato di eletttricità e per il 3-5% l’estrazione di olio”. Dalle analisi, in collaborazione con Ambiente Italia, ai fatti: l’azienda ha infatti deciso un contenimento dei consumi energetici e dei prodotti chimici per la coltivazione delle olive, sta studiando un imballaggio a bassa impronta di carbonio e come ridurre i consumi elettrici. Ha inoltre deciso di compensare le emissioni di gas a effetto serra del ciclo di vita dei due oli finanziando un’attività per assorbire o evitare tonnellate di CO2 in atmosfera. “Nella fase di coltivazione esistono molti margini per ridurre le emissioni pur mantenendo quantità e qualità delle produzioni” ha sottolineato Mario Zambrini, amministratore unico di Ambiente Italia. Un impegno lusinghiero che, si è ribadito a Olio Officina Food Festival, dovrebbe estendersi a “macchia d’olio”. Nonostante i costi, infatti, lo studio di nuove strategie per ridurre l’impatto ambientale ha ricadute positive a livello ecologico e nella percezione del consumatore. Lo ha spiegato Andrea Ronchi, business development manager di Ecoway: “In base a dati 2012 della Comunità europea, gli Stati Uniti hanno visto in GDO crescere del 19% i prodotti “green label”, mentre quelli tradizionali hanno registrato un decremento dell’1,5%”. Ora si tratta di valorizzare l’impegno sostenibile in etichetta.
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