Olio Officina Festival

L’olio è un’emozione

“Una bottiglia di acqua, o una bottiglia di vino già aperta, viene forse portata su un altro tavolo? No. L’olio invece sì? Perché?” Secondoilmaître Valerio Beltrami, presidente di Amira, l’associazione maître, ristoratori e albergatori, pensare all’olio extra vergine di oliva quale apertura prima del pasto, è la strada giusta per valorizzarlo, ma occorre far di più. Oggi al ristorante non si va più solo per mangiare, ma per vivere una emozione, e l’olio è una grande emozione. Prosegue il nostro dettagliato resoconto di quanto è stato affermato nel corso della seconda edizione del Forum Olio & Ristorazionea Milano (Undicesima puntata. Continua)

Maria Carla Squeo

L’olio è un’emozione

Torniamo al Forum Olio & Ristorazione, la cui seconda edizione si è svolta lo scorso 28 maggio. Puntualmente, a puntate, abbiamo ripercorso quanto è stato detto in quell’occasione. E ora, proseguiamo in questa undicesima puntata riportando quanto si è ascoltato durante la tavola rotonda “Nuove idee in sala e in cucina, messa in piedi da Olitalia insieme con Olio Officina.

Settimana scorsa ci siamo soffermati sulle considerazioni dello chef Massimo Moroni, e ora mettiamo in luce quanto pronunciato da Valerio Beltrami, presidente di Amira, l’associazione maître, ristoratori e albergatori: “Io – ha detto – sono cresciuto con olio e sale. La nostra merenda era quella. Quindi già un tempo c’era la consuetudine di ricorrere all’olio, magari non era lo stesso olio di qualità di oggi. Diciamo pure che oggi ormai in quasi tutti i ristoranti, prima ancora di partire con il piatto principale, si esordisce con il piatto di benvenuto. È chiaro che la Spagna oggi abbia dato maggiore rilievo, chapeau per loro, anche se l’Italia non sta indietro. Chiaramente la Spagna oggi con i suoi oli è molto più importante di noi”.

“Pensare all’olio quale apertura prima del pasto, direi che sia una lodevole iniziativa. Come d’altra parte avviene in Inghilterra con il burro salato. Anche da noi deve essere presentato l’olio al ristorante. Per noi l’olio è fondamentale, anche perché in Italia ogni regione produce un olio diverso. Secondo me ci sono grandi oli che meritano ampiamente e direi pure che è molto importante assegnare un ruolo di rimo piano all’olio. Però noi come categoria ci siamo chiesti: quanti albergatori e ristoratori sono disponibili a spendere qualcosa in più? Faccio un passo indietro: ormai in sala, il maître, il cameriere, è considerato un portapiatti. Tanto per portare un piatto non ci vuole niente, questa è l’idea che si è fatta. L’importante, invece, è lo chef che cucina. Ma è un concetto giusto? Dammi solo una risposta e poi vado avanti”, e nel dir questo Beltrami si rivolge esplicitamente allo chef Massimo Moroni, il quale insieme con lui e con Anna Baccarani di Olitalia è tra i relatori della tavola rotonda.

Per Massimo Moroni la risposta è immediata, e non poteva essere diversa da quella che pronuncia: “Non è assolutamente concetto giusto, metter in secondo piano chi sta in sala. Anche perché – ammette – se io faccio un grande piatto e il cameriere arriva dal cliente senza saperlo raccontare, io posso anche fare il piatto più bello del mondo, ma finisce lì”.

Al cheValerio Beltrami incalza: “ma quanti ristoratori pensano questo?”

E Moroni, senza alcuna esitazione: “ultimamente stanno cambiando direzione; come dicevi tu, all’inizio c’era questa diatriba fra sala e cucina, ma ora fortunatamente non c’è più. Era un atteggiamento dovuto all’ignoranza. All’inizio della mia carriera l’ho vissuta sulla mia pelle, ma da quando ho preso le redini in mano, da quando sono chef, non c’è mai stata incomprensione, almeno per quanto riguarda il mio caso.

Sala e cucina devono operare all’unisono, e, come ha opportunamente sostenuto Valerio Beltrami, si tratta di due anelli di una catena, e guai se questi anelli non sono legati l’uno con l’altro. Alla fine degli anni ’60, quando ho iniziato la mia carriera girando per Francia, Inghilterra, Germania, America et altri Paesi, persisteva un po’ la mentalità che lo chef, o chi comunque lavorava in cucina, dicesse a mo’ di sfida ‘voi prendete le mance e a noi nulla’, quindi esisteva da sempre questo contrasto. Io però posso garantire che ogni volta che sono stato in grandi alberghi, in grandi strutture, dove ero caposervizio, ho sempre diviso le mance a partire dalla cucina, fino alla lavanderia e finanche alla manutenzione. Ripeto: l’albergo e il ristorante è fatto di catene, di piccoli anelli; guai se venisse a mancare un anello della catena: si è tutti importanti”.

“Tornando, nello specifico, al tema dell’olio – precisa Valerio Beltrami – ritengo sia fondamentale cambiare approccio e acquisire una cultura dell’olio. Cambiare vuol dire anche chiedere la disponibilità agli operatori del settore di fare formazione per il personale. Io ultimamente ho tenuto dei corsi di aggiornamento sul personale di sala. Una azienda con 240 dipendenti ha investito perché vuole del personale preparato, perché è proprio con il personale preparato che si guadagna. Ora – si chiede Beltrami – chi è, alla fine, disposto a fare cultura sull’olio in sala? Chi è disponibile a spendere dieci minuti, ma anche tre o quattro, a dire ‘guardi le faccio assaggiare questo e quest’altro…’. Io sono il primo ad aprire su questo versante. Occorre crederci”.

Quando si ascoltano persone che hanno raggiunto un successo professionale è evidente che i loro pensieri siano sempre in linea con il buon senso, ma il problema è quando ci si confronta con coloro che svolgono una professione più per abitudine che per grande convinzione. Lo chef Massimo Moroni che ci siano gli spazi per creare una nuova visione dell’olio: “il cliente moderno – ha sostenuto – percepisce il lavoro che c’è dietro in un ristorante. Sa benissimo che dietro la preparazione di un grande piatto ci vogliono dei grandi ingredienti di qualità; quindi, se si parte già da un grande olio, si parte avvantaggiati, anche se poi come diceva giustamente il maître Beltrami quando si va a tavola bisogna essere preparati: il cliente chiede e occorre saper rispondere, bisogna essere preparati. Non è un caso – ha ammesso Moroni – che il maître che collabora con me, quando faccio la stesura del menù ci confrontiamo. Il mio maître è a stretto contatto con il cliente, quindi voglio sapere quel che il cliente chiede, quello che il cliente ha bisogno. Come ha giustamente sostenuto Luigi Caricato, la degustazione di olio come entrée è una bellissima iniziativa. Per quanto riguarda la mia esperienza personale, si può benissimo portare avanti il discorso, anche se ho già sentito i miei colleghi dire quanto sia complicato. Sostengono che vi siano troppi passaggi per organizzare questa degustazione prima di inoltrare la portata principale, ma a mio parere – ha concluso Moroni – si può fare: basta volerlo”.

La chiave di tutto, per raggiungere gli obiettivi, è la formazione. Secondo Anna Baccarni “nella ristorazione attuale ci sono tutte le condizioni per fare del proprio mestiere un business e rendere di conseguenza la ristorazione capace di generare fatturato. La soluzione consiste nel sapersi distinguere dagli altri. La ristorazione ha bisogno sempre più di innovazione, anche perché ci si deve distinguere dal concorrente che sta di fianco al proprio locale, e io ritengo – ha affermato pienamente convinta la Baccarani – che l’idea dell’olio di intrattenimento possa essere portata avanti con successo. Occorre superare le logiche di un tempo. Nel momento in cui si crea una propositività sull’olio, facendo diventare un carattere distintivo del locale la presenza dell’olio, allora emerge quel valore aggiunto che alla fine diventa anche una fonte di guadagno. Noi come Olitalia siamo alla costante ricerca di idee propositive, per cercare di proporre l’olio in maniera diversa, in modo che non diventi per il ristoratore solo un costo ma che, a fine giornata, conti anche quante bottiglie di olio manchino per poter fare un nuovo ordine. L’Accademia di Olitalia è nata tre anni fa e opera a pieno regime, nel senso che lavoriamo quasi tutti i giorni con gli ospiti che vengono a trovarci, italiani e non. La nostra accademia è rivolta ai professionisti del settore, perché è il target più facile da coinvolgere ed è anche quello più interessato ad approfondire l’argomento perché si sente che vi è una mancanza di conoscenze al contrario di quanto accade con il vino, dove quasi tutti hanno qualcosa da dire. Sull’olio, invece, si trovano ancora professionisti che non riescono ad articolare un discorso, non riuscendo a spiegare di che olio si tratti e a cosa serva. La formazione è sicuramente un modo per affrontare saggiamente ogni lacuna e acquisire nuovi saperi.

Noi abbiamo tre tipologie di corsi: quelli base, quelli intermedi e quelli avanzati. Siamo anche molto attivi online, con corsi a distanza. L’Accademia di Olitalia si è rivelata un momento di approfondimento con i nostri clienti ma è diventata nel contempo per l’azienda un momento di ricerca e sviluppo, per cui ci si si trova all’interno dell’accademia per sperimentare i prodotti della concorrenza, facendo degli assaggi quotidiani e sperimentare insieme con gli chef.

Sulla necessità di insistere sulla formazione sono tutti d’accordo.Valerio Beltrami dal canto suo sviluppa anche una considerazione attraverso cui trova il pieno favore del pubblico. “Una bottiglia di acqua, o una bottiglia di vino già aperta, viene forse portata su un altro tavolo? No. L’olio invece sì? Perché? La risposta – sostiene Beltrami – è già implicita: basterebbero delle bottigliette d’olio da 100 ml e quando il cliente ha utilizzato l’olio quel che se lo porta a casa. Io – aggiunge Beltrami – ho parlato con alcune aziende presenti al Forum di Olio Officina. Ho chiesto quanto potesse costare una bottiglietta d’olio da 100 ml. Circa 1,90/ 2 euro. Ebbene, quanto incide su un menu di 40 euro? Zero! Però, è un qualcosa che noi diamo al cliente e che allo stesso tempo, con il medesimo gesto, noi abbiamo dato anche una occasione di cultura e conoscenza. Quel cliente si porta a casa qualcosa che è stata per lui un’emozione che ha provato a tavola, un ricordo e, probabilmente, qualcosa che serve anche per l’indomani”. Beltrami non lascia adito a dubbi: “Io detesto andare al ristorante e leggere 3 euro di coperto: cosa vuol dire? Si mettono 50 centesimi su antipasto, primo e secondo e così i 3 euro spariscono. A volte anche nelle pizzerie, dove si utilizzano delle tovagliette di carta si trova 5 euro di coperto, ma non ha senso. Lo stesso discorso vale per l’olio: come oggi noi al ristorante possiamo portarci a casa una bottiglia di vino che paghiamo 20-40 euro, perché ne beviamo solo un bicchiere, ugualmente io mi posso portare a casa la bottiglietta d’olio. Qui ci vuole cultura, occorre fare formazione e se non facciamo nulla siamo dei falliti

Un altro argomento che è stato trattato nella tavola rotonda è stato il “carrello degli oli”. Per Beltrami il carrello degli oli è utile anche se richiede lavoro e una gestione da parte di persone competenti. “Io – ha detto Beltrami – vi garantisco che sto girando ultimamente in vari ristoranti e chi ha il carrello dei formaggi, li vende pure, ma perché c’è sempre qualcuno che viene al tavolo e spiega la storia. Ripeto: al ristorante non si va più per mangiare ma per vivere una emozione, e l’olio è un’emozione”.

Fine undicesima parte, continua.

LEGGI LA PRIMA PARTE: Cosa è emerso al Forum Olio & Ristorazione

LEGGI LA SECONDA PARTE: L’olio di intrattenimento

LEGGI LA TERZA PARTE: La ristorazione oliocentrica

LEGGI LA QUARTA PARTE: L’olio come oggetto di studio

LEGGI LA QUINTA PARTE: Il Garda Dop al ristorante

LEGGI LA SESTA PARTE: Più valore all’aceto

LEGGI LA SETTIMA PARTE: Non basta dire olio

LEGGI LA OTTAVA PARTE: La questione prezzo degli oli

LEGGI LA NONA PARTE: Non si vende solo olio

LEGGI LA DECIMA PARTE: Tanti oli al ristorante

La foto di apertura (da sinistra Luigi Caricato, Anna Baccarani e Valerio Beltrami) è di Gianfranco Maggio per Olio Officina

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