È finita l’era dell’olio-commodity?
Secondo i dati Ue, negli ultimi cinque anni, la produzione di olio d’oliva è gradualmente calata in tutta Europa. Lo scenario è molto teso, ma nonostante ciò il settore ha tenuto. Il crollo paventato da molti non c’è stato, si è anzi assistito a un complessivo riposizionamento dell’extra vergine a scaffale. D’altra parte, si ha a che fare con una spremuta di olive, non con un detersivo: è inaccettabile trattare da prodotto civetta l’olio extra vergine di oliva
Riportiamo l’intervento del direttore generale di Assitol, che si è tenuto nell’ambito della tredicesima edizione di Olio Officina Festival a Milano, lo scorso 1 marzo 2024, nel corso dell’incontro sul tema “Mercato dell’olio in fibrillazione, le possibili strategie per il futuro”, dove hanno presenziato tutti gli attori della filiera olio di oliva.
Il bello di essere a Olio Officina Festival è che possiamo confrontarci sul palco con tutta la filiera. Sia chiaro: siamo abituati a incontrarci e discutere, ma, per ovvi motivi di tempo, non riusciamo a farlo sempre tutti insieme. Oggi, invece, ci siamo riusciti, e per giunta affrontiamo il tema per eccellenza, ovvero il futuro del nostro settore.
Viviamo un momento storico molto complesso per il comparto dell’olio d’oliva. La campagna ancora in corso ha registrato un forte calo produttivo, causato dalla lunga siccità in tutto il Mediterraneo. In particolare, il dimezzamento dei quantitativi in Spagna, primo produttore al mondo di olio d’oliva, ha influenzato negativamente il mercato, accelerando l’aumento delle quotazioni e incidendo fortemente sugli stock di materia prima, che oggi sono ulteriormente diminuiti.
In Italia abbiamo recuperato circa il 20% della produzione di olio rispetto a due anni fa, ma le quantità sono ancora inferiori alle 350mila tonnellate. Del resto, la nostra olivicoltura, anche nelle annate migliori, copre non più del 30% del nostro fabbisogno, pari a circa 1 milione di tonnellate tra mercato interno ed export. Secondo i dati Ue, negli ultimi cinque anni, la produzione di olio d’oliva è gradualmente calata in tutta Europa, l’aumento di produzione dell’Italia purtroppo non riesce a compensare il drastico calo degli altri Paesi produttori.
Lo scenario, insomma, è davvero molto teso. Eppure, nonostante tutto il settore ha tenuto. I dati Nielsen, che sono basati su rilevazioni serie e certificate, ci raccontano che i consumi sono diminuiti di circa il 10%. Il famoso crollo, paventato da molti, non c’è stato. Semmai abbiamo assistito ad un complessivo riposizionamento dell’extra vergine a scaffale, che ha praticamente azzerato la differenza tra l’olio extra di origine comunitaria e quello italiano, le cui vendite sono cresciute in modo significativo nel mercato nazionale.
È finita l’era dell’olio-commodity? Sembrerebbe proprio di sì, per nostra fortuna. Assitol, che da sempre si batte contro il sottocosto, ripete da anni che l’olio d’oliva è una spremuta di olive, non un detersivo, ed è quindi inaccettabile trattarlo da prodotto civetta, per attirare clienti a suon di ribassi. La sua capacità di regalare benessere è unica, il suo gusto è ineguagliabile. È quindi arrivato il momento giusto per trasmettere al consumatore che l’extra vergine ha un valore ben preciso, quindi va pagato in modo adeguato, come già succede con il vino.
L’Associazione, su questo punto, ha lanciato una provocazione già da qualche mese: è davvero soltanto un problema di costi oppure è ora di cambiare il nostro modo di considerare l’extra vergine? L’olio d’oliva è molto più di un semplice condimento, e non è certo un grasso alimentare come gli altri. È una vera spremuta di salute e così dovrebbe essere comunicata e percepita, marcando la sua differenza rispetto ad altri grassi e condimenti.
La ricerca scientifica ne ha attestato i benefici nutrizionali e salutistici, che ne fanno un alimento unico nel suo genere. La sua principale funzione protettiva riguarda il cuore ed il sistema cardiocircolatorio, che difende contro l’insorgere di gravi problemi come l’infarto e l’ictus, ma la scienza parla sempre più spesso di extra vergine anche per il contrasto alle malattie degenerative e ai tumori. La Dieta Mediterranea è ritenuta la dieta più salutare e sostenibile al mondo anche grazie all’apporto dell’olio d’oliva. Ma soprattutto il suo contributo in termini di gusto è semplicemente straordinario.
I motivi per affermare che questo alimento ha grande valore, insomma, ci sono proprio tutti. Ecco perché abbiamo chiesto alle istituzioni di lanciare una grande campagna di promozione dedicata all’olio d’oliva, evitando così la disaffezione dei consumatori nei confronti di questo alimento dalle qualità salutistiche e nutrizionali indiscusse.
In tal senso, il ristorante, vetrina finora poco utilizzata anche a causa della scarsa conoscenza che gli stessi operatori hanno del prodotto, potrebbe acquistare un ruolo importante sul mercato. L’olio extra vergine potrebbe contribuire alla narrazione che i ristoratori costruiscono sull’offerta gastronomica che propongono alla clientela. Del resto, lo si fa già con il vino, perché non farlo con l’olio extra vergine d’oliva? Si potrebbe proporre l’olio in piccole confezioni, da assaggiare a tavola e poi acquistare. Un altro modo per raccontare l’olio nella ristorazione potrebbe essere il “Pane&Olio di benvenuto”, l’abbinamento tra il pane fresco artigianale e l’olio extra vergine d’oliva all’inizio del pasto.
In ogni caso, l’olio va comprato in totale sicurezza. A tal proposito, è bene ricordare che l’olio d’oliva si vende dappertutto, ma non è sempre conservato a regola d’arte. L’extra vergine è un prodotto vivo, sensibile agli sbalzi di temperatura e alla luce, quindi va gestito con grandissima cura, cosa che non sempre accade. È quindi molto importante comprare sempre presso canali e operatori ufficiali, evitando, ad esempio, di scegliere il mercatino dove le bottiglie di olio sono tenute su un banchetto al sole, con il rischio di ossidare il prodotto.
In apertura, foto di Olio Officina
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