Olio Officina Festival

Rapportare la qualità dell’olio Evo, e il suo prezzo, alla funzione d’uso

Purtroppo, pur con le tante e differenti cultivar, l’olio extra vergine di oliva non entra nella ricerca e nello sviluppo di nuovi sapori e combinazioni che portino a esperienze culinarie sempre più soddisfacenti e interessanti. La gran parte dei consumatori è ancorata al concetto del risparmio su un prodotto preferibilmente privo di specifici attributi e che sia disponibile per tutti gli impieghi

Daniele Tirelli

Rapportare la qualità dell’olio Evo, e il suo prezzo, alla funzione d’uso

Per una curiosa coincidenza, la tredicesima edizione di Olio Officina Festival corrisponde alla tredicesima edizione di Master Chef Italia. Per tutte le 12 puntate del più importante “talent show culinario”, ho atteso che tra i più diversi ingredienti esotici o specialistici, scovati per mettere alla frusta i concorrenti sempre sull’orlo dell’esaurimento nervoso, venissero menzionate le cultivar degli oli “made in Italy”, ma invano.

Tredici anni non sono bastati per scoprire ciò che anche le marche private di catene come Todis propongono alla loro clientela. Un pubblico che, pur dotato di una formidabile capacità mnemonica circa formazioni di calcio e rispettivi risultati, per bislacchi rapper con le loro litanie cantilenanti, per marche, influencer e testimonial, ricorda a fatica i nomi di Taggiasca o Leccino.

È una semplice constatazione che evidenzia come il mondo dell’olio di oliva si riferisca ad una business community autoreferenziale, animata da polemiche e rivalità circa la reale eccellenza delle tante, piccole produzioni che, in effetti, sono di eccellenza. Ciò, mentre la stragrande maggioranza dei consumatori è ancorata al concetto del risparmio su un prodotto preferibilmente privo di specifici attributi e che sia disponibile per tutti gli usi. In nessun campo dello sterminato universo dei consumi alimentari è più facile suggerire proposizioni di buon senso, ancor prima di addentrarsi nelle “intricacies” del marketing contemporaneo.

Lo sforzo collettivo dei produttori e delle loro associazioni dovrebbe, in primis, trasmettere alla massa dei consumatori potenziali un primo, semplice messaggio, ovvero rapportare la qualità dell’EVO e il suo prezzo alla funzione d’uso. In breve, utilizzare oli diversi, dal generico per le varie cotture, sino all’uso in purezza nei piatti più raffinati delicati, che rifuggono dalla arrembante “cuisine métissée”, che si basa sull’idea di mescolanza e fusione di ingredienti, tecniche di cottura e sapori provenienti da diverse parti del mondo.

Pur godendo di una palette gustativa più ampia dei vini, per i quali si studiano gli abbinamenti più sottili con gli alimenti, l’olio Evo con le sue cultivar non entra nella ricerca e nello sviluppo di nuovi sapori e combinazioni che portino a esperienze culinarie sempre più soddisfacenti e interessanti.

L’assunto strategico, che non sembra entrare nelle motivazioni ad agire sul piano della comunicazione e della promozione delle imprese del settore, è lo sganciamento del prodotto basico, i blend industriali destinati ai grandi volumi, dalla amplissima gamma degli oli di maggior valenza aromatica, nutrizionale e gustativa, per i quali chiedere prezzi adeguati, similmente a ciò che accade nel vino.

Si dice che il settore non abbia le risorse per sfruttare i grandi formati TV e altri media di grande efficacia. Questo però è solo parzialmente vero. Basta guardare l’investimento nel packaging più raffinato ed elegante, anche da parte di produttori molto piccoli per capire che questa è la direzione sbagliata. Il vino, vaccinato dalla crisi del metanolo e da altre malefatte, ha trovato il modo di parlare di se stesso attraverso la differenziazione più esasperata, pur senza enfatizzare l’estetica della bottiglia, del contenitore.

L’olio deve fare la stessa cosa molto pragmaticamente, comunicando e trasferendo nella mente dei fruitori, l’ordine gerarchico che allinea qualità e prezzo al fine di consentire all’acquirente la più libera scelta.

Mi auguro, pertanto, che nella 14esima edizione di Master Chef Italia, io possa vedere i concorrenti che snocciolano la lista di ingredienti e “passaggi”, aggiungere: “ed infine, un goccio di Coratina per una nuance di amaro, o di Moraiolo per rafforzare la freschezza erbacea del piatto.”

In apertura, foto di Francesca Binda per Olio Officina Festival

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