Quale uliveto per il futuro. Il modello Favolosa spiegato da Nicola Ruggiero
Questa cultivar, altrimenti nota con il nome di Fs-17, è l’arma della speranza nelle mani degli olivicoltori della Puglia, e del Salento in particolare, alle prese con il flagello della Xylella. Ma, più in generale, è un modello razionale, sostenibile e conveniente adattabile a qualsiasi forma di allevamento e a ogni sistema produttivo in base alla localizzazione del terreno, alle sue caratteristiche e alle dimensioni aziendali
Le novita piacciono poco agli italiani, i quali per propria natura aspirerebbero a una tradizione fine a se stessa, e il più delle volte ripiegata anche su se stessa, fino all’inverosimile, ferma al valore (o sarebbe meglio definire disvalore?) della fissità e del lasciare tutto come era nel passato (con tutto ciò che comporta lo stato di immobilità, l’immobilismo, l’inazione). Gli italiani sono fatti così, pongono scarsa fiducia in tutto ciò che è differente a qualcosa di già noto e che richiede rischio. C’è stato addirittura un tempo in cui l’ideatore della Fs-17 – o come oggi viene conosciuta con l’appellativo più efficace di Favolosa – il professor Fontanazza, era stato avversato, anche violentemente, denigrato, deriso, e ora invece tutto sembra essere cambiato. È cambiato l’atteggiamento verso le nuove cultivar e si sta accogliendo la Favolosa con altro spirito. Succede, è la natura umana che è strana e contraddittoria. E così, nel dibattito che si è acceso a partire dalla nostra intervista al professor Salvatore Composeo, che potete rileggere cliccando QUI, a considerare il tema di una olivicoltura pensata in vista del futuro è stato il presidente del Consorzio Oliveti d’Italia Nicola Ruggiero, il quale tramite l’addetto stampa Pasquale Scivittaro ha inviato a noi e ad altri, un suo pensiero, che qui di seguito riportiamo integralmente, utile al dibattito che si è sviluppato. Buona lettura (oof).
Puntare sulla Fs-17, per tutti la Favolosa, varietà certificata dal Cnr e nata dall’incrocio tra la Frantoio e l’Ascolana tenera, significa proiettarsi nel futuro, rispettando la biodiversità e mantenendo inalterata la grande qualità della tradizione olivicola italiana.
La cultivar, come noto, è considerata la più resistente al terribile batterio importato dal Sudamerica, già presente in molte aree olivicole del Mediterraneo, che ha distrutto il patrimonio olivicolo salentino e che rischia di mettere a repentaglio, con la sua avanzata, il vero polmone olivicolo italiano rappresentato dalle province di Bari e Bat.
Il Consorzio Oliveti d’Italia lavora da più di 15 anni alla creazione di un “modello Favolosa”, un percorso virtuoso che consenta agli imprenditori di investire senza esitazioni in un piano che è a tutti gli effetti win win, come dimostrano chiaramente i numeri che parlano meglio di qualsiasi altro esempio.
Fs-17 si distingue per l’elevata attitudine alla propagazione per talea, il rapido accrescimento in campo con inizio di fruttificazione già al secondo anno di piantagione (10%) e l’evoluzione rapida di incremento produttivo che porta la produzione al 50% nel terzo anno (60 quintali), 80% nel quarto anno (96 quintali) e 100% dal quinto anno in poi.
La pianta non soffre della ciclicità produttiva degli impianti tradizionali e, a regime, arriva a produrre in media 120 quintali di olive per ettaro, da raccogliere a inizio ottobre.
Ipotizzando la piantumazione su un ettaro di 800 piante a sesto 5 x 2,5 Nord-Sud, l’investimento complessivo previsto ammonterebbe a poco più di 7300 euro suddivisi tra lavorazione del terreno, concimazione di fondo e livellamento (1000 euro), acquisto delle piante, pali, tiranti, basi in calcestruzzo, tutore e piantumazione (circa 4800 euro), sistema di irrigazione (1500 euro circa).
I costi per la manutenzione e la gestione dell’impianto si aggirerebbero attorno a 1000 euro per i primi due anni, per poi salire lentamente fino ai circa 1650 euro dal quinto anno in poi comprendendo manodopera e raccolta meccanizzata con apposita scavallatrice che impiega circa 2 ore ad ettaro.
Calcolando la vendita di olive prodotte ad un costo medio di 70 euro al quintale, media dei prezzi registrati negli ultimi 5 anni, l’investimento complessivo, compreso delle spese di gestione, produrrebbe utili già a partire dal quarto anno di produzione dell’impianto.
Quale uliveto riesce a dare ricavi reali in meno di cinque anni?
Senza contare naturalmente, come auspicabile, che l’eventuale decisione di trasformare le olive in olio e di vendere il prodotto potrebbe portare a guadagni nettamente superiori.
L’olio extra vergine di oliva di Favolosa, infatti, è caratterizzato da un fruttato medio intenso, con piccante che prevale sull’amaro e note di erba tagliata, mela, pomodoro fresco e, leggermente, di carciofo, con un alto contenuto di polifenoli antiossidanti ed un gusto accattivante per la stragrande maggioranza dei consumatori che prediligono sapori delicati.
La lenta e inesorabile agonia del comparto olivicolo italiano, causato sicuramente da problemi fitosanitari gravi ma anche, e soprattutto, dall’assenza di una visione politica e strategica del settore, può essere ribaltata con idee, lavoro e coraggio, elementi di cui sono dotati tutti gli olivicoltori italiani.
Il modello Favolosa che mettiamo a disposizione degli uomini e delle donne che amano la nostra terra consente all’olivicoltura di guardare con fiducia al futuro e il Consorzio Oliveti d’Italia continua ad essere pioniere di questa visione differente basata su qualità, innovazione e competitività.
La foto di apertura è di Oliveti d’Italia
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