Tutto quel che c’è dietro all’Olio Igp Campania
Quante volte abbiamo ricevuto comunicazioni da parte della compianta Maria Sicuranza, a proposito dell’Indicazione geografica protetta riservata alle produzioni olearie campane. In questo progetto c’era lei, la sua firma, il suo impegno, la sua professionalità. Poi, come spesso accade in certi casi, c’è chi lavora intensamente e chi scippa il lavoro altrui appropriandosi magari anche dei meriti che non ha. Per onorarne la memoria, riportiamo un documento a sua firma
Sono state tante le mail o le telefonate che ci siamo scambiati con la compianta Maria Sicuranza, la quale mi teneva sempre al corrente del suo impegno per giungere all’obiettivo dell’Igp Campania per l’olio regionale. Peccato che oggi non ci sia più, scomparsa prematuramente e drammaticamente, come risulta dalla notizia pubblicata QUI.
Ed ecco uno stralcio, a proposito del suo costante e qualificato impegno a favore di una Igp Campania per l’olio.
“Sono Maria Sicuranza, responsabile qualità dell’oleificio Bsso. e insieme al Dott. Basso sostengo fortemente il progetto Igp Campania in quanto nel corso del mio lavoro ho raccolto diversi elementi che mi fanno credere nel suo sicuro successo”.
Ed ecco, invece, quanto ha scritto lo scorso 23 ottobre Sabino Basso, di lei:
Devi sapere che lei ha fatto tutto da sola per la Igp Campana e più precisamente:
- analisi storica con reperti e etichette riguardante l’olio Campano;
- analisi economica;
- mappatura ed analisi chimica ed organolettica delle varietà Campane individuando il punto di collegamento “organolettico” tra loro.
Qualche mese fa, di questo maledetto 2020, i sindacati agricoli l’hanno estromessa, in modo disgustoso, attribuendosi il merito del lavoro di Maria. Essendo molto arrabbiata al riguardo, esortava me a lottare contro questa ingiustizia ed io le dicevo:
“Cara Maria, tutti sanno la verità e tutti sanno che sei stata il pilastro portante di questa Igp Campania (fatto tutto dal nulla) e ricordati che quando si metteranno la stella sul petto da noi devono venire, anzi da te, per vendere la IGP Campana nel mondo.”
Sai una cosa Luigi scrivendo queste righe mi viene in mente una cosa che Maria mi ha chiesto venerdì della scorsa settimana, due giorni prima di lasciarci.
Venne da me e mi disse: Sabino mi sono scocciata della qualità voglio occuparmi delle vendite, sento il senso commerciale dentro.
Io le risposi procedi pure, hai le qualità.
Penso che lei inconsciamente volesse che un giorno i Sindacati agricoli andassero da lei per chiederle di vendere l’EXTRA IGP CAMPANO.
Credo che metterò su una “Accademia dell’olio Extra Vergine di Oliva Italiano” intitolata a MARIA SICURANZA”.
Tornando a Maria Sicuranza, ecco un altro stralcio in merito al suo impegno per la Igp Campania.
“Mi trovo spesso a confrontarmi con buyer del mercato internazionale che hanno mostrato più di una volta il loro interesse per gli oli campani, in particolare per gli oli Dop, sia dal punto di vista qualitativo e sia perché rappresentano una regione che con le sue tradizioni, i suoi paesaggi (la costiera, il Vesuvio, Paestum, Pompei) e i suoi prodotti di punta (mozzarella, pizza, pomodoro San Marzano) è famosa ed apprezzata in tutto il mondo. Anche l’olivo in Campania rappresenta un elemento caratterizzante sia del paesaggio che dell’economia della regione. Infatti, la Campania risulta la quarta regione olivicola italiana per quantità di olio prodotto e la sesta per superficie olivetata con 72.230 ettari. Nel 2010 la produzione di olive in Campania ha raggiunto i 2.5 milioni di quintali che rappresentano il 7.5 % della produzione nazionale. Tuttavia il comparto è fortemente frammentato e le 5 Dop esistenti prese singolarmente non riescono a coprire i quantitativi richiesti dal mercato internazionale. Occorre realizzare unriadattamento del comparto oleicolo alle logiche del mercato che spesso pretende semplicità comunicativa e una maggiore riconoscibilità del nome geografico che con le Dop non sempre si riesce ad ottenere. È difficile far capire a un tedesco o un americano che la Dop Irpinia colline dell’Ufita o quella Terre Aurunche provengono dalla Campania.Invece, l’Igp Campania in questo senso rappresenta uno strumento che consente di ottenere una maggiore massa critica in grado di poter meglio affrontare il mercato, soprattutto nei confronti della GDO”.
Nel 2017 Maria Sicuranza mi fece pervenire un utile report che riporto integralmente, seppure vada letto nel contesto storico del periodo in cui il documento era stato elaborato. A testimonianza di come un impegno di una singola persona possa fare tanto, nonostante altri si intromettano per prenderne indebitamente i meriti. Buona lettura, dunque. E sappiate che i meriti vanno attribuiti a chi li merita, non a chi se ne appropria.
REPORT OLIO IGP CAMPANIA
di Maria Sicuranza
Introduzione
L’olio di oliva è un prodotto ottenuto dalla prima spremitura dei frutti di “Olea europea”. Da sempre esso ha rappresentato uno dei prodotti fondamentali dell’agricoltura del Mediterraneo, vantando una storia molto antica. Si ipotizza, infatti, che le prime piante fossero state introdotte dai Focesi, nel IV sec. a.C. La pianta, da cui si ottengono i frutti, domina il paesaggio nelle aree interne della Campania, consentendogli una struttura produttiva dalle grandi potenzialità, e svolgendo anche la funzione di protezione e conservazione sia del suolo che dell’ambiente (Regione Campania, 2016).
I dati del 6° Censimento Generale dell’Agricoltura (ISTAT 2010), riportano una superficie coltivata ad olivo in Campania pari a circa 72.000 ettari, e un numero di aziende a vocazione oleicola attive pari a circa 86 mila. La superficie media ad olivo risulta di 1,2 ettari di SAU per azienda, in gran parte destinata alla lavorazione per olive da olio, e in misura minore alla lavorazione di olive da mensa (tabella 3). I dati quindi comprovano le grandi potenzialità di questa coltura, e collocano la Campania al quinto posto tra le regioni italiane per estensione territoriale (con il 6 % della superficie nazionale), e al quarto posto per il numero di aziende (Tabella 1 e Tabella 2).
Le tabelle 4 e 5 pongono a confronto i dati del numero di aziende e degli ettari di SAU nei diversi decenni, in cui emerge una diminuzione dell’8% per quanto concerne le aziende a vocazione oleicola, ma un lento incremento della superficie coltivata negli anni pari a aumento di circa 18% della superfice agricola coltivata.
Per quanto concerne la capacità produttiva, sulla base dei dati forniti dall’Istat aggiornati al 2016, la produzione di olive per la regione Campania si attesta intorno ai 2,8 milioni di quintali, di cui la quasi la totalità destinati.
Colture e caratteristiche delle coltivazioni in Campania
Passando ad analizzare le superfici agricole della Campania e il loro utilizzo, stimiamo una certa predominanza dei seminativi che costituiscono la principale coltivazione della regione (112.512 ettari SAU), seguiti dalle le foraggere (99.712 ettari SAU), l’olivo (72.623 ettari SAU), i fruttiferi (59.495 ettari SAU), la vite (23.281 ettari SAU) e le ortive (23.073) (tabella 4); mentre la ripartizione percentuale del numero di aziende per tipologia di coltura agraria, mostra una maggior prevalenza delle aziende oleicole rispetto alle altre aziende agricole (tabella 5); tale dato probabilmente è da attribuissi alla predominanza di aziende tradizionali a conduzione diretta che anche se non specializzate prettamente nell’olivicoltura posseggono piccoli oliveti, in molti casi anche per il solo autoconsumo.
Dettaglio regionale
La Campania è una regione molto variegata nella sua conformazione morfologica, caratterizzata da catene montuose, distese collinari e zone pianeggianti. Secondo i dati del 6°Censimento generale dell’agricoltura del 2010, la coltivazione dell’olivo per la produzione di olivo da tavola o da olio, è concentrata prevalentemente nella zona collinare con 53.901 ettari, seguita dalla zona di montagna con 14.440 ettari, e la pianura con 4.281 ettari.
L’evidente diversità del territorio, comporta la coesistenza di modelli di coltivazione profondamente diversi tra loro. Tali modelli possono essere di tipo tradizionale o di tipo intensivo. L’impianto di tipo tradizionale è situato prevalentemente nella zona collinare o in montagna, ed è costituito da alberi secolari di grosse dimensioni ad elevato impatto paesaggistico, con una limitata produzione e accentuata alternanza. Tale struttura produttiva non consente alla specie di esprimere al massimo la loro capacità produttiva in termini di costanza di produzione, quantità e qualità del prodotto. L’impianto di tipo intensivo, invece, costituisce un sistema colturale in grado di determinare il raggiungimento dei massimi livelli quali-quantitativi e di contenere i costi di produzione attraverso la meccanizzazione integrale (germoplasma).
Prodotto e struttura produttiva
La maggior parte delle aziende specializzate per l’olivicoltura sia da tavola che da olio, si trova localizzata nella provincia di Salerno, dove si concentra anche la maggiore superfice investita (numero aziende 38.634 SAU 42.450 ettari, 1.616.230 di olive prodotte in quintali). Di seguito troviamo la provincia di Benevento (con 18775 aziende, 13730 ettari di SAU e 407400 di olive prodotte in quintali), seguita dalla provincia di Avellino (con numero aziende 14061 e 7562.02 ettari di SAU e 216000 quintali di olive), la provincia di Caserta (numero di aziende pari a 11223 e 8831.36 ettari di SAU e 266160 quintali di olive ), e infine la provincia di Napoli ( con 3177 aziende e 1745.3 SAU e 126100 quintali di olive prodotte).
Per quanto concerne la produzione di olio di oliva da pressione, da un’analisi dei dati Istat aggiornati al 2016, si può verificare come anche per quanto concerne la produzione primeggia la provincia salernitana con più di 275 mila quintali di olio prodotto, seguita dalla provincia di Benevento con circa 73 mila quintali, la provincia di Caserta con poco meno di 40 mila quintali, la provincia di Avellino con 37 mila quintali e la provincia di Napoli con poco più di 18 mila quintali.
Aziende olivicole
L’utilizzo di moderni sistemi di coltivazione intensivi, oltre dall’orografia sono fortemente limitati anche dalla dimensione delle aziende agricole. L’esame della ripartizione delle aziende per classe di SAU, infatti evidenzia che l’olivo è coltivato in aziende di dimensioni piccole e medie.
Nelle classi compresa tra 0÷ 1,99 ettari rientrano il 64% delle aziende; mentre tra 2÷ 9,99 ricadono il 31% delle aziende olivicole campane. Le aziende con più di 50 ettari sono solo lo 0.35%.
In mancanza di una politica agricola di riordino che possa ridurre le tradizionali anomalie fondiarie, il riconoscimento dell’IGP per l’olio extravergine di oliva Campano, rappresenta un potenziale strumento di valorizzazione della produzione oltre che il possibile accorpamento dell’offerta al fine di costruire masse critiche di prodotto da offrire al mercato mediante la creazione di aggregazioni societarie per il commercio. (Report IPG SICILIA).
L’indagine
L’obiettivo dello studio è quello di analizzare il comprato dell’Olio IGT Campano, per capirne le potenziali prospettive di sviluppo per le imprese operanti nel settore, e di valutarne l’atteggiamento nei confronti dell’ottenimento di un olio certificato con marchio europeo con denominazione “IGP Campania”. La raccolta dei dati è avvenuta in maniera diretta attraverso interviste, condotte con il metodo “face to face”, con gli imprenditori di 40 aziende di cui 23 della provincia di Avellino, 14 della provincia di Caserta e 3 della provincia di Benevento.
La forma aziendale e il profilo dell’imprenditore agricolo
La forma giuridica aziendale prevalente risulta essere quella della ditta individuale, che incide per il 90%, il restante 10% costituito da società a responsabilità limitata o semplice. Le aziende hanno una vocazione prettamente olivicola oppure possono svolgere alte attività come: cerealicola, vitivinicola, etc; tutte le aziende investigate aderiscono a forme di associazioni o consorzi come Aprol Campania – Coldiretti.
L’età media del conduttore aziendale è di circa 52 anni, con grado di studio medio alto: Il 33% dei proprietari è in possesso di un titolo di studio di licenza media o di laurea, il 30% è diplomato, e solo il 5% è in possesso di licenza media inferiore. Il 76% delle aziende è guidato da un capo-azienda uomo, mentre il 24% da un capo azienda donna.
Per quanto concerne il titolo di conduzione, su 40 aziende solo 17 hanno dichiarato il titolo di possesso dei terreni investiti ad olivo. Dall’indagine emerge come forma prevalente è la proprietà, per il 68%, mentre il 32% risulta in affitto.
Collocazione orografica
La struttura aziendale dei rispondenti è caratterizzata da dimensioni medie decisamente superiori alla media regionale, con ampiezza dell’azienda pari a 15 ettari di SAU coltivata. Tuttavia oltre 1/3 del campione presenta una SAU inferiore a 5 ettari (35%).
La quasi totalità delle aziende risulta essere localizzate in collina (94 % delle aziende) e in modesta parte in pianura (6% delle aziende). Il grafico 4 mostra la distinzione in funzione della fascia altimetrica e dell’irrigabilità dei suoli. In particolare, si osserva come l’81% dei suoli siano di collina asciutta e del 14% in collina irrigua, mentre in pianura le aziende risultano tutte in asciutta.
La raccolta delle olive, tra le 40 aziende oggetto di indagine, inizia ad Ottobre e finisce tra la fine di Ottobre (23%) e Novembre (78%); il metodo di coltivazione più diffuso è il convenzionale (52,5%), seguito dal Biologico (30%) e dall’integrato (17,5%).
Per quanto concerne la raccolta, si evidenzia che le aziende che hanno un sistema di coltivazione convenzionale, utilizzano prettamente il sistema di raccolta manuale con abbacchiatori, mentre le aziende che applicano il sistema di raccolta integrato o quello biologico utilizzano sia il metodo di raccolta manuale, con l’aiuto di abbacchiatori, e sia quello meccanizzato con pettine.
Le varietà di olivo
Le varietà menzionate dalle aziende oggetto di indagine sono numerose e caratterizzate da impianti secolari, e aventi rilevanza locale. Dalla nostra indagine è emerso infatti che ad esempio la varietà Ravece è molto diffusa nella provincia di Avellino, con superficie investita in media pari a 1,71 ettari e con produzione media aziendale di olive pari a 54 quintali, seguita dalla varietà Ogliarola Avellinese con superficie investita in media pari a 0,87 ettari e una media di 40.7 quintali di olive prodotte dall’azienda. Nella provincia di Caserta invece, la cultivar maggiormente dichiarata dalle aziende risulta essere la tipologia Frantoio con superficie investita in media pari a 0,83 ettari e con produzione media di olive pari a 15 ettari, e la tipologia Leccino con superficie media investita par a 0.45 ettari, e produzione media di olive pari a 13.33 quintali. Infine, sia nella provincia di Benevento che nella provincia di Caserta, l’Aspirina risulta essere la specie maggiormente presente tra le aziende oggetto di indagine con superficie investita in media pari a 0.2 e 1.14 ettari rispettivamente per Beneventano e Caserta, e con quota media di olive prodotte dalle aziende pari a 12.5 e 11.25 quintali.
La resa media di olio ottenuto dalla produzione delle aziende oggetto d’esame è di 14 kg olio / quintali di olive prodotte.
Altre produzioni DOP e IGP
Agli imprenditori è stato inoltre chiesto se oltre all’olivo, l’utilizzazione del terreno è vocato anche per altre produzioni agroalimentari DOP o IGP. Solo il 12.50% ha risposto Sì, specificando come altra produzione il possesso di uva per vino Aglianico e in un caso, nel Benevento, l’allevamento del Vitellone Bianco, aventi marchio IGP o DOP certificato dall’ente Agroqualità.
Produzione di olive e conferimento ai frantoi
Per quanto concerne la produzione di olive e la loro molitura, dai dati dell’indagine è emerso che il 52.50% produce esclusivamente olive, di cui il 76% le trasforma in un frantoio esterno, mentre il 24% le vende tal quali. Il 7.50% delle aziende produce olive e le molisce nel proprio frantoio, il 5% produce e molisce le olive in frantoio conto terzi. Entrambe queste tipologie non commercializzano il prodotto in azienda. Infine, il 32.50% produce olive e molisce in frantoio conto terzi e commercializza la produzione in azienda.
Relativamente alla vendita dell’olio, dai dati dell’indagine risulta che in media il 25.5% dell’olio venduto è destinato al frantoio, il 27.5% è venduto direttamente in azienda ad un prezzo medio rilevato dalle ultime due campagne olivicole quali 2014 e 2015 pari a circa 8 euro/litro; il 3% è venduto ai grossisti ad un prezzo medio di 11 euro/litro sia per la campagna olivicola 2014 e sia per la campagna olivicola 2015, il 5% invece viene destinato a mostre ed eventi e venduto ad un prezzo medio di 13 euro/litro nella campagna olivicola 2014 e 11 euro/litro nella campagna 2015, il 9% invece è venuto ad alberghi e ristoranti ad un prezzo medio rilevato per le due campagne olivicole sopra citate pari a 12 euro/litro, ed infine il 2% alla grande distribuzione.
Il 35% dell’olio prodotto viene confezionato con un marchio proprio.
Pac e Psr
Al fine di raccogliere elementi di analisi relativamente alle misure adottate di programmazione degli aiuti comunitari, agli imprenditori è stato chiesto di una precedente fruizione di aiuti specifici comunitari, e l’eventuale richiesta futura alla ricezione di nuove misure del PSR previste per l’attuale programmazione quale 2014/2020. Dall’indagine è emerso che il 97% delle aziende, negli anni addietro, hanno ricevuto aiuti specifici comunitari (PAC), ed il 42.50% delle aziende ha usufruito in passato degli aiuti previsti dal Piando di Sviluppo Rurale regionale (PSR). Tra le 40 aziende oggetto di indagine, quelle che hanno usufruito del PSR, l’88% ha ricevuto aiuti concernente la Misura 214 riguardante i pagamenti agro-ambientali, e il 56% ha ricevuto aiuti riguardanti la Misura 211 sull’identità compensativa degli svantaggi naturali a favore degli agricoltori delle zone montane.
Mentre per quanto concerne l’attuale programmazione 2014/2020, il 60% dei rispondenti ha mostrato la propria intenzione al voler aderire della misura 4.1.1 riguardante il “Sostegno a investimenti nelle aziende agricole” (95%) e alla misura 4.1.2 riguardante il “Miglioramento del rendimento globale e della sostenibilità” (5%), e ancora alla misura 11.1 riguardante “L’Agricoltura Biologica” (79.17%), alla misura 10.1 sulla “Produzione integrata” (4.17%), e infine alla misura 611 riguardante il “Riconoscimento del premio per giovani agricoltori che per la prima volta si insediano come capo azienda agricola” (4.17%).
Analisi Scala Likert
L’obiettivo principale del lavoro è stato quello di valutare l’atteggiamento degli imprenditori nei confronti dell’ottenimento di un olio certificato con marchio europeo con denominazione “IGP Campania” dopo l’entrata in vigore del decreto legge sul marchio dell’Unione Europea per la salvaguardia dei prodotti IGP e DOP e a tutela dei consumatori.Dall’analisi dei dati è risultato che tra le 40 aziende oggetto di indagine il 84% degli imprenditori si è dichiarato favorevole all’adozione del marchio comunitario dell’Unione Europea visto come elemento essenziale per la competitività del prodotto.
Nella seconda parte del questionario, inoltre si è voluto indagare sulle problematiche relative all’olivicoltura campana e sull’importanza dell’innovazione e dei finanziamenti Europei, attraverso utilizzato della metrica della scala likert a 7 livelli.
Dalla rappresentazione grafica è agevole osservare che in media gli imprenditori ritengono che tra le problematiche di rilievo per l’olivicoltura campana vi sia l’assenza della Consulenza Aziendale, l’assenza di una Filiera Strutturata, le Dimensioni Modeste dell’Azienda e l’assenza di una Politica per lo Sviluppo dell’Innovazione. Mentre non ritengono sia di rilevante importanza l’Assenza di certificazione pubblica del prodotto come l’IGP o la DOP, il prezzo basso dell’olio e lo scarso interesse da parte della trasformazione e della commercializzazione per l’olio campano.
Il dato rilevato dalla domanda sull’Assenza delle certificazioni pubbliche è in netto contrasto sul favore espresso riguardante l’istituzione del Marchio Europeo “IGP Campania”.
Analisi nazionale sulle certificazioni DOP e IGP dell’olio di oliva extra-vergine
Sulla base di dati raccolti presso rivenditori da parte di (Information Resources Inc.) IRI InfoScan per il periodo 2012-2014, sono state fatte delle elaborazioni per verificare le performance degli oli d’oliva DOP e IGP differenziati per regione. Sono state quindi confrontate le quantità vendute a livello locale, le quantità vendute a livello nazionale e i margini di prezzo, per ogni produzione regionale.
I risultati in termini di performance di mercato hanno permesso di identificare quattro segmenti:
(1) Prodotti di nicchia (prodotti con piccole quantità ed ampi margini di prezzo),
(2) Prodotti ben differenziati (alte sia le quantità che i margini),
(3) Prodotti di nicchia fallimentari (basse quantità e bassi margini di prezzo)
(4) Prodotti con fallita differenziazione (alte quantità e bassi margini di prezzo).
Nei segmenti con scarsa performance di mercato si trovano tutte le regioni con un’accentuata frammentazione delle denominazioni (es.: Sicilia aveva 6 DOP prima dell’introduzione dell’IGP regionale). Mentre la Toscana, regione che ha già adottato l’IGP regionale da tempo, si colloca nel segmento 2, in quanto ha margini di prezzo medio-alti con delle quantità notevoli che assicurano un’ottima penetrazione del mercato (in termini di quantità la Toscana è la seconda regione Italiana produttrice di olio d’oliva certificato, mentre l’IGP Toscana è la prima denominazione d’Italia per quantità).
Questo lascia supporre che la proliferazione di prodotti con denominazione d’origine confonda il consumatore che non riesce a riconoscere (e quindi a pagare) le tante denominazioni sul mercato, per cui un nome collettivo che racchiuda più certificazioni verrebbe di sicuro riconosciuto meglio e permetterebbe di costruire una reputazione, e quindi, di ottenere margini di prezzo più alti sul mercato, risanando così delle situazioni fallimentari, come quella Campania (i prodotti campani si trovano attualmente nel segmento 3).
Riferimento:
- Cavallo, A. Bonanno, R. Viscecchia, T. Del Giudice, G. Cicia – “O Premium, Where Art Thou?” – Origin Price Premiums Disparities in Italy’s Extra Virgin Olive Oil Market – working paper
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