Codice Oleario

Condimenti aromatizzati a base di oli da olive, la posizione dell’Icqrf

Ci sono state tante polemiche, come al solito. Se sia possibile o meno commercializzare anche in Italia i condimenti aromatizzati a base di oli vegetali, olio di oliva compreso. Per fronteggiare la controversia il direttore generale della prevenzione e repressione frodi Emilio Gatto firma una nota in cui chiarisce nel dettaglio la questione, richiamando anche l’attenzione sulle modalità di presentazione al consumatore finale e su come tali condimenti vengono disposti sullo scaffale e il contesto in cui sono posti in vendita

Olio Officina

Condimenti aromatizzati a base di oli da olive, la posizione dell’Icqrf

Ci sono state settimane infuocate, con un rincorrersi di comunicati stampa e allarmismi puntualmente resi pubblici anche ai consumatori, creando così, come spesso accade, un immancabile stato di apprensione. Vizio tipico italiano, quello di agitare gli animi, e segno evidente anche di una filiera che non sa imbastire un confronto al suo interno, non affrontando mai preventivamente le problematiche di cui il settore soffre ormai da decenni per penuria di prodotto. Così, l’immissione in commercio di bottiglie contenenti condimenti aromatizzati a base di oli da olive e altri oli vegetali ha destato preoccupazione, al punto da coinvolgere, in questa querelle, gli organi istituzionali. Ed ecco, conseguentemente, la nota dell’Icqrf, a firma del direttore generale Emilio Gatto.

“Preliminarmente occorre osservare che l’aggiunta di spezie, di piante aromatiche o di uno o più aromi ad un olio d’oliva o ad un olio di sansa d’oliva fa sì che il prodotto ottenuto non possa essere più presentato al consumatore finale con una delle denominazioni previste per dette categorie di oli, ma solo con un’altra denominazione (1) che contenga il riferimento condimento”.

“Analogamente – si legge nella nota – l’aggiunta di dette sostanze alle miscele di oli d’oliva con altri oli vegetali ne determina il cambio della natura merceologica in condimenti, venendo meno pertanto l’applicabilità del divieto alla commercializzazione di dette miscele previsto dall’art. 23 del R.D.L. n. 2033/1925 (2)”.

“Ciò premesso, – prosegue la nota – considerato che per i condimenti non ci sono delle denominazioni legali previste da una normativa specifica (come, ad esempio, nel caso degli oli d’oliva), si ritiene che per denominare correttamente il prodotto si debba ricorrere ad una denominazione descrittiva, così come previsto dall’art. 17, paragrafo 1, del Reg (UE) n. 1169/2011”.

“Al riguardo – si legge sempre nella nota diffusa dall’Icqrf – si richiama l’attenzione sulle disposizioni di cui all’ art. 16, paragrafo 3, del Reg. (UE) n. 2022/2104 che dispone che, quando la presenza di un olio d’oliva o di un olio di sansa d’oliva è evidenziata nell’etichetta, al di fuori della lista degli ingredienti, attraverso termini, immagini o simboli grafici, la denominazione del prodotto alimentare è seguita direttamente dall’indicazione della percentuale di olio rispetto al peso netto totale del prodotto alimentare. Ne consegue che la denominazione di vendita deve ritenersi irregolare se mancante di tale percentuale, anche qualora questa fosse riportata nella lista degli ingredienti”.

“Infine, – prosegue la nota – si richiama l’attenzione sulle modalità di presentazione dei condimenti in questione al consumatore finale. Infatti, la corretta etichettatura dell’alimento è il primo requisito di tutela del consumatore, ma non l’unico. Si prenda, ad esempio, una denominazione di vendita corretta da un punto di vista “formale” in cui, per i caratteri grafici utilizzati, viene enfatizzata la presenza dell’olio extra vergine di oliva a tal punto che gli altri termini della denominazione stessa vengono messi in secondo piano. Tale denominazione potrebbe essere erroneamente percepita dal consumatore finale che potrebbe essere indotto ad acquistare il prodotto ritenendolo un olio extra vergine di oliva.

Inoltre, al fine di non essere confusi con gli oli d’oliva, è necessario considerare anche il modo in cui i condimenti sono disposti sullo scaffale o, in generale, il contesto in cui questi sono posti in vendita (3)”. A tal proposito, pur dovendosi valutare caso per caso la “non ingannevolezza” delle singole modalità di vendita riscontrate in commercio, si evidenzia la necessità che i suddetti condimenti aromatizzati siano distanziati adeguatamente dagli oli d’oliva. Ciò potrebbe essere realizzato, ad esempio, esponendo questi prodotti in settori distinti e distanti del punto vendita. Qualora per ragioni di spazio ciò non fosse possibile, il distanziamento potrebbe essere realizzato anche frapponendo altri tipi di alimenti tra i condimenti di cui trattasi e gli oli d’oliva (come ad es. aceto, conserve, ecc.)”.

 

 

NOTE

1 La commissione Europea ha ritenuto non corretta la denominazione “Olio extra vergine di oliva con aglio” ad un prodotto ottenuto dall’aromatizzazione dell’extra vergine con l’aglio, in quanto è stata utilizzata la denominazione di vendita riservata all’olio extra vergine di oliva nonostante che sia stata fatta una pratica (aromatizzazione) non consentita per tale categoria (rif. “Glossary of interpretations in respect of marketing standards for olive oil and olive-pomace oil regulation (EU) n. 29/2012 and regulation (eec) no 2568/91-REV 1, updated Mars 2019).

2 L’art. 23 del R.D.L. n. 2033/1925, tra l’altro, dispone che “È vietato di preparare e smerciare miscele di olio di oliva con altri oli vegetali commestibili…”. A livello dell’Unione Europea, il commercio al dettaglio di tali prodotti è disciplinato dagli artt. 3 e 12 del Reg. (UE) n. 2022/2104. In particolare, l’art, 3, paragrafo 3, di detto regolamento precisa che “Gli Stati membri possono vietare la produzione, sul loro territorio, delle miscele di oli di oliva e di altri oli vegetali di cui al paragrafo 1 per il consumo interno. Tuttavia essi non possono vietare la commercializzazione, sul loro territorio, delle suddette miscele di oli provenienti da altri paesi, né vietare la produzione, sul loro territorio, di dette miscele ai fini della commercializzazione in un altro Stato membro o dell’esportazione”.

3 Si veda l’art. 7, paragrafo 4, del Reg. (UE) n. 1169/2011

 

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