Estoy Viva
Al Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano la protagonista è Regina José Galindo, con una mostra di cortocircuiti e slittamenti. Il suo corpo minuto e all’apparenza fragile è esposto a una serie di azioni pubbliche che usano lo spazio metaforico dell'arte per denunciare le implicazioni etiche legate alle ingiustizie sociali e culturali
Regina José Galindo è un’artista guatamalteca. E’ nata infatti nel 1974 a Guatemala City, dove vive e lavora. Ha ricevuto il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 2005, nella categoria giovani artisti, mentre nel 2011 ha ricevuto il Prince Claus Award in Olanda, e ha vinto il premio speciale alla 29° Biennale di Lubiana.
Il Leone d’Oro alla 51° Biennale di Venezia lo ebbe “per aver saputo dare vita a un’azione coraggiosa contro il potere”. La sua chiave connotativa è il suo corpo. Nel luglio 2003 entra in scena una giovane donna che cammina lasciando dietro di sé una scia di impronte di sangue umano con il quale si è sporcata i piedi poco prima, in memoria delle vittime del conflitto armato in Guatemala. Il tragitto va dalla Corte Costituzionale fino al Palazzo Nazionale del Guatemala.
Ora Regina José Galindo è protagonista a Milano con la mostra Estoy viva, in corso dal 25 marzo fino all’8 giugno presso il Pac, il Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano. La mostra racconta in cinque macro emergenze tematiche – Politica, Donna, Violenza, Organico e Morte – l’ultima produzione dell’artista e raccoglie un’ampia selezione dei suoi lavori più rappresentativi, dalle origini a oggi. Si tratta di un viaggio emozionale raccontato attraverso fotografie, video, sculture e disegni. E’ un percorso costruito attraverso cortocircuiti e slittamenti, che affianca ad alcune delle sue azioni più emblematiche e conosciute, opere più recenti e numerosi lavori inediti o mai esposti prima in Italia, come ¿Quién puede borrar las huellas? (2003), Himenoplastia (2004), Mientras, ellos siguen libres (2007) e Caparazon (2010), opere più recenti e numerosi lavori inediti o mai esposti prima in Italia, come Marabunta e Joroba (2011), Descensión (2013) o la toccante La Verdad (2013).
L’artista indaga in particolare la dimensione soppressa e rimossa della sofferenza, utilizzando il proprio corpo in chiave politica e polemica per riattivare i traumi del rimosso e le rovine della storia. Partendo dal microcosmo del suo paese, il Guatemala, teatro di perenne instabilità e violenza, l’artista realizza opere scomode e drammatiche. Il suo corpo minuto e all’apparenza fragile è esposto ad una serie di azioni pubbliche che usano lo spazio metaforico dell’arte per denunciare le implicazioni etiche legate alle ingiustizie sociali e culturali, le discriminazioni di razza e di sesso e più in generale tutti gli abusi derivanti dalle relazioni di potere che affliggono la società contemporanea.
Le sue performance – si legge in una nota di presentazione della mostra – sono realizzate in un’ottica di coinvolgimento totale. Rannicchiata nuda sotto una campana di plexiglass o sopra uno scoglio a picco sul mare, nascosta sotto un letto, appesa ad un albero dentro una rete da pesca, sdraiata immobile sull’erba con i capelli nella terra come radici, legata e accovacciata sul pavimento di un motel. Spalmata di carbone o di fango, con la testa sott’acqua fino ai limiti della resistenza o esposta nuda a getti violenti di acqua fredda. Immobile, respirando appena, a volte mani e piedi immobilizzati. In bilico tra la vita e la morte l’artista indaga la paura, l’angoscia e le loro conseguenze, affrontandone in prima persona il rischio fisico e psicologico, spingendosi oltre i propri limiti con performance radicali, spiazzanti ed eticamente scomode.
La ricerca dell’artista sulla violenza, la privazione dei diritti e della libertà individuale è universale e incontra storie di ogni continente e realtà. Per questo motivo tutti i visitatori potranno, volendo, sostenere attraverso la mostra l’attività di Amnesty International scegliendo all’ingresso il biglietto donazione.
Promossa dal Comune di Milano Cultura in occasione di MiArt 2014, prodotta da PAC e Civita e curata da Diego Sileo ed Eugenio Viola, Estoy Viva è la prima – e più completa – antologica dell’artista mai realizzata. In occasione della mostra è stata pubblicato un catalogo edito da Skira Editore, con testi inediti dei due curatori e di Emanuela Borzacchiello, latino-americanista ed esperta in gender studies.
INFO
Orari. Martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 9.30 — 19.30. Giovedì 9.30 — 22.30. Lunedì chiuso
Festività. 20, 25 aprile, 1°maggio orario regolare. 21 aprile e 2 giugno dalle 09.30 alle 19.30. Ultimo ingresso sempre un’ora prima della chiusura
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