Sicuramente l’avrete sentito dire (e questa balla l’ha fatta bere anche al Papa) che i piccoli agricoltori producono il 70 o addirittura l’80% del cibo mondiale.
Dove sta l’inghippo? Sta nel fatto che si mettono assieme, considerandole intercambiali, “aziende famigliari” e “piccole aziende agricole”, solo che le seconde sono caratterizzate da piccole superfici, mentre le prime sono delle aziende condotte da una famiglia di agricoltori indipendentemente dalla superficie coltivata.
Esistono nel mondo moltissime aziende di 500 ettari che sono coltivate da un’unica famiglia per mezzo di attrezzature adeguate.
L’84% dei 570 milioni di aziende agricole del pianeta sono “piccole aziende agricole” e non coltivano più di 2 ettari, ma guarda caso è qui che si annidano le persone più povere del mondo, dove più si soffre la fame e vi è il maggior esodo verso l’inurbamento.
Da questo studio che trovate CLICCANDO QUI, si evince che le piccole aziende famigliari producono il 29% del cibo e utilizzano il 24% delle terre del pianeta, vale a dire producono meno della metà del cibo che Carlin Petrini ripete come un mantra.
Essi hanno la migliore produttività della terra, ma la minore produttività del lavoro, ossia sono schiavi della fatica. Bastava comunque guardare le condizioni nostre di un secolo fa per saperlo.
Per raggiungere quel 70-80% bisogna includervi le aziende agricole di 100 – 200 ettari, che appunto Carlin Petrini vorrebbe espropriare, ma che per i suoi discorsi ideologici gli servono per imbrogliare l’uditore acritico.
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