Visioni

Il “dateci soldi” per campare? Non funziona più

Alberto Guidorzi

Cosa ci fanno i trattori italiani in giro per le strade? Vi devo dire sinceramente che sono rimasto basito dalle risposte alle interviste che gli agricoltori si sono prestati a trasmettere a latere dei trattori in marcia.

Se io non fossi un addetto alle problematiche agricole, ma un semplice consumatore mi sarei fatto l’idea che siamo ai soliti piagnistei. In tutti i trenta secondi di intervista trasmessi non è apparso il vero motivo che spinge gente a intasare le vie di comunicazione con i trattori. Tra tutti i problemi che derivano all’agricoltura europea dalle decisioni cervellotiche e ideologiche di Bruxelles, si citano esigenze che rientrano unicamente in richieste di “elemosine” per poter campare, invece di richieste di provvedimenti strutturali e di cancellazione di lacci e laccioli che non permettono all’agricoltore-imprenditore di intraprendere e ricavarne profitti. Ma gli agricoltori non l’hanno ancora capito che più dipendono dagli aiuti pubblici, più sono ricattati e meno ottengono?

Guardino una buona volta cos’è capitato loro nel tempo: vi è stata un’epoca in cui la spesa agricola nel bilancio comunitario occupava il 40% e anche più, ed è su questo dato che l’ambientalismo ideologico ha fatto leva, cioè ha detto: “voi ricevete il 40% dei soldi pubblici? Allora io faccio credere che avvelenate ambiente e consumatori (riuscendovi, tra l’altro molto bene!) e ottengo delle decisioni comunitarie per le quali l’aiuto pubblico che si elargisce deve essere ricambiato tramite imposizioni circa il modo di coltivare che crea burocrazia e vi priva degli input necessari; in questo modo dimostro al cittadino-consumatore che così godrà di un ambiente migliore di un cibo più sano e potrà trastullarsi in campagna a osservar farfalle e papaveri nei campi, oppure cogliere fiordalisi.

Nessuno informa questa gente, ad esempio, che in Italia l’agricoltura in un secolo ha abbandonato, lasciando che il naturale vi si installi, ben 12 milioni di ettari prima coltivati? Si dica loro che si vada lì a cercare la biodiversità e a godersi il paesaggio!

Perché non si dice anche che il cittadino che vi colpevolizza è quello che si è preso quasi la metà di quella superficie prima coltivata per cementificarla?

Perché non si dice che, se è vero che l’agricoltura concorre all’emissione di GES, è altrettanto vero che il prodotto di un campo coltivato ha sottratto all’atmosfera quantità di CO2 e di azoto (impedendo la trasformazione in NO2) pari a 3 o 4 ettari del tanto decantato “bosco” definito falsamente un “polmone”? Questa strategia è iniziata alla fine degli anni ’80 del secolo scorso e il risultato ottenuto è che vi hanno oberati di obblighi burocratici e riempiti di impedimenti operativi, ma, colmo dei colmi, è che il bilancio comunitario non vi destina più il 40% di quest’ultimo, ora ve ne destina solo il 25%! Insomma, cornuti e mazziati!

L’aspetto più negativo è che la funzione sociale dell’agricoltura, che da sempre è stata quella di produrre nutrimento per sfamare l’uomo, è stata totalmente misconosciuta; vi si dice che voi non producete più cibo, ma veleni!

Ormai per il cittadino è semplicemente ciò che è contenuto tutti i giorni sullo scaffale di un supermercato che lo sfama, indipendentemente da dove si coltiva.

Il prefisso “agro”, che sta nella parola “agroalimentare”, ha ormai poco a vedere con i campi; la nozione di agroalimentare è stata monopolizzata dalla trasformazione alimentare che però non ha più niente a che fare con l’agricoltore che produce la materia prima; infatti, si è abituato a trovare questa comunque sui mercati internazionali delle derrate alimentari.

Quando poi si lega un prodotto al territorio lo si fa per acquisire un plus valore, del quale all’agricoltore tocca poco o nulla. Chi si fa su le maniche è la distribuzione, la pubblicità e soprattutto la politica.

Volete sapere voi che guardate l’agricoltura con occhio supercritico cosa è stato escogitato per rendere grama la vita agli agricoltori? È stato escogitato un documento stilato nel 2023, e a valere per tutto il 2027, che consta di 2218 pagine di imposizioni burocratiche.

Vi è una normativa sui fertilizzanti che impone lacci e laccioli per impedire che l’agricoltore sperperi concimi azotati, ricordo che questi sono diventati tanto cari che bisognerebbe distribuirli a livello di un cucchiaino da caffè per metro quadrato e non di più. Sappiate anche che da quando si sono ottenuti i fertilizzanti azotati sintetici si è calcolato che quasi la metà dell’attuale popolazione è sopravvissuta grazie a questa scoperta. Uno su due di voi consumatori attuali non sareste neppure nati. I concimi l’agricoltore li paga e, tirchio com’è sempre stato, ha imparato anche a centellinarli. Infatti l’agricoltore professionale sa quanto produce, sa di conseguenza quanto la produzione ha asportato di nutrienti dal campo e quindi si limita a rifare la differenza, ma, di questi tempi, spesso agendo in difetto.

Chi mangia quei prodotti? Gli animali e l’uomo evidentemente, solo che le feci degli animali, con ciò che di nutrienti riciclabili vi è contenuto, sono raccolte e redistribuite sui campi mentre le feci dei consumatori inurbati, invece, finiscono nei fanghi di depurazione assieme a tanti altri rifiuti non più riciclabili nei campi e quindi l’asporto non è compensato. Guarda caso è questa una delle cause che può rendere non sostenibile le coltivazioni, non certo il lasciare i residui pagliosi nei campi.

  1. Perché devo tenere un libro di campagna per segnarvi i fitofarmaci che uso? Cosa si crede che valga la regola che se è sufficiente 1 mi premunisca spargendone 2? Ma sanno cosa costa comprare fitofarmaci? Gli agricoltori lo sanno bene come si combatte una malattia perché la sanno riconoscere e valutare, mica sono come i cittadini che puntano il dito, ma che ancora usano gli antibiotici per combattere i virus.
  2. Perché imporre a un agricoltore professionale cosa seminare? È quanto si vuole imponendo rotazioni cervellotiche dall’alto. Gli agricoltori le rotazioni le hanno sempre fatte per motivi: a) economici al fine di poter dividere i rischi di un mercato che non può comandare: semino grano, mais, orzo e soia perché se il mercato non tira sul mais, potrebbe tirare sulla soia e sul grano ecc; b) per motivi tecnici, non tanto per stabilizzare la produzione, una volta era così. Oggi invece lo faccio perché dato che devo diserbare ho più possibilità di liberarmi dalle malerbe usando principi diserbanti diversi su malerbe diverse. Le monocolture, quando si vedono a livello di tutta l’azienda, sono solo per un anno, nel senso che avendo bisogno di macchine operatrici che non ci si può permettere faccio in modo che chi le possiede entri nei miei campi poche volte all’anno e per superfici la cui estensione per lui è pagante e quindi può farmi lo sconto, l’anno dopo sullo stesso terreno semino un’altra specie vegetale, e l’anno dopo ancora una terza.
  3. Si impone la continua copertura del suolo per l’80%. Perché io devo seminare coltivazioni che non mi apportano nessun beneficio, ma solo spese aggiuntive, per tenere coperto il terreno, quando io lasciando sullo stesso, e al limite trinciandole e spargendole più uniformemente, la massa vegetale non raccolta (paglie) me lo copre completamente? È evidente che non devo lavorare il terreno per infossarle, se non vicino a una nuova semina o addirittura non lavorare del tutto.
  4. La non coltivazione di un 4% della superficie, su cui per giunta devo impiegare quattrini per impedire che le malerbe che vi crescerebbero mi disseminino e, quando lo vado a ricoltivare, divento matto a tener pulito il raccolto che spero di ottenere, è un’idea folle. Però i burocrati di Bruxelles fano credere ai cittadini tassati che così si aumenta la biodiversità e faccio riposare il terreno, che è un non senso perché esso contiene semi a dismisura che non aspettano che germinare. I terreni non riposano mai e la biodiversità non la si può ricercare in un campo coltivato, qui l’unica biodiversità che si deve cercare è quella delle specie coltivate. Le farfalle vanno cercate negli incolti che l’agricoltore ha abbandonato non certo nei campi coltivati.
  5. Tutto ciò impone la messa in atto di una burocrazia poliziesca, satelliti che controllano, droni che volano, personale che riorganizza i dati e agenti che multano. Non è neppure possibile che un agricoltore possa dire di rinunciare del tutto agli aiuti PAC e poter fare ciò che gli pare nella sua azienda perché cadrebbe sotto il controllo vessatorio della guardia di finanza.

In conclusione, voi agricoltori se intervistati dovete dire che ogni paese e ogni regione ha i suoi problemi specifici, ma esiste un filo conduttore di cui siete arcistufi e che è quello dell’inflazione degli standard, delle distorsioni della concorrenza, dell’eliminazione dei mezzi di produzione, del calo della produzione agricola, dell’applicazione della nuova PAC eminentemente di stampo ideologico e dell’aumento dei vari balzelli, nonché tutte le conseguenze che hanno sul vostro reddito. Il “dateci soldi” per campare non funziona più per due motivi: – non avete peso politico perché siete solo l’1-2% di forza votante; non vi è più riconosciuta la funzione sociale di “sfamatori” del prossimo, ormai purtroppo questa funzione sociale che avete perso la ritroverete solo se fate ritoccare con mano al consumatore cosa significa penuria di cibo per mancata produzione e alti prezzi. È l’unica vostra arma che vi rimane.

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