Biologico, solo i numeri contano, non le opinioni dettate dall’ideologia
Pervasi da questa parola, utilizzata in più contesti con tesi volte a sostenerne la validità, non ci si è soffermati a lungo su ciò che comporterebbe una produzione esclusivamente bio. Sia in termini di costi, sia in termini di resa: i dati pubblici non accennano alle produzioni ottenute, ma si conoscono solo le superfici che seguono questi standard. L’attività agricola deve guardare sempre più all’innovazione, senza, però, intraprendere una strada antieconomica
Ho letto su Olio Officina un recente articolo apologetico sull’agricoltura biologica.
Purtroppo ancora una volta si è travisata la realtà prefigurando che fossero i seminativi ad aumentare, tacendo invece che a crescere sono più le superfici improduttive, relegando a nicchia la produzione di cibo.
Cioè finché i contributi al biologico rimangono tanto lauti vi è solo qualcuno che tenta la coltivazione di derrate (e spesso non per l’alimentazione umana) e molti invece preferiscono far certificare terreni che non producono nulla e tesaurizzare così tutto l’ammontare dei contributi pubblici.
Purtroppo anche i nostri decisori politici sembrano essere stati irretiti dalla propaganda di una potente lobby avente fini solo ideologico-ambientalistici e che dimentica che esiste l’esigenza di non scendere sotto certi livelli in fatto di disponibilità alimentari prodotte sul territorio nazionale.
Ciò che è capitato con gli alti prezzi delle derrate alimentari nel 2008/10 e per la siccità in paesi grandi produttori nel 2021 non ci ha insegnato nulla.
Ci ha, però svegliati la guerra russo-ucraina.
Eppure il progetto Farm to Fork (che comprende la volontà di far coltivare biologicamente il 25% della Superficie Agricola Utile europea, di dimezzare l’uso dei prodotti di protezione e del 20% l’uso dei concimi ) avrà come risultato di diminuire ulteriormente la produzione agricola Ue del 12%. A ciò si aggiunga che il Parlamento italiano ha votato con maggioranza bulgara una legge che si prefigge di buttare denaro pubblico per sviluppare il settore del biologico o addirittura lo stregonesco biodinamico.
Ma è possibile che in nessun caso si sia partiti dai numeri prima di decidere? Purtroppo invece si sbandierano i dati delle superfici investite a biologico, tralasciando di mostrare anche le produzioni.
Fino ad ora purtroppo si sono usate solo frasi ad effetto come: “nove consumatori su dieci consumano cibo biologico” (certo quando si immettono nelle statistiche anche chi mangia biologico solo una volta all’anno forse si riesce a dare contenuti anche agli slogan); oppure “il biologico cresce del 10 o 20%” senza, però, precisare che sono le superfici incolte che crescono con queste percentuali.
Sarebbe stata buona cosa valutare prioritariamente cosa avrebbe comportato il 25% di biologico proposto dalla Commissione Ue, il calcolo sarebbe stato tra l’altro facile visto che prefigurazioni sull’estensione al 100% delle terre coltivate con metodo biologico erano già disponibili, ce le ha date la Germania.
In Italia, a dimostrazione che la divulgazione dei dati evidenzierebbe che il biologico è solo prosopopea, i dati produttivi non vengono pubblicati e quindi si conoscono solo le superfici bio e non le produzioni ottenute, il che permetterebbe di calcolare le produzioni unitarie per un opportuno raffronto.
Sembrano proprio figli di Putin in fatto di trasparenza!
Vediamo quindi qui di seguito d’analizzare i dati di fatto e non quelli della propaganda.
Prefigurazione (datata 2015) circa la trasformazione totale (100%) dell’agricoltura tedesca nel sistema di coltivazione biologica, abolendo quindi la coltivazione convenzionale
- Cereali: In agricoltura biologica, sono state prodotte in media 3,6 t/ha (contro le 7,3 t in convenzionale) di cereali sui 202.000 ettari seminati (in convenzionale la Germania coltiva 6.533.800 ha di cereali). Se la produzione unitaria del biologico suddetta viene estrapolata sulla superficie totale dei cereali, ciò si tradurrebbe in una produzione cerealicola di sole 23.611.886 t. Dato, poi, che attualmente la produzione cerealicola reale di tutte le aziende è di 47.757.000 t, verrebbero a mancare 24.145.114 t di cereali, vale a dire una diminuzione del 51%. Il consumo nazionale della Germania ammonta a 44 milioni di tonnellate, di conseguenza si dovrebbero importare circa 21 milioni di tonnellate.
- Patate: Nell’agricoltura biologica sono stati coltivati appena 8.100 ettari, rispetto ai 242.800 ettari totali coltivati a patate. La superficie totale a patate ne ha prodotto 9.670.000 t (39,8 t/ha), di queste 120.000 t sono state prodotte dagli 8100 ha di agricoltura biologica (14,8 t/ha). Se estrapoliamo la resa dell’agricoltura biologica sulla superficie totale, mancherebbero circa 6 milioni di t, vale a direun -l 63% di patate. Vi immaginate cosa capiterebbe se le patate fossero disponibili solo per 4 tedeschi su 10
- Colza e bietola da zucchero: Sono praticamente incoltivabili con il metodo biologico, le superfici interessate sono rispettivamente solo lo 0,0012% e lo 0,0063%.
- Frutta e verdura: La produzione di frutta in agricoltura biologica si fa su 8.485 ettari (come le patate). In biologico sono state prodotte in totale 98.000 tonnellate (11,5 t/ha); in convenzionale invece ne sono state prodotte 1.118.300 t su 52.689 ha (21,2 t/ha). Ora se le rese dell’agricoltura biologica fossero trasferite sulla superficie totale, la differenza sarebbe di 509.753 t, ossia un disponibilità di frutta inferiore del 46%.
- Carne bovina: La produzione biologica è stata di 38.400 t, significativamente molto inferiore a quella di tutte le altre aziende agricole convenzionali, la cui produzione ammonta a 1.117.600 t, ossia i consumatori di carne rossa hanno a disposizione solo il 3,44% di carne biologica. Il che significa anche che produrre carne biologica è più difficile.
- Latte: Nelle aziende agricole biologiche sono state prodotte 682.100 t di latte proveniente da 143.000 vacche, mentre le vacche allevate convenzionalmente sono ben 4.222.300, ossia le vacche da latte biologiche sono solo il 3,39%. La produzione per vacca di latte biologico è di 4770 kg/anno (contro i 7180 kg/anno di latte delle vacche allevate convenzionalmente). Se ancora una volta trasferiamo il dato a tutte le vacche (ben 4.222.300) questo si traduce in una differenza di 10.174.424 t di latte, diminuzione pari al -34%, cioè solo 3,5 tedeschi su 10 potrebbero bere latte nazionale.
- Uova: Nelle aziende agricole biologiche sono state allevate 3,8 milioni di galline ovaiole, rispetto ai 43,2 milioni di tutte le aziende agricole convenzionali. La deposizione annuale è di 272 uova/anno/ gallina, produzione vicina alle 293 uova/anno/gallina in allevamento convenzionale, quindi c’è solo una differenza di 838 milioni di uova/anno, ossia -7%.
- Verdura: La produzione vegetale di tutte le aziende agricole nel 2013 è stata di 3.418.211 tonnellate, di cui 271.800 tonnellate provenienti da aziende agricole biologiche. Poiché le rese biologiche sono solo marginalmente inferiori a quelle di tutte le altre aziende agricole, la differenza è di sole 557.318 t, ovvero -16%.
Nota finale: I primi due grafici riportati sotto mostrano rispettivamente: i redditi/ha se si coltiva in convenzionale o in biologico e le produzioni medie dei cereali che si realizzano in convenzionale (70 q/ha) ed in biologico (34 q/ha); il terzo mostra l’incidenza in % degli aiuti finanziari Pac sulla formazione del reddito, per il convenzionale essi incidono per un 40%, mentre per il biologico incidono per il 70%; il quarto invece mostra che assommando aiuti, sussidi e maggiori prezzi di vendita del biologico questo azzera l’handicap del minor reddito per la minor produzione.
Dunque seppure in convenzionale vi siano più costi il risultato operativo dello stesso è maggiore e ciò è dato dalla maggiore produzione.
Ci si può chiedere allora, ma perché si coltiva biologico?
La cosa è spiegata dal terzo e quarto grafico che ci dicono che sovvenzioni e prezzi più alti ricavati dalla vendita del biologico praticamente riportano alla pari i redditi dei due modi di coltivazione.
Adesso però dobbiamo valutare cosa rappresenterebbe per la collettività tutta andare al 100% (od anche solo al 25%) di coltivazioni biologiche: primo, la collettività deve essere pronta a finanziare maggiormente il bilancio agricolo dell’Ue (maggiori sussidi dati agli agricoltori); secondo, pagare il cibo più caro perché la materia prima agricola si deve vendere più cara; terzo, trovarsi in una grave situazione di minor sicurezza alimentare.
La risposta che danno i fautori del biologico è che si migliorerebbe l’ambiente e si avrebbe cibo più sano e di qualità, solo che in fatto di qualità e sanità non esiste nessuna prova che il cibo biologico sia superiore (lo è nelle parole della propaganda per convincere il consumatore a pagare più caro il cibo), mentre in fatto di ambiente è esattamente l’inverso in quanto ciò che verrebbe a mancare come cibo per le minori produzioni che si realizzano lo dovremmo far produrre all’estero ed importarlo, solo che se non è prodotto biologicamente il vantaggio ambientale si annulla.
Vi è da aggiungere inoltre che farlo produrre all’estero spesso comporta messa in coltura di nuove terre e quindi disboscamenti ed anche qui l’ambiente si va a far benedire.
Altre considerazioni e conseguenze
- Se la Germania effettivamente dovesse importare circa 20 milioni di t di cereali, significherebbe prima di tutto una grande sfida logistica (si tratta di 830.000 carichi di camion all’anno). Se poi fosse la Francia a darli, si priverebbero di cereali paesi strutturalmente deficitari e da sempre riforniti dalla Francia come Egitto, Algeria e Tunisia e le conseguenze socio-politiche le abbiamo già viste con le primavere arabe.
- Anche in Germania la percentuale dei seminativi biologici ci conferma trattarsi di una nicchia. Infatti vi sono 455.000 ha di seminativi biologici e 11.875.900 ha di convenzionale, ossia un misero 3,83% di biologico. Sempre i dati della Germania ci confermano che si preferisce trasformare in biologico dei prati (565.000 ha su 4.621.000 ha di convenzionale, ossia 12,23%). Si fa ciò in quanto nei seminativi l’alea di mancato raccolto del biologico è molto maggiore. Tra l’altro qualificare un prato biologico non ha nessun senso perché la coltivazione è identica a quella convenzionale. L’unico senso è quello di lucrare contributi pubblici senza avere i rischi della produzione e quindi non dare nessun beneficio al consumatore.
- Ma la cosa più grave è che i contributi maggiori non generano pressoché nessun vantaggio ai consumatori contribuenti in quanto da questi prati pascoli praticamente non si ricava né latte e neppure carne. Per rendersene conto è sufficiente riguardare i dati elencati sopra e paragonarli alla superficie praticola, se un prato definito biologico non alimenta dei ruminanti biologici non so cosa ci stia a fare. Altra questione: con così pochi animali allevati in biologico e per di più pascolanti, da dove proviene la tanto decantata concimazione letamica per i seminativi? La risposta è che in gran parte proviene da allevamenti convenzionali i cui animali sono stati alimentati con mangimi frutto di concimazioni di sintesi e protezione con fitofarmaci. Cioè proprio ciò che la propaganda del bio dice di non usare perché così si otterrebbe un cibo più salutare. Insomma qui siamo alla frode legalizzata perché un atomo di azoto, potassio o fosforo, proveniente da un concime sintetico non è che diventi adatto alla concimazione biologica perché è passato attraverso lo stomaco/intestino di un animale. Il dirlo ed il farlo è solo farsesco.
- Altro raffronto che conferma quanto detto al punto 4 è che su un po’ più di 1 milione di ettari di superficie biologica i prati rappresentano il 57%, mentre i prati convenzionali sono solo il 28% di tutta la superficie coltivata convenzionalmente in Germania.
Concludendo: la Germania purtroppo non è un’eccezione, ma rispecchia esattamente ciò che capita in Francia, in Italia, in Austria (qui il fenomeno dei prati biologici è ancora più eclatante) ed in tutto il resto dell’Europa.
Nel mondo è la stessa identica cosa. Insomma il biologico oltre a restare sempre una nicchia, non contribuisce per nulla ad una agricoltura più sostenibile, anzi per ripianare i deficit prima evidenziati occorrerebbe mettere in coltura molta più terra di quella attuale.
Insomma visti i risultati delle estrapolazioni prefigurate sarebbe stato facile per la Commissione Ue immaginare, prima di programmare il 25% di superficie europea a biologico entro il 2030, cosa sarebbe capitato alla sicurezza alimentare europea.
Chi ha fatto i calcoli, cioè gli Usa e un organismo di ricerca dell’Eu, ha concluso che il piano ridurrebbe la produzione agricola europea del 7-12%.
Se poi l’Ue adottasse il piano, i prezzi alimentari mondiali aumenterebbero del 9%.
Inoltre se il piano del 25% venisse adottato a livello planetario, la produzione diminuirebbe dell’11% e i prezzi salirebbero alle stelle, cioè dell’89%.
Il 100% di biologico non solo è stato “immaginato” in Germania, ma è stato realmente applicato in Sri Lanka.
Vogliamo vedere com’è andata? La produzione nazionale di riso è diminuita del 20%.
Lo Sri Lanka, da tempo autosufficiente nella produzione di riso, è stato costretto a importare riso per un valore di 450 milioni di $.
Il the era la coltivazione che permetteva allo Stato di rifornirsi di valuta pregiata, solo che imponendo la coltivazione biologica vi sono stati minori introiti per 425.000 di $.
In definitiva le autorità srilankesi sono state costrette a fare marcia indietro ed hanno autorizzato l’importazione di concimi di sintesi e fitofarmaci prima proibiti.
Come sta rispondendo il mercato alla proposta di aumentare la disponibilità di cibo biologico?
- In Francia nel 2021 il colosso caseario Lactalis è stato obbligato a vendere “più del 30% della raccolta del latte biologico (…) al prezzo del latte convenzionale”. Cioè appena si aumenta di un po’ l’offerta questa non è controbilanciata dall’aumento della domanda perché non esistono nuovi clienti disposti a comprare latte biologico a prezzi maggiorati. Di conseguenza nel 2022 Lactalis ha deciso di non contrattualizzare più nuovi progetti di riconversione di stalle da latte in biologiche. Inoltre la sua rivale Sodiaal ha semplicemente ridotto la raccolta obbligando i conferenti a vendere il loro latte biologico ai prezzi del convenzionale, che sono più bassi. Ora è doveroso dire che il latte biologico è uno dei prodotti che inizialmente ha più attirato consumatori, ma ora anche un limitato aumento di offerta ha destabilizzato il mercato.
- Un altro prodotto come le uova aveva inizialmente incontrato una certa domanda e aveva indotto alla riconversione parecchi pollai, attirati dal maggior prezzo di vendita. Il mercato si è, però, subito saturato: si stima che in Francia ci sia un’eccedenza di 1,15 milioni di galline biologiche, ovvero un’eccedenza di un 14% del totale di galline biologiche. Ancora una volta i consumatori se anche sono attratti dal prodotto bio, presto vi rinunciano di fronte a prezzi troppo elevati; ma quando il bio spunta gli stessi prezzi del convenzionale ecco che gli agricoltori rinunciano alla produzione.
- L’ortofrutta fresca biologica francese, secondo i dati comunicati da Interfel, mostra un vero e proprio calo, con volumi in diminuzione dell’11% in un anno. L’anno scorso una cooperativa di orticultori bretoni riusciva a vendere la valeriana bio a 6,60 €/kg, all’inizio di quest’anno non ha realizzato più di 4,80 € e ora si deve accontentare di 3,80 €.
- il caso della carne suina è particolarmente traumatico: è bastato solo un 1% di popolazione suina biologica per saturare il mercato.
Insomma, come il trend dell’offerta di biologico, determinata esclusivamente dalla ricerca degli agricoltori di trovare una soluzione ai loro già scarsi redditi, è evoluto verso l’aumento, la domanda non ha corrisposto ed ha sbugiardato la propaganda.
Infatti il settore dopo 20-25 anni ha confermato la sua natura di nicchia ed i i numeri della Germania lo testificano: la quota di mercato dei cereali biologici sulla produzione totale di cereali è inferiore al 3%, quella del latte di poco inferiore al 4%, la carne di maiale addirittura inferiore a 1 % e quella della carne bovina si aggira intorno al 5%.
La quota di mercato del biologico è solo in doppia cifra per uova, frutta e verdura.
Qual è il sunto di tutto ciò? È che la strada da perseguire non è certo trasformare l’attività primaria agricola in antieconomica per poi renderla economica aumentando le sovvenzioni (nessuna ricerca scientifica futura può farla diventare economica, è solo fumo negli occhi), ma quella di far diventare l’attività agricola attuale sempre più professionale e innovativa, sperimentando tutte le proposte che la ricerca e la scienza ci mette a disposizione per renderla sempre più ambientalmente sostenibile.
In apertura, foto di Olio Officina©
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