Il crollo produttivo spagnolo e l’emorragia dei consumi d’olio
Per riportare la situazione di mercato a una maggiore tranquillità, con prezzi più moderati, occorrono un paio di campagne con sufficiente produzione a livello mediterraneo, in modo da ricostituire un quantitativo di scorte per gestire coperture più elastiche. Nella penisola iberica, sia Spagna che Portogallo hanno impiantato migliaia e migliaia di ettari di uliveti, aumentando il potenziale produttivo, ma di fatto gli sconvolgimenti climatici stanno frustrando al momento i loro piani. Non basta aumentare la possibilità di produrre, occorre ripensare le modalità delle attività antropiche
Il 13 febbraio sono stati comunicati i rituali dati mensili (provvisori) che monitorano il mercato degli oli di oliva in Spagna.
Al 31 di gennaio la produzione registrata (nel mese) è stata di 179 mila tonnellate circa, con un progressivo dall’inizio della raccolta di 614 mila tonnellate circa.
Utilizzando delle proiezioni, basandoci sui dati delle campagne precedenti che si approssimano a quella attuale, avremo un totale oscillante fra 680 e 720.000 tonnellate. A meno che nei mesi di febbraio marzo vi sia un colpo di coda con un aumento incredibile delle attività dei frantoi.
Una raccolta quindi che sta disattendendo, man mano che si avvicina alla sua conclusione, anche le peggiori previsioni. Ricordiamo che le ultime stime ufficiali delle autorità ministeriali spagnole ammontavano a circa 760.000 tonnellate. Ed erano state accolte con scetticismo, specie da parte del mondo industriale che vaticinava quantitativi maggiori. Occorre dire che il mercato ha ormai assorbito, nelle sue dinamiche di prezzo, la drastica riduzione di disponibilità di oli nel mercato europeo, tant’è che i listini sono aumentati considerevolmente: ottobre 2020 lampante base 1 euro 2 per chilo; ottobre 2021 euro 2,9; ottobre 2022 euro 4,25; febbraio 2023 euro 4,60 (dopo aver toccato anche i 5 euro come punta massima tra dicembre e gennaio).
Quello che più preoccupa, oltre alla lenta ma continua emorragia dei consumi, è la concreta possibilità che una ulteriore annata siccitosa accompagni le varie fasi della fenologia delle piante per la prossima campagna.
Nella penisola iberica, sia Spagna che Portogallo, hanno impiantato migliaia e migliaia di ettari di uliveti, aumentando il potenziale produttivo considerevolmente. Il tutto beneficiando di metodologie e tecnologie agrarie all’avanguardia. Ma gli sconvolgimenti climatici stanno, al momento, frustrando i piani di questi due paesi (come del resto le economie agricole di gran parte del pianeta), perché le piogge sono il fattore essenziale di raccolti generosi. E le precipitazioni sono sempre più inconsuete.
Il traguardo di 18.000.000 quintali in Spagna, sfiorato per due volte nel corso dell’ultimo decennio, adesso si fa lontano e più frequente è la possibilità che si navighi tra 13 e 15 milioni di quintali (a meno che non si raggiungano picchi negativi come quello di quest’anno).
Assieme alla deficienza quantitativa occorre constatare un insoddisfacente livello medio di qualità, quest’ultima fortemente influenzata dall’annata siccitosa e dagli agenti infestanti. E per questo ci riferiamo a gran parte delle aree produttive mondiali.
Per riportare la situazione di mercato a una maggiore tranquillità, con prezzi più moderati che possano facilitare l’incremento dei consumi (o per lo meno il mantenimento degli stessi, considerata la pessima situazione economica mondiale), occorrono un paio di campagne con una sufficiente produzione a livello mediterraneo, atte a ricostituire un quantitativo di scorte che permettano una gestione delle coperture più elastica, senza i continui saliscendi dei mercuriali provocati dalla ridotta disponibilità delle offerte: ogni ondata di acquisti provoca sussulti in aumento, ogni piccola stasi nelle richieste determina riduzioni sensibili.
Ovviamente nessuno auspica di ritornare ai livelli dell’ottobre 2020, perché comunque i costi generali per posizionare gli oli sullo scaffale dei supermercati sono aumentati e anche perché occorre giustamente remunerare tutti i segmenti della filiera, in particolare il settore primario.
Tutte le produzioni del bacino mediterraneo, se non del mondo, stanno soffrendo la irregolare distribuzione delle precipitazioni piovose. Ciò condiziona grandemente le filiere agricole e il benessere delle popolazioni coinvolte nella produzione dei beni ad esse collegate.
Non basta aumentare la possibilità di produrre, ma occorre ripensare le modalità delle attività antropiche.
In apertura, foto di Olio Officina
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